4. PRATICHE REALI COPERFORMATIVE NELLA RETE: PER UN CONCETTO DI ORIZZONTALITA’ E COEVOLUZIONE DELL’ARTE
Questa sezione vuole focalizzare l’attenzione sull’utilizzo artistico della Rete finalizzato a portare avanti pratiche reali collettive ed orizzontali, dilatando il concetto di arte a tutte quelle forme creative che uniscono in relazione processuale diverse entità individuali, al fine di creare un organismo impermanente originato dall’azione spontanea delle menti e dei corpi implicati nella sua costruzione.
In questo senso l’opera d’arte non è vista più come un oggetto, un unicum da appendere alle pareti o da esporre nelle sale di un museo, ma si fa un sistema di relazioni collettive in continuo divenire, un flusso in co-evoluzione che trae origine dalle azioni concrete degli individui, dai loro impulsi vitali. Di conseguenza si va oltre il concetto di opera d’arte statica e da archiviare, dando spazio alle modalità di costruzione di eventi collettivi autogestiti e orizzontali, che siano considerabili come processi comunicativi aperti. Lo scopo per cui agire artisticamente, in quest’ottica, diventa la costruzione di contesti di interazione orizzontale, che possano mettere in moto flussi relazionali e auto-organizzantesi spontaneamente. L’arte diventa lo stendere le fondamenta di un palazzo, che verrà costruito autonomamente grazie al libero arbitrio degli individui, che potranno posizionare i diversi mattoni a seconda delle loro inclinazioni personali, operando comunque, durante questo processo, relazioni di scambio e contaminazione con altre entità individuali. Lo scopo è dare vita a un nuovo organismo in cui le identità diverse si misceleranno senza fondersi e che sarà formato dalla somma delle varie parti ma non dalla loro sintesi.
E come la vita delle persone non è mai uguale a se stessa e attimo dopo attimo scorre nel flusso del divenire, così l’arte coevolutiva e coperformativa diviene un evento costantemente in corso, in cui confluisce la vita e non la morte.
Gli oggetti sono morti, non le pratiche individuali e collettive.
L’attività artistica di Giacomo Verde, come ho accennato in precedenza, dà molto spazio all’idea di agire direttamente sul reale favorendo lo svilupparsi di relazioni collettive a partire dalla messa in scena di contesti interattivi. In questo senso un medium come Internet offre una grande possibilità di stimolare il contatto fra gli individui facilitando inoltre una riflessione critica sul concetto stesso di opera d’arte. L’arte diviene un processo, un’apertura, che il fruitore può gestire direttamente a partire dalla sua gestualità e dalla sua azione su di essa.
L’arte inoltre da un concetto assoluto si fa un concetto personale, come le stanze di un museo possono diventare la propria abitazione quotidiana e viceversa, dando vita ad una continua relazione fra mondo e persona, fra esterno e interno, attraverso cui il computer diventa la soglia per accedere al mondo come per costruire la propria dimora (ricordando il discorso precedente sulla home-page). Il computer può essere un secondo vestito, un accessorio quotidiano e allo stesso tempo lo strumento per collegarsi con altre entità individuali, creando relazioni reticolari che diventano esse stesse opera d’arte. Ma anche lo stesso fruitore può diventare opera d’arte, attraverso la sua performance corporea, dando vita con la sua azione ad altre performance collettive. E’ quello che accade nell’opera di Giacomo Verde REPERTO ANTROPOLOGICO UNO NOVE NOVE SETTE, che si presenta come una sedia a rotelle dotata di computer portatile e asta portaflebo, circondata da tappetini da soglia con su scritto "benvenuto" (o welcome) e dotata di alcuni oggetti personali di vita quotidiana. L’opera diventa una piccola casa, uno spazio vitale in cui poter essere metaforicamente autosufficienti, grazie al computer collegato ad Internet e alla flebo, che potrebbero garantire il rapporto con l’esterno e il nutrimento. Però nello screen saver autoprodotto visibile sul computer si legge "torno subito" : evidentemente per il padrone di casa esiste anche un’altra realtà in cui agire. La fuga del proprietario della casa da una vita forse un po’ coatta, diventa un’apertura per gli altri individui, che possono impadronirsi della sedia, ridando vita all’abitazione (che infatti quando ci si siede si muove girando su se stessa) e anche al concetto di opera d’arte, che da oggetto fisso diviene processo in movimento.
Quando l’individuo si siede (se sta nella mostra a Gallarate) o clicca con il Mouse su un link (se sta nella sua postazione domestica), legge:
IN QUESTO MOMENTO SEI UN OPERA D’ARTE ;-) la sedia si ferma solo se ti sposti in avanti
Adesso puoi:
- continuare a girare in Internet come più ti piace
- visitare il quartiere artistico di SoHo su Geocities
- seguire i seguenti link consigliati
- tornare alla pagina che spiega l’opera
- lasciare un messaggio o una firma
- leggere i messaggi lasciati da altri
- continuare a "spippolare" sul computer
Come è possibile vedere, attraversata la soglia liminare che ci separa dall’opera, una volta seduti su di essa, questa si anima e, entrando la vita in un oggetto, l’opera d’arte diventa la persona e le possibili relazioni che si possono instaurare attraverso il Web con altri individui. Inoltre è possibile operare link fra la nostra computer-casa e le altre pagine-casa sparse nella Rete e compiere azioni comuni come quelle che di solito compiamo dal nostro computer personale. Accedendo al sito di Giacomo Verde (alla sua casa virtuale), anche chi si collega al REPERTO ANTROPOLOGICO 1-9-9-7 dalla propria abitazione può diventare opera d’arte, personalizzandola lasciando messaggi o una firma, instaurando legami reticolari fra opera d’arte, pagine Web, il proprio computer, il Sito Internet di Giacomo Verde, altri siti Internet.
In questo modo dalla performance individuale del fruitore, si genera una serie di collegamenti sul Web e con altre persone, dilatando un’opera oggettuale che si presenta come una sedia a rotelle autosufficiente e chiusa in sè, verso un processo relazionale sempre in costruzione. Da una parte gli spazi abitativi attraverso la Rete si restringono fino a ridursi una sedia, dall’altra si dilatano fino ad invadere il mondo esterno. Nelle stesso tempo da una parte l’arte può esaurirsi in un oggetto, dall’altra può diventare un contesto di interazione e di autodeterminazione identitaria. Infatti l’individuo è invitato a farsi opera d’arte (e creare opere come meglio crede).
La stessa invasione della vita nell’arte la troviamo in CON-TATTO (1998), che mette in primo piano il toccare con mano, il fare esperienza direttamente attraverso la tecnologia, facendo agire il proprio simulacro corporale. L’installazione interattiva prevede la possibilità di instaurare un con-tatto con i media sfruttando la tecnica del video-loop e cioè interfacciando fra loro un televisore e una telecamera dando vita a pulsazioni luminose, effetti corridoio, chiocciole rotanti. Si possono anche inserire mani o piccoli oggetti fra la videocamera e il tv-color, compiendo performance corporee al fine di creare gli effetti visivi desiderati (una sorta di tele-racconto autodidatta). In secondo luogo l’installazione permette di agire nel sociale attraverso il tatto, o meglio il con-tatto con un touch-screen collegato ad un computer e ad un videoproiettore, potendo così navigare in siti web basati su argomenti estetico-politici. L’individuo può agire in questo modo direttamente nel mondo reale e della vita quotidiana (e non solo in quello immateriale come con il video-loop) andando oltre lo spazio-tempo dell’esposizione artistica. Giacomo Verde, descrivendo l’opera CON-TATTO, sostiene: "Si intende segnalare che le varie esperienze di attività sociale, amplificate dalle possibilità connettive della rete, si possano intendere come delle opere d’arte che abbiano superato i limiti della rappresentazione critica del mondo, e dei suoi problemi, per un’azione politicamente estetica tesa a migliorare direttamente lo stato delle cose." Quindi non più solo rappresentazione critica del mondo, magari tramite oggetti, ma pratiche reali finalizzate ad agire criticamente sul mondo, operazioni sicuramente facilitate ed amplificate da un uso interattivo e orizzontale della Rete, attraverso cui non solo l’artista, ma tutti gli individui, possono dare spazio alla propria creatività e alla propria volontà di agire sul reale.
"L’opera è lo stato che precede alla nascita di nuove convenzioni culturali, nuovi codici e nuovi linguaggi.
L’opera è quell’insieme di relazioni fra individui, associazioni fra funtivi dell’espressione e del contenuto, non ancora riconoscibili convenzionalmente, ma che ne sono la causa.
L’opera è quella trama dinamica che determina l’emergere di nuove convenzioni e che cessa di esistere (come opera) nello stesso momento in cui le convenzioni emergono e sono riconosciute come tali.
L’opera esiste finchè è uno stato potenziale e svanisce nel momento in cui si attualizza. Per questo non possono esistere "oggetti d’arte" ma "stati dell’arte".
L’ "oggetto" d’arte è come il fumo per il fuoco: ne è segno da cui si può abdurre l’esistenza del fuoco, ma tale abduzione è un atto convenzionale, ipotetico; non è possibile essere certi che alla presenza del fumo corrisponda la presenza del fuoco, tantomeno dunque che "quel" fumo sia una qualità innata del fuoco. Va quindi deciso se interessa valorizzare e potenziare il fumo oppure il fuoco.
Nel momento in cui è riconoscibile (attraverso oggetti, azioni e eventi) l’opera è svanita, si è trasformata in convenzioni ed è divenuta una qualità della cultura e del linguaggio di chi partecipa all’uso di tale convenzione. Diventa una proprietà condivisa da un gruppo di individui e una loro qualità non più separabile dal loro essere. Ma non è più opera.
L’opera è la fase che precede a questa mutazione o coevoluzione mutuale dell’essere collettivo. E’ lo stato di connessioni che permette e che fa sì che tale coevoluzione possa avvenire. Non è riconoscibile, ma esiste e accade.
L’opera è vita in quanto stato indeterminato che prelude alla nascita di linguaggi della comunicazione.
L’opera non è tali linguaggi, né le loro regole (la lingua), né le loro occorrenze (le parole), bensì lo stato indeterminato di relazioni che precede, permette e rende possibile la nascita o la trasformazione della lingua. Dunque, non è corretto finanziare gli atti di parole o la formalizzazione della lingua, ma andrebbe investito sulla costruzione e potenziamento degli stati della vita.
Dice S.Agostno: "qualunque cosa sta per un’altra è necessario che valga meno di quella per cui sta". Vanno potenziate le connessioni, rese possibili le RELAZIONI e il massimo di libertà di esse.
Gli investimenti e l’acquisto di opere devono rivolgersi in tale direzione, non nell’acquisto di oggetti o documenti in quanto segni o tracce dell’opera.
Approfondimento della voce RELAZIONI.
LINK = PRESUPPOSIZIONI
Esiste un forte legame concettuale tra le presupposizioni e i link sul web.
Entrambi funzionano contemporaneamente da costruzione di senso, ovvero creano il topic e il percorso di lettura necessario per la comprensione di un ambito conoscitivo.
Come le presupposizioni creano l’ancora e il rimando necessario tra una frase e l’altra per comprendere la continuità del senso del discorso, allo sesso modo i link nel web creano il rimando di riferimento di una notizia a un’altra e dunque la contestualizzano conferendogli un determinato senso anziché un altro.
Ma oltre a questa comune valenza di requisiti necessari alla costruzione di un senso (comunitario per quello che riguarda gli utenti di Internet, discorsivo all’interno di una conversazione testuale), presupposizioni e link hanno la comune attitudine a manipolare il senso attraverso la canalizzazione di esso all’interno di determinati flussi significativi. Come nel dialogo una presupposizione del locutore impone una veicolazioe del rapporto cooperativo entro determinati ambiti, allo stesso modo la creazione di link nel web impone a un’informazione un percorso che si riflette sulla competenza globale o comunitaria rispetto a tale informazione.
Quindi, come si ha potere dal modo in cui è possibile veicolare una notizia, manipolandola attraverso determinate presupposizioni, (vedi i titoli di un giornale, ecc.), allo stesso modo si ha potere nel detenere la proprietà della mappa dei link; ovvero nell’essere proprietari dello spazio internet di riferimento alla costruzione di mappe dei link (vedi i motori di ricerca), dei software e degli standard che impongono determinati modi di archiviare (linguaggi di programmazione e archiviazione) una notizia o di ricercarla (software push…) e infine nell’essere i detentori degli archivi dove andare a ricercare una notizia (enciclopedie on-line, lessici on-line) e di come ai termini in essi contenuti si crea un percorso (presupposizionale) di rimandi. Ugualmente e in modo ancora più significativo ogni pagina web è il luogo della costruzione di link e in essi di costruzione di senso presupposto."
Tommaso Tozzi (1998)
Nel testo Cotropia: lifeware e coevoluzione mutuale Tommaso Tozzi sottolinea che un’opera d’arte nella sua forma oggettuale, è il risultato di uno stato d’animo dell’artista provocato da una serie di fattori, ognuno avente pari dignità nel determinare tale emozione interiore. Egli sostiene che il valore sta nell’oggetto solo in relazione a ciò che ha provocato il suddetto stato e al contesto in cui è inserito.
Quindi il profondo significato dell’opera non va ricercato nella sua manifestazione oggettuale, che ne costituisce solo l’involucro, ma nelle reti di relazioni, nei processi collettivi, nelle componenti emozionali che hanno contribuito a forgiare la materia di ciò che sta dentro l’involucro e l’involucro stesso. L’artisticità sta quindi nella vita, nella connessione rizomatica di unità creative, nel processo di costruzione di un contesto relazionale, nell’attività libera ed auto-regolamentata degli individui, nel sistema di relazioni positive in coevoluzione mutualista. Artistico quindi è ogni sistema che produce un’entità in evoluzione cooperativa (questo significa cotropia), in cui le parti che lo compongono e che ne determinano l’evoluzione ricevono nella loro simbiosi beneficio reciproco (questo significa mutualista). L’opera d’arte ha in questo senso non solo un carattere collettivo, ma anche orizzontale, in cui le parti che formano il tutto, cooperano interattivamente determinando l’evoluzione del contesto globale, autogestendo la propria azione al fine di garantire il proprio beneficio locale in relazione al contesto più generale, che ne risulta ugualmente beneficiato.
Come la singola cellula è proprietaria di un sistema neurale proprio e come allo stesso tempo è il risultato evolutivo di una simbiosi tra organismi differenti, così l’opera d’arte che si crea dalle relazioni spontanee degli individui conserva una sua autonomia dal sistema dell’arte e viene originata dall’azione caotica (ma consapevole) delle singole parti che partecipano al processo. Quindi il sistema coevolutivo che si crea non presuppone una fusione omologante delle parti, ma il relazionarsi di tante entità critiche auto-organizzate, che conservano la loro individualità nel rapporto collettivo. Allo stesso tempo si determina dalla loro interazione un organismo impermanente, con caratteristiche proprie (e quindi anche in questo senso autonomo), per cui vale l’affermazione che il tutto è maggiore delle singole parti. L’opera d’arte quindi viene originata dall’azione spontanea e autonoma degli individui, che interfacciandosi e collaborando, danno vita ad un processo in corso, che si sviluppa come un organismo in divenire caotico e non casuale (il lifeware). L’azione delle entità in relazione, infatti, presenta un carattere di consapevolezza e di libero arbitrio che mette in primo piano la coscienza umana all’interno dei processi di interfaccia e così l’interagire degli individui fra loro acquista un carattere di criticità non coatta. Nella coevoluzione mutualista offerta dalle reti, quindi, l’interfaccia deve essere fluttuante e deve mediare l’organico e il meccanico, al fine di mantenere un dialogo consapevole e in grado di evolvere nel tempo fra individui dotati di libero arbitrio. Le reti devono quindi essere aperte a situazioni cooperative e coevolutive, come per esempio ai centri sociali, alle culture antagoniste, in generale a tutti quei movimenti ed individui che agiscono in vista di un uso spontaneo, collettivo, liberato e critico di esse. Di conseguenza artistico diventa ciò che è generato collettivamente e criticamente dal basso, l’insieme delle pratiche spontanee che utilizzano linguaggi molteplici e costituiscono autonomamente le norme relazionali reinventando e decostruendo quelle fatte proprie dalla cultura ufficiale, dando vita a comportamenti collettivi che non sono patrimonio specifico di nessun soggetto in causa.
Il concetto di opera d’arte come unicum auratico viene quindi smaterializzato nelle pratiche di vita, nei movimenti, nei collettivi, nelle situazioni auto-organizzate, nelle performance spontanee e improvvisate, nelle relazioni sociali orizzontali, in tutti quegli eventi che pongono in primo piano la cooperazione interattiva, non incanalata in strategie di potere o in sistemi di dominio socio-culturale.
Di conseguenza si crea un nuovo concetto di opera d’arte che non vuole cancellare l’arte stessa, gli artisti, i musei, i critici d’arte, i collezionisti, il pubblico, ma che vuole farsi un paradigma aperto in cui tutte queste entità e la loro relazione, come la relazione di queste con gli altri elementi della vita quotidiana, siano da considerarsi parte dell’opera d’arte. Ognuna di queste categorie può infatti coevolvere secondo dinamiche orizzontali con le altre, aprendosi a tutte quelle situazioni che prevedono una crescita parallela di ogni ente inserito in un processo di coevoluzione mutuale.
I musei devono quindi diventare dei contenitori aperti di elementi ed entità che favoriscano la circolazione, distribuzione, evoluzione, interazione, contaminazione del sapere, al fine di dare origine a reti di relazioni sociali ed individuali. L’arte, l’informazione, in questo senso, non deve essere più qualcosa di fisso e permanente, ma deve somigliare ad un virus, ed essere in grado di autoreplicarsi contaminando altre entità nel suo processo di diffusione spontanea e liberata.
Tutta l’arte del XX secolo ha agito in questo senso, desacralizzando l’unicum e l’originalità artistica, dando spazio ai processi di costruzione collettiva e spontanea del senso, in cui l’improvvisazione e la vita prendono il posto di una rappresentazione del reale artificiale e coatta, facendo emergere dal basso nuovi comportamenti e sensibilità.
L’arte si fa quindi improvvisazione, creazione collettiva, processo senza pregiudizi o presupposizioni costringenti, un quadrato nero su uno sfondo bianco.
L’arte vive negli happening, nei movimenti controculturali (come il punk, il cyberpunk, il graffitismo), nella vita quotidiana che si presenta come un processo di costruzione rizomatica e relazionale.
Il percorso artistico di Tommaso Tozzi ha agito in questo senso, nei territori della sperimentazione liberata al fine di favorire il coevolversi di contesti relazionali interattivi, in cui ognuno potesse liberamente esprimere la propria autonomia a partire dall’autogestione di se stesso e della propria creatività.
Secondo questo filo conduttore, va ricordata sicuramente la sua collaborazione a partire dai primi anni ‘80 con Giuseppe Chiari, membro del gruppo Fluxus.
Il pensiero di Giuseppe Chiari si sviluppa secondo quella linea di riflessone Concettuale attraverso cui vengono prese in considerazione altre sensibilità e altre dimensioni rispetto alla percezione visiva di un’entità artistica oggettuale. L’arte in questo senso si svincola dall’ "oggetto" e da una concezione di prodotto artistico chiuso e diventa processo, azione, improvvisazione, evento, alla portata di tutti e per tutti.
L’opera si situa nel processo di ideazione di un quid che possa suscitare o evidenziare una particolare situazione o immagine mentale, a partire da una commistione fra arte e vita.
La vita infatti entra nell’arte, per esempio inserendo elementi di vita quotidiana in contesti particolari, facendo assumere a questi elementi significati nuovi ed inusuali, facilitando una riflessione nelle nostre modalità (imposte o liberate) di rapportarci al mondo. Anche in questo caso si gioca con la dinamica di rendere familiare ciò che non lo è e di rendere non familiare ciò che lo è. Ciò che percepiamo come comune nella nostra vita viene decontestualizzato provocando uno spiazzamento di fronte al rivelarsi inedito delle convenzioni normative e delle categorie concettuali a cui siamo abituati.
Un esempio di ciò possono essere queste frasi di Giuseppe Chiari:
SUONARE
IL VIOLINO
IN
TRAM
solo per violino
SUONARE
UNA NOTA
SUL PIANOFORTE
SOLO
DOPO
AVER BEVUTO
ACQUA
GETTARE UN SASSO
DA UNA FINESTRA
ACCENDERE LA LUCE IN UNA STANZA
USCIRE
CHIUDERE LA PORTA
SPEGNERE LA LUCE NELLA NUOVA STANZA
E VEDERE
LA LUCE
TRAPELARE
DALLA PORTA
ABBASSARE LA MANIGLIA DI UNA PORTA
SENZA APRIRLA
CAMMINARE A PASSI PESANTI
IN UNA CHIESA A TRE NAVATE
D’INVERNO
APPOGGIARE L’ORECCHIO ALLA CLESSIDRA
E ASCOLTARE IL TEMPO
Giuseppe Chiari, Senza titolo, 1971
L’arte in questo senso si fa pratica gestuale, è fatta da azioni comuni e quindi "è facile" e accessibile a tutti. L’arte diventa un processo dettato dall’improvvisazione spontanea, frantumando l’oggetto artistico in una pratica performativa immateriale, che si sviluppa liberamente senza alcuna preordinazione. Dalla produzione di merce tipica dell’arte tradizionale, si passa alla pratica vitalistica degli eventi improvvisati.
La musica di Giuseppe Chiari è fatta dai lievi e variatissimi rumori che si possono ottenere soffiando nei capelli di una donna (Concerto per donna-1968), oppure da quelli provocati battendo il proprio corpo contro il muro (Fare qualcosa con il proprio corpo e il muro-1966), dalla gestualità liberatoria delle varie parti del corpo o dalla messa in scena di oggetti della vita quotidiana. Lo stesso Giuseppe Chiari sostiene: "Voglio subito precisare che per me il corpo è una cosa come le altre. Io ho scritto pezzi per una donna ma anche per bicicletta, per collana, per registratore, per televisore, per città, per un foglio di carta, per un sasso, per qualsiasi cosa. Forse il pezzo dove il corpo umano ha la maggiore funzione è Gesti sul piano. Partendo dall’ipotesi che la tastiera del pianoforte è una lunga striscia bianca, che l’uomo non conosce l’esistenza dei tasti, che l’uomo però è cosciente che, qualunque gesto faccia, la tastiera lo restituirà in un rumore della medesima espressione, io proponevo tutta una tecnica di gesti.
E in pratica durante gli anni che ho eseguito questo pezzo le mani, le braccia, le spalle, il volto avevano la possibilità di liberarsi. E lo stesso effetto provavano altri solisti come Frederic Rzewski, Giancarlo Cardini, Jean Charles François…
Forse questo è stato un pezzo di gesti…un pezzo per mani, braccia, volto, spalle…e il pianoforte sottolineava solo questi gesti…"
In questo senso l’arte abbandona il suo carattere auratico e mercificato per farsi pratica reale, rituale liberato, happening improvvisato e spontaneo. Il corpo diventa la tela su cui dipingere e il gesto il pennello, attraverso cui comporre composizioni immaginarie, in cui la tonalità principale è la vita.
La produzione creativa quindi non riguarda l’artista, i musei, le opere oggettuali, ma riguarda la vita e si esprime nella vita privata, nel tempo libero, negli spazi sociali, negli ambiti lavorativi, attraverso la non ufficialità dell’esistere e al di fuori di canoni estetici limitanti. L’arte in questo senso appartiene a tutti e tutti possono dare vita ad opere creative.
Lo spettatore può essere allo stesso tempo attore e sentirsi investito della facoltà di creare artisticamente.
Tommaso Tozzi a partire dal 1982 collaborò con Giuseppe Chiari alla messa in scena di numerosi happening e, contemporaneamente (dal 1986), diede vita a vari spazi alternativi attraverso cui inscenare collettivamente performance, graffiti, mostre e presentazioni di fanzine, gruppi e singoli, pubblicazioni, ecc. Questi spazi animarono la scena underground fiorentina fino al 1988 ed erano il BANG AMEN (1986), allestito in un piccolo garage con pochi mesi di vita a causa dell’insofferenza del vicinato e il PAT PAT RECORDER (1986-1988) di cui ho parlato in precedenza.
4.2.3 Pratiche reali collettive e coevolutive attraverso l’uso autogestito della tecnologia
"Dai graffiti di RAMMELLZEE, PHASE II, TAKI 183, COCO144, LEE 163, JULIO 204, SUPER KOOL 223, LEE QUINONES, …ai segni digitali che stanno via via invadendo i muri del cyberspazio, vi è una linea di continuità che non va cercata tanto nel mezzo, quanto nello spirito e negli ideali che hanno spinto un certo modo di usare quel mezzo.
NON SONO I MEZZI CHE VANNO RICORDATI, STORIFICATI E IMITATI, MA GLI IDEALI DI CHI HA USATO IN MODO DEMOCRATICO I VARI MEDIA DELLA STORIA."
Tommaso Tozzi (1990)
L’attività artistica di Tommaso Tozzi, come si desume dalle considerazioni riportate sopra, ha sempre posto in primo piano la questione di creare contesti di interazione viva fra le persone, permettendo indiscriminatamente di effettuare relazioni collettive fra gli individui.
Quindi i vari media tecnologici sono stati usati proprio in questo senso, lavorando sulla loro capacità di mettere in relazione diverse persone, al fine di approdare ad una comunicazione libera, orizzontale ed autogestita. Non va quindi evidenziata la spettacolarità tecnologica, ma le possibilità di democratizzazione del comunicare che questa può offrire.
Per esempio, negli anni ’80 (più precisamente nel periodo 1987-1988) Tommaso Tozzi aveva utilizzato secondo questi principi la sua segreteria telefonica, dando vita al progetto 419695-FANZINE D’ARTE PER SEGRETERIA TELEFONICA. La sua segreteria telefonica fu aperta a tutti per un anno e mezzo, con la possibilità di registrarvi qualsiasi tipo di intervento sonoro, musicale, poetico, filosofico, dando piena libertà alla propria capacità di improvvisare. Come nelle fanzine cartacee, nelle punkzine, le persone avevano la possibilità di esprimere liberamente il proprio pensiero (da casa, dalla strada, dal luogo di lavoro, ecc.) autogestendo spontaneamente un medium tecnologico. Gli stessi messaggi registrati, venivano ritrasmessi il mese successivo a determinate ore della giornata e potevano essere ascoltati sempre tramite segreteria telefonica. Il "palinsesto" dei programmi trasmessi via segreteria, veniva stampato su varie copie da Tommaso Tozzi, che erano successivamente spedite nei vari spazi alternativi, gallerie d’arte, riviste, fanzine e musei di tutto il mondo."
Lo stesso progetto fu successivamente adattato alla tecnologia informatica tramite la BBS HACKER ART (1990), una Banca Dati casalinga (dal 1992 nodo della rete telematica amatoriale Cyberpunk) a cui tutti potevano accedere collegandosi al computer di Tommaso Tozzi attraverso il modem, con lo scopo di leggere, lasciare, manipolare dati, filosofia, testi vari, immagini, creazioni individuali o collettive. Tommaso Tozzi, nel suo libro Opposizioni Ottanta, la definisce come una mostra aperta a tutti, in questo continuando evidentemente ad avere la caratteristica della fanzine elettronica e interattiva.
L’HACKER ART porta all’estremo il concetto di arte aperta: essa si realizza attraverso la libera diffusione, creazione, manipolazione di informazione determinando così un fluire orizzontale e incontrollato di dati digitali. Chi patecipa al processo si trova ad essere inserito in una rete di contaminazioni e manipolazioni creative, con la possibilità di determinare, attraverso la propria azione spontanea, l’evento artistico. L’HACKER ART è quindi paragonabile ad un virus, che si sviluppa dinamicamente attraverso i nodi della rete, determinando la progressiva contaminazione degli elementi coinvolti nel processo creativo ed essendo a sua volta perturbato da essi.
L’opera d’arte, attraverso la possibilità di manipolare e riprodurre immagini all’infinito attraverso il digitale, si fa quindi un processo aperto sempre in corso, lasciato all’improvvisazione spontanea dei partecipanti. Come negli happening del gruppo Fluxus, attraverso le reti telematiche tutti diventano contemporaneamente fruitori e produttori di informazione, e, in questo senso, l’HACKER ART si manifesta come una forma di scambio aperto fra gli individui, come una forma di comunicazione slegata da componenti spettacolari o verticistiche. Per questo l’HACKER ART va considerata anche una forma di arte oppositiva, che esula dai meccanismi propri della società dello spettacolo attraverso cui l’informazione si trasforma in merce. Tommaso Tozzi definisce così l’HACKER ART:
"Hacker Art come forma propositiva e non distruttiva di democrazia dell’informazione e della comunicazione.
Hacker Art come definizione di una soglia entro cui l’operazione virtuale e l’operazione reale si scambiano indistintamente i ruoli mantenendo stabile la gestione e lo scopo dell’atto trasgressivo.
Hacker art come forma di lotta per le libertà sociali.
Hacker Art o Arte Subliminale come lotta contro le definizioni, contro i ruoli e le etichette della cultura ufficiale, contro le pratiche pubblicitarie sulle apparenze, contro la manipolazione delle cose e del reale tramite il linguaggio.
Hacker Art o Arte Subliminale come pratica anonima, contro la nominazione quando usata come strumento degli interessi economici delle multinazionali; contro le stesse definizioni di Hacker Art e Arte Subliminale strumentalizzate dalla cultura ufficiale.
Ciò che interessa rimane solo la ‘pratica’ clandestina, il resto sarà solo merce di scambio o rumore in favore di tutto ciò che si muove contro il sistema del potere culturale."
L’HACKER ART non si realizza quindi attraverso la creazione di prodotti artistici oggettuali, ma trae origine da pratiche reali individuali e collettive, finalizzate a dare vita a reti di relazioni fra gli individui, messi così in connessione attraverso una forma di comunicazione realmente libera. Il territorio in cui lottare appare così quello in cui, attraverso l’azione di potentati economici, si genera un limitante controllo sull’informazione, causando un progressivo accentramento e livellamento di materiale comunicativo. In questo senso è necessario battersi per garantire a tutti indiscriminatamente l’accesso all’informazione e la libertà di comunicazione, dando vita a contesti interattivi in cui sia possibile esprimersi liberamente e senza vincoli. Secondo Tommaso Tozzi, "LA VERA INTERATTIVITA’ STA NEL POTERE DI PRESENTAZIONE. NEL POTER PRESENTARE AGLI ALTRI PIU’ CHE NEL POTER PARTECIPARE ALLE PRESTAZIONI". Di conseguenza non è la possibilità di agire in media cosiddetti "interattivi" e "multimediali" a determinare l’orizzontalità della comunicazione, ma il mantenere e preservare la comunicazione libera, garantendo a tutti la possibilità di creare e presentare agli altri delle strutture, qualsiasi esse siano. Quindi va tutelata la libertà di scelta e di creazione e si deve considerare come obiettivo primario per raggiungere una reale democrazia comunicativa, la ridistribuzione del potere di presentazione.
L’attività artistica di Tommaso Tozzi si è dall’inizio orientata in questo senso, manifestandosi come creazione di network aperti agli interventi e alla manipolazioni dei partecipanti, senza alcuna preordinazione. L’arte si fa quindi contesto immateriale in cui inscenare performance corporee, musicali, visuali, testuali, come nel progetto HAPPENING DIGITALI INTERATTIVI (1992). Questo progetto consiste nella creazione collettiva e autogestita di musica, testi, immagini realizzate e manipolabili in modo interattivo attraverso l’uso di un computer.
"HAPPENING DIGITALI INTERATTIVI è un’antologia di musica, testi e immagini che sono state realizzate in gruppo da più persone seguendo criteri metodologici e creativi che permettevano di manipolare in successione i lavori fatti dagli altri, dando luogo in questo modo ad un enorme cut-up collettivo.
Su richieste di Tommaso Tozzi, si sono formate in tutt’Italia delle catene di musicisti, scrittori e artisti che hanno realizzato brani, testi e immagini rimanipolando gli spunti creati da ognuno di loro a rotazione.
Nella maggioranza dei casi il mezzo utilizzato per la creazione è stato un computer.
Tutto è stato comunque registrato sotto forma di dato digitale per far sì che chiunque fornito di un computer possa continuare tali catene e partecipare dunque alla creazione di prodotti artistici mai finiti.
Alcune creazioni sono state realizzate e scambiate sfruttando HACKER ART BBS una banca dati digitale a cui è possibile collegarsi tramite computer e modem."
Con HAPPENING DIGITALI INTERATTIVI si ha quindi ancor più compiutamente l’esempio di cosa significhi HACKER ART, arte fluttuante, astratta e contaminante in progressione.
E’ una forma di arte che si realizza nell’improvvisazione liberata, un vuoto da riempire autogestendo la propria creatività attraverso azioni potenzialmente senza fine.
Come scrive Tommaso Tozzi:
Un’opera astratta lascia aperta la figura all’improvvisazione
L’assenza di un finale o di una storia permette di comprendere meglio il frammento
La ripetizione di un modulo può avvenire in infiniti modi diversi
…e ancora, in una sorta di cut-up:
Il contesto dell’improvvisazione: costruire un contesto neutro.
Quadrato nero su contesto bianco.
Qualcosa al cui interno non si abbia la necessità di sentirsi parte di un’identità specifica, ma al cui interno si abbia la massima libertà di costruirsi (e di lasciare tracce di) identità multiple.
E’ un’arte che vuole essere una forma di libertà, in cui dispiegare le proprie potenzialità creative al di là di ogni forma di costrizione politica economica e culturale e contro questo tipo di costrizioni, a favore di un’autogestione che nasce dal basso.
Secondo questi orientamenti, l’attività di Tommaso Tozzi negli anni successivi ha continuato a porsi come obiettivo principale la creazione di network, di contesti interattivi di comunicazione libera e orizzontale: sull’onda di queste priorità si colloca la nascita del gruppo sTRANO nETWORK, fondato a Firenze nel 1993, animato anch’esso dai principi di orizzontalità e libertà comunicativa.
4.3 L’ATTIVITA’ DEL GRUPPO sTRANO nETWORK COME CREAZIONE DI CONTESTI DI SCAMBIO APERTO E INTERATTIVO
4.3.1 La storia di sTRANO nETWORK
STRANO NETWORK si inaugura il 22 aprile 1993 al CSA Ex-Emerson di via Bardazzi a Firenze come indagine sui territori della comunicazione.
Attraverso il confronto e l’interazione di esperienze e ricerche effettuate in differenti aree dalla tecnologia alle problematiche sociali, dalle arti visive alla musica sperimentale, Strano Network si presenta con l’obiettivo di salvaguardare la reale possibilità, per tutti, di comunicare in maniera libera e democratica.
Da Aprile a Giugno 1993 sono state presentate tre reti telematiche: ECN, Cybernet e Agorà; contemporaneamente sono stati promossi dibattiti con interventi e riflessioni sui temi dell’arte attuale (arte di parte e network), sull’uso e l’abuso della comunicazione (copyright e hackeraggio sociale), concerti di musica elettronica, installazioni di realtà virtuale e ipertesti, mostre a sfondo ironico sui mutamenti del costume occidentale, proiezione di video inediti.
Dopo lo sgombero del CSA Ex-Emerson […] il gruppo Strano Network ha ripreso la sua attività a Febbraio 1994 presentando una sua produzione di quattro IPERTESTI (TESTI CALDI - del 1994, STRAGI DI STATO - del 1994, FLUXUS - del 1994 e METANETWORK - del 1992-1994 editi dalla Wide Records di Pisa).
Nel 1994 è stata attivata la BBS VIRTUAL TOWN TV attraverso cui scambiare liberamente pareri, materiale, informazione. Attualmente (1999) rimane attiva la BBS VIRTUAL TOWN MAIL (già HACKER ART BBS).
Nel Febbraio 1995 è stato organizzato nel Museo d’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato il convegno nazionale delle realtà telematiche italiane "Diritto alla comunicazione nello scenario di primo millennio", con atti raccolti nel volume "Nubi all’orizzonte". Nel Dicembre 1995 il gruppo ha organizzato il primo NET STRIKE mondiale per protestare contro le manovre antidemocratiche (per es. gli esperimenti nucleari nel Pacifico) del governo francese di Chirac.
Successivamente si sono susseguite performance collettive (come VIRTUAL BODY nel 1996, ASSALTI DIGITALI nel 1997-1998, Internet Sound Digital Network nel 1998 e molte altre), interventi a convegni, mostre, ecc. Nel Giugno 1998 è stato organizzato il primo HACKER MEETING italiano nel CPA di Firenze Sud, tre giorni di seminari, mostre, performance, corsi di alfabetizzazione ad Internet, sulla privacy e sulla crittografia, e successivamente sono stati realizzati altri eventi collettivi basati sull’orizzontalità e la libertà della comunicazione.
Strano Network partecipa al progetto di Isole Nelle Rete con la mailing list Cyber-Rights a favore di una comunicazione telematica libera ed orizzontale e per tutelare i principali diritti della comunicazione. Partecipa inoltre alla mailing list Arty-Party, sull’arte, la tecnologia e la comunicazione.
Fanno parte del gruppo Strano Network:
gli artisti Tommaso Tozzi (sysop e co-fondatore del gruppo), Federico Bucalossi e Claudio Parrini;Ferry Byte (co-fondatore del gruppo) che si occupa di cyber-rights; Lobo co-sysop della bbs VTTV e vicino alle tematiche cyberpunk;Carla Maltinti (co-fondatrice del gruppo) che si occupa di educazione e tecnologia;Positive Mind vicino all’ambiente controculturale e cyberpunk italiano; Stefano Sansavini (co-fondatoe del gruppo) impegnato da sempre in lotte politiche e sociali e attualmente nell’ambito della controinformazione telematica; Luca Scarlini (co-fondatore del gruppo) organizzatore culturale e intrattenitore; Francesca Storai (co-fondatrice del gruppo) critica d’arte e altre 10, 100, 1000 persone. Infatti il gruppo di sTRANO nETWORK va considerato come un’entità aperta, che coevolve attraverso l’attività di tutti coloro che vogliono dare il loro contributo, attraverso la BBS, le iniziative pubbliche reali e virtuali e in tutte quelle occasioni di scambio aperto che nascono spontaneamente dall’azione di tutti coloro che si adoperano per il fluire libero della comunicazione in Rete o altrove.
4.3.2 Strategie di liberazione telematica attraverso l’interfaccia fluttuante
L’attivita’ del gruppo sTRANO nETWORK si colloca nell’ambito degli interventi attivi sulle modalità di comunicazione finalizzati alla creazione di contesti interattivi aperti, sottolineando e amplificando le potenzialità socializzanti delle nuove tecnologie informatiche (come la Rete). Si vuole quindi favorire la possibilità di instaurare attraverso i media interattivi il dialogo diretto, orizzontale, privo di filtri e censure, aumentando il livello di autoconsapevolezza degli individui nell’utilizzare gli strumenti mediatici. A questo si affianca la lotta per la tutela dei diritti dei "cittadini elettronici" (i cyber rights descritti in precedenza) per garantire la diffusione libera, incontrollata e universale della comunicazione telematica e la partecipazione attiva nel sociale attraverso la messa in atto di pratiche oppositive, come per esempio i NET STRIKE.
Gli eventi che vedono impegnato il gruppo sTRANO nETWORK, conservano quindi il carattere di situazioni aperte e coevolutive, attraverso cui possono essere messi in relazione diversi individui, che, attraverso la loro azione spontanea, possono dare autonomamente vita al processo comunicativo, creativo, artistico.
In questo senso, anche gli operatori del gruppo sTRANO nETWORK, conservano il ruolo di creatori di contesti interattivi e per attuare un certo tipo di comunicazione orizzontale e rizomatica, diviene un elemento fondamentale la messa a punto di un’interfaccia fluttuante. "L’interfaccia di un modello di comunicazione sociale è molto più del semplice suo aspetto grafico e delle sue potenzialità tecniche. Costruire un’interfaccia della comunicazione significa affrontare le innumerevoli sfaccettature che la comunicazione implica, e i problemi ad esse connesse e proporre una risoluzione applicabile alla struttura dell’interfaccia.
L’interfaccia di un modello di comunicazione non è semplicemente uno standard tecnologico, ma investe (e deve preoccuparsi di risolvere) questioni riguardanti gli ambiti più svariati: politici, legislativi economici, sociali…
Coloro che partecipano alla realizzazione di tali interfacce devono trovare contemporaneamente una soluzione per ogni limite che emerga, in ogni ambito sociale, a un uso coerente di tali interfacce."
L’interfaccia fluttuante deve quindi permettere una comunicazione in Rete libera, non controllata, universale, anonima, interattiva, rizomatica, riproducibile liberamente, personalizzabile a seconda delle proprie inclinazioni (e quindi autogestibile). Non deve riflettere le intenzioni del programmatore o dell’operatore del sistema, bensì deve essere l’espressione mutevole delle intenzioni della comunità virtuale. In questo senso non deve essere considerata come un semplice filtro comunicativo, unicamente come un mezzo tecnologico per decodificare l’informazione informatica e per interfacciarsi ad essa, ma si devono evidenziare le sue potenzialità di messa in relazione coevolutiva delle diverse entità interfacciate.
L’interfaccia è fluttuante nel senso che è manipolabile attraverso le azioni degli individui, è contaminabile, riproducibile e in continua evoluzione a seconda delle diverse inclinazioni personali. Sono gli utenti che contribuiscono alla sua creazione e alla sua crescita attraverso la messa in scena coperformativa del loro corpo-mente.
In questo senso l’interfaccia fluttuante diviene un mezzo di scambio, un’apertura da colmare con la propria personalità sfruttando il suo carattere performativo..
Vari progetti di sTRANO nETWORK dimostrano concretamente cosa si intende per interfaccia fluttuante. Per esempio si può considerare la bbs VIRTUAL TOWN TV (VTTV), che nasce nel 1994-1995, attraverso cui ogni utente può interagire direttamente e praticamente con l’interfaccia grafica della città virtuale e con le altre persone coinvolte nel processo collettivo. L’individuo può manipolare e contaminare testi, video, musica, e partecipare a multi-Chat interattive on-line su vari argomenti (politica, cyber-rights, arte, network, cultura, educazione, controcultura) e costruire personalmente il proprio palazzo nella città e usarlo per creare conferenze pubbliche o archivi personali. A sua volta V.T.T.V. si presentava come un nodo delle reti telematiche Cybernet, Peacelink, European Counter Network (E.C.N.), Fidonet, Firnet, Toscanet, One Net Italia e di Internet.
V.T.T.V. quindi è stata strutturata per dare vita a relazioni collettive fra gli utenti della BBS stessa, fra questi e l’interfaccia grafica, fra le varie comunità virtuali sparse in Rete. Si può quindi considerare anch’essa come un’interfaccia fluttuante, finalizzata allo scambio comunicativo aperto, uno strumento attraverso cui e in cui instaurare link relazionali e in grado di evolvere in base alle relazioni e al dialogo con gli utenti.
Lo stesso concetto di interfaccia fluttuante lo si può applicare alla performance collettiva VIRTUAL BODY (o TELEMATIC IDENTITY) del 1996 e messa in scena anche in eventi successivi. L’interfaccia grafica, che può essere lo schermo di un computer o di un video (o un grande schermo), nasce dall’azione degli individui e coevolve attraverso i loro corpi digitalizzati, dando vita a un organismo collettivo in divenire formato da elementi organici e inorganici smaterializzati. Attraverso VIRTUAL BODY ogni individuo inserisce una parte di sé nell’organismo collettivo, che si sviluppa così conseguentemente alle azioni dei diversi partecipanti, alle loro pratiche reali. L’opera che ne risulta è totalmente immateriale e realizzata attraverso un processo relazionale mutualista e cresce nella forma di flusso digitale collettivo. Il medesimo punto di vista teorico-pratico si trova in uno dei più recenti progetti di sTRