1. L'ARTE COME PRATICA REALE DALLE AVANGUARDIE STORICHE AGLI ANNI OTTANTA
Cercare di teorizzare determinate forme artistiche al fine di collocarle in un particolare contesto concettuale e culturale appare quasi un tradimento, soprattutto se l'oggetto del nostro discorso è un tipo di arte che per definizione risulta aperta, processuale e dinamica, che rifugge l'iconicità e l'oggettualità, finalizzata principalmente a far vivere esperienze e a realizzare pratiche comportamentali e che rende impraticabile qualsiasi sua collocazione negli interstizi della tradizione artistica e nel cosiddetto sistema dell'arte.
Comunque quasi mai i fenomeni artistici si presentano come dei laghi immobili in cui l'acqua si autogenera, ma sono più facilmente paragonabili allo scorrere di un fiume il cui flusso incontra continuamente luoghi e situazioni diverse e si dipana in svariati rivoli, ma che nel suo percorso trascina con sè i detriti raccolti nei luoghi del passato, sedimentazioni che vengono fermamente trasportate dalla corrente del divenire.
Si può dire che sicuramente una delle sorgenti del fiume dell’arte digitale interattiva è rappresentata dalle avanguardie storiche del primo Novecento, che hanno operato una graffiante rottura con la tradizione artistica dell'epoca, contribuendo a ridefinire la figura dell'artista, del fruitore e dell'opera d'arte stessa. Nel Dadaismo, Cubismo, Futurismo e Surrealismo, sono presenti quei germi che avrebbero successivamente trovato terreno fertile nelle avanguardie degli anni '60/'70, le quali a loro volta fanno ancora sentire i loro echi attualmente.
Bisogna comunque andare molto cauti con i parallelismi, dato che si rischia di etichettare irrimediabilmente un certo modo di fare arte in strutture rigide che poco hanno a che vedere con la realtà.
Naturalmente c'è un filo rosso che collega le sperimentazioni artistiche qui considerate fra loro e con determinate correnti espressive del passato, ma l'attività degli artisti qui trattati è realmente multimediale e spazia in settori che vanno dal video al teatro, dalla computer grafica alla Rete, dalla pittura al digitale, dall'intelligenza artificiale alla realtà virtuale.
Gli artisti stessi non si riconoscono tutti all'unanimità in un unico fare arte, che in questo caso è stato etichettato con la dicitura arte digitale interattiva (in realtà già il termine artisti può creare delle perplessità fra loro). Questo al di là della naturale avversione che ogni individuo può avere nel sentire etichettato una modalità di creazione che tende ad essere sperimentale e libera, fa capire che attualmente anche l'arte non è più incasellabile in forme rigide, in un panorama culturale che tende alla compenetrazione e all'ibridazione di vari generi espressivi e che è permeato da un dilagante relativismo e dalla morte di rigide certezze oggettivanti. La stessa arte non è più facilmente definibile (sto chiaramente parlando relativamente all'ambiente artistico da me considerato e non agli ambiti più tradizionali, legati ancora ai canoni del passato), dato che in un progressivo avvicendarsi di sperimentazioni su se stessa, di metasperimentazioni, tende a rendersi un concetto sempre più flessibile e fluttuante, definibile attraverso i parametri e le attitudini personali o semplicemente da assimilare alla vita stessa ed alle pratiche sociali concrete.
1.2 Dall’arte oggettuale all’arte come pratica di vita e gestualità performativa
L’inizio di questo percorso può essere pensato proprio nel periodo dell'affermazione delle avanguardie storiche, epoca in cui, conseguentemente all'affermarsi della folla come soggetto sociale (concretamente visibile nelle prime Esposizioni Universali di metà '800), ci si avvia verso il costituirsi di una società di massa, che si autoesprime attraverso la mercificazione degli oggetti del quotidiano, che diventano dei simulacri in cui rispecchiarsi e fondersi, magari fino a perdervisi come Narciso.
"In una dimensione apparentemente estranea ad ogni manipolazione sociale e tecnologica, le avanguardie storiche esasperavano la creatività individuale affidandosi alla sensibilità del consumatore piuttosto che a quella del produttore. Producono artigianalmente testi che rapiscono in sè luoghi e linguaggi appartenenti ad altri contesti spaziali e temporali, all'ormai sofisticato macchinario dell'immaginario collettivo."
Nei collage cubisti e dadaisti entrano a far parte del mondo dell'arte frammenti di vita quotidiana, come biglietti del treno, articoli di giornale, ritagli fotografici, oggetti comuni come bottiglie, cappelli, ruote di bicicletta, ferri da stiro. Famosa è l'opera di Duchamp del 1917 dal titolo Fontana, in cui viene ad essere connotato come artistico un orinatoio, semplicemente attraverso il "gesto" dell'artista che lo legittima come tale. La pratica del ready-made vuole infatti esemplificare l'aperta polemica con il formalismo puro dell'opera d'arte, provocando uno shock nel fruitore decontestualizzando l'oggetto stesso e attribuendogli significati polivalenti. Può essere così segnato l'inizio di quelle pratiche artistiche che fanno del "gesto" un’opera d'arte, scardinando completamente il concetto di opera d’arte stessa.
L'opera può essere anche un comunissimo oggetto della vita quotidiana, che diventa tale semplicemente in seguito alla decisione dell'artista.
La pratica del ready-made sarà poi portata avanti dal New Dada sul finire degli anni '50, in cui per esempio Rauschenberg assocerà ai frammenti del quotidiano la pittura gestuale dell'action painting, nata negli anni '40 a New York e sensibile ai modi di scrittura automatica surrealista. Anche l'action painting vede come predominante la gestualità dell'artista, che interagisce direttamente con la tela versandovi e schizzandovi il colore, dando sfogo alle proprie pulsioni interiori. Basta pensare alla pittura di J. Pollock, che può essere considerata una vera e propria pratica artistica e comportamentale.
Negli anni '50 il New Dada in America e il Noveau Realisme in Europa traducono questa gestualità eliminandovi le pulsioni istintuali e gli interventi pittorici di derivazione informale dando vita a composizioni di oggetti del quotidiano, ricordando i collages delle avanguardie storiche e inserendo nelle opere anche oggetti di scarto, come testimonia la serie dei Poubelles di F. Arman, ricordando l'opera del dadaista K. Schwitters, che componeva assemblages con materiale consumato e degradato.
La stessa intrusione del quotidiano la si trova nella Pop Art degli anni '60, in cui assume valenza artistica la standardizzazione della produzione industriale della società che nella sua enfatizzazione assume connotati ironici. La dissacrante volontà di provocare shock e di operare una lacerante rottura con l'idea auratica di Arte la si trova in Piero Manzoni, che lavora negli anni '60 sulla scia dell'onda pop: nel 1961 produce un'opera composta da una serie numerata di barattoli contenenti "merda d'artista".
E lo stesso filo rosso può unire le performance e gli happening, le opere-evento che a partire dalla fine degli anni '50, e affermandosi soprattutto nel decennio successivo, determinano una sempre maggiore stretta fra arte e vita e fra pratiche artistiche ed esperienze concrete. L'opera d'arte si smaterializza fino a diventare evento, seguendo il percorso iniziato da Balla e Depero con il Teatro d'oggetti futurista e con le serate spettacolo Dada. Con gli happening, il cui teorizzatore è Allan Kaprow, prende piede una forma di arte che si fa pura pratica comportamentale, eliminando la componente oggettuale che ancora rendeva in un certo qualmodo l'arte mercificabile. Negli happening l'arte si fa azione e lo spettatore viene invitato a squarciare il velo auratico opaco che lo separava dal prodotto artistico e che rendeva l'opera d'arte un unicum distante e coperto da una patina sacrale.
In queste pratiche artistiche, l'opera d'arte non è avvolta dall'involucro della prevedibilità e non è più protetta dalla velatura rassicurante della tradizione: l'arte si fa scoperta, esperienza, pratica comportamentale, interazione. Nulla è più prevedibile e lo shock è all'estremo. Nelle azioni di Kaprow i collaboratori erano precedentemente istruiti tramite una sorta di canovaccio, ma pur conoscendo il punto di partenza, l'opera risultante dall'azione combinata di artisti e spettatori non era più prevedibile. Inoltre con la pratica degli happening comincia una forma di arte ibridata, che unisce espressioni teatrali, musicali, letterarie, pittoriche, scultoree. Agiscono nel medesimo ambito artistico la compagnia di ballo di M. Cunningham e il musicista John Cage, membro di Fluxus.
Il gruppo internazionale Fluxus, di cui lo stesso Marcel Duchamp può essere considerato uno dei fondatori, raccoglie presenze artistiche di varia formazione, come George Brecht, Yoko Ono, Ben Vautier, Joseph Beyus, operanti nell'area concettuale, Daniel Spoerri, importante figura del Nouveau Realisme, i musicisti Giuseppe Chiari e John Cage, Nam June Paik e Wolf Vostell, a cui si devono fondamentali contributi nel campo videoartistico.
Ken Friedman scrive a proposito di Fluxus: "Fluxus cerca di eliminare le barriere tra il creatore e chi ascolta, tra l'artista e chi osserva, tra il cantante e il pubblico. Lo scopo è elusivo. La struttura della presentazione, il modo in cui si fanno le cose al festival, creano una tensione fra l'ideale e la pratica. Lungo il corso degli anni ho tentato vari modi di eliminare le barriere, di dichiarare che non ci sono barriere, che non ce n'è bisogno. Il modo è quello di creare qualcosa mantenendo un dialogo con coloro che verranno a vederlo. Fluxus è azione, dialogo, una filosofia staccata dalla parete e gettata nel reale. Il realizzare progetti ed impegnarsi in una discussione con chiunque voglia parlarne, rappresenta una realizzazione di Fluxus più efficace che non un segmento staccato dal tempo o un libro che sembra riassumere Fluxus al prezzo di troppe omissioni."
Il corpo agito e messo in scena diventa sempre più il protagonista delle performance artistiche degli anni '60 e '70 attraverso le azioni masochistiche della Body Art, che vede enfatizzato all'estremo il tentativo di rendere sempre più labili i confini fra arte e vita, operando una radicale e incisiva destrutturazione non solo nel concetto di opera d'arte, ma anche rispetto al corpo dell'artista stesso e al corpo in generale, che diventa luogo di sperimentazioni estreme e anche motivo di riflessione critica sullo status quo e sull'accettazione sociale.
"Il tentativo che il bodista fa nella sua rappresentazione del corpo è complesso poichè attraversa varie manifestazioni dell'essere della società. Se l'autorappresentazione è un modo di mettersi in gioco direttamente e quindi di scardinare tutte le forze pulsionali dell'io, allo stesso tempo la dematerializzazione così prodotta vanifica e schernisce un sistema artistico che vive sulla riproduzione di oggetti, ossia di merce. La performance come evento artistico mira a produrre sensibilità, umori, inquietudini e non oggetti. La performance rappresenta l'affermazione del soggetto e la vanificazione dell'oggetto. Non è più infatti la moltiplicazione dei beni oggettuali ciò che interessa il performer, bensì la sua soggettività, il suo essere nel mondo."
Attraverso le pratiche performative quindi l'arte rinnova se stessa e si fa portatrice di nuovi valori sociali e culturali, presentando una valenza critica attuata attraverso l'azione corporea. Non separare più arte e vita riporta anche all'idea di non separare più artista e spettatore, anche se pur avendo la body art operato uno squarcio violento nelle pieghe della tradizione e del legittimato, esasperando la finalità di shock culturale presente già nelle avanguardie storiche, risulta in un certo qual modo ancora legata all'idea tradizionale di "artista", come figura umana che comunque si connota di un senso che lo allontana dall'uomo qualunque (lo stesso discorso vale a mio parere anche per le performance, che presentano caratteri bodisti, della Orlan e di Stelarc, comunque fondamentali per una reinvenzione del fare arte).
Invece, sempre negli anni '70, possono essere annoverate altre forme di pratiche artistiche che rendono totalmente verificabile l'equazione arte=vita, come per esempio il fenomeno dei graffiti che nasce a New York. Con la pratica del graffitismo si realizza un' ibridazione fra modalità comunicative e realtà metropolitana: le scritte lasciate sui muri della città, della metropolitana, sui vagoni ferroviari, contribuiscono a creare microrealtà suburbane che sono non-luoghi fluttuanti che vivono associati all'esistenza effimera delle architetture metropolitane o dei veicoli della società di massa. Lasciano un'impronta nel camminare distratto degli individui che vivono la loro vita quotidiana attraverso le strade, i treni, i muri della propria città. Sono l'esemplificazione della creatività e dell'identità libera che viaggia.
"L'identità dello scrittore dei graffiti non si fonda sul suo vero nome, ma sullo pseudonimo che ognuno si crea e sviluppa per concentrarvi le qualità di base del suo comportamento e del suo stile di vita. Tale pseudonimo riesce a rappresentare l'identità attraverso un segno che gli rende più facile trovare contatti con altri che la pensano o si sentono simili a lui. Scrivere una tag sul treno significa lanciare la propria identità in giro per la città con la consapevolezza che gli altri ti risponderanno mostrandoti solidarietà o differenza."
E' una forma di arte che va al di là del concetto di arte stessa: i writers non scrivono sui muri per essere artisti e non sono collocabili in alcun mercato, nè le loro opere sono mercificabili. Il fenomeno delle gallerie è in origine estraneo all’attività dei writers, che agiscono nei non-luoghi delle loro città all’interno di un circuito di relazioni collettive e secondo uno stile di vita oppositivo che non ha nulla a che vedere con il tradizionale Sistema dell’Arte. Le loro scritte hanno un significato che si fonde con la loro vita quotidiana e sono un veicolo per instaurare aggregazioni sociali spontanee e reti di rapporti fra individui appartenenti alla stessa tribù.
Con una sorta di cut-up tutti questi frammenti di pratiche artistiche vanno associati per formare l'immagine dell'arte digitale interattiva, che può prendere vita a poco a poco come un puzzle, composto assemblando diversi tasselli che sono legati fra loro da qualche elemento grazie al quale possono essere incastrati l'un l'altro.
A questo punto penso che sia doveroso aggiungere un altro frammento, che ha avuto origine sempre negli anni '70 (più precisamente alla fine degli anni '70), questa volta in Inghilterra: il movimento punk. Nielsen Gavyna, ne tratteggia i connotati principali: "Una ribellione giovanile perfettamente consona ai tempi e alle mutazioni sociali del tempo, fatta di insofferenza e rifiuto ma anche dell'urgenza di libertà e di dare un senso comunicativo alla propria vita. L'industria della cultura si impossessa immediatamente degli aspetti più esteriori e superficiali del punk: anzitutto l'immagine degli abiti aggressivi e laceri, le capigliature devastate e colorate vengono reinterpretati e disinnescati da una serie di parrucchieri ‘creativi’, che li destinano ad una diffusione di massa naturalmente scevra dai significati originali; e poi la musica trattata con una superficialità davvero irritante che punta tutto sull'aggressività e il nichilismo addomesticato dal gruppo più in vista lasciando perdere le motivazioni reali di quelle sonorità ed i nuovi modi di gestione e produzione della musica. Ma certe operazioni non riescono ad intaccare la vitalità e le urgenze del movimento, che proprio al di fuori dell'industria della cultura genera una serie di eventi-collegamenti-utopie. Molte persone coinvolte nel movimento punk venivano da scuole d'arte; la subcultura punk è perfettamente conscia di avere radici nelle avventure Dada e Letterista, nell'Internazionale Situazionista e naturalmente nell'utopia Fluxus."
Nel libro Opposizioni '80, edito nel 1991, Tommaso Tozzi, attraverso la paziente raccolta di scritti e testimonianze provenienti da membri dell'area controculturale dello scorso decennio, unisce fra loro attraverso il filo dell'opposizione nei confronti di un ordine sociale e culturale congelato, pratiche di vita che spaziano dall'ambito punk al mondo dei graffitari, dalla musica industriale al reggae e all'hip hop, dall'universo hacker a quello della mail art, fino ad arrivare alle "derive" cyberpunk e all'arte subliminale. Il punto di partenza e' l'opposizione all'idea che gli anni '80 siano da considerare come nichilisti e indifferenti ad ogni tipo di pratica reale contro lo status quo. Il filo rosso che lega queste azioni rimane l'idea di utilizzare i media comunicativi in maniera alternativa e autogestita (attraverso riviste autoprodotte, etichette indipendenti, programmi radiofonici), facendoli promotori di azioni positive nel sociale, con lo scopo di creare reti di relazioni e comunità reticolari che siano realmente origine di una nuova forma di arte. Un'arte che si fa connessione fra individui e che si smaterializzi nella sua oggettività mercificabile fino a diventare azione processuale e un elemento di contestazione verso l'arte legittimata dalla tradizione. Un’arte quindi che contesta l’Arte e si fa portatrice di ideali alternativi e controculturali.
A tale proposito Tommaso Tozzi scrive in Opposizioni '80: "E' dalla combinazione indistinta di cultura e vita che vengono formulati concetti teorici come quello del ‘silenzio’ di J.Cage. L'idea di ‘ascoltare’ ciò che ci circonda evitando dunque l'atto verticale della produzione del reale, l'idea di aprirsi al mondo senza chiudersi in sistemi precostituiti di rappresentazione, l'idea di lasciare che il mondo si autopresenti, sono concetti base che, ognuno cogliendo un aspetto specifico del problema, si possono trovare non solo nelle opere di M. Duchamp, del movimento Dada, di K.Malevic, di A. Reinhardt, del gruppo Fluxus, della Body Art, del Concettuale politico, o negli scritti situazionisti di Debord e Vaneigem, ma anche in infiniti altri esempi piu' laterali del sistema storico dell'arte ufficiale. Così come si possono trovare nei luoghi della politica e della ribellione, nei luoghi della vita di ogni giorno [...]."
Tutti questi elementi sono confluiti come tante pennellate nell'affresco dell'arte digitale interattiva o meglio in quella tribù di arte digitale (e non solo) che io vado analizzando e che vede attivi artisti come il gruppo Strano Network (di cui ho considerato il sysop T.Tozzi insieme a F.Bucalossi e C.Parrini), il gruppo Pigreca (F.Alman e S.Reiff), Massimo Contrasto (M.Cittadini), il gruppo Gmm (A.Glessi e A.Zingoni), GiacomoVerde.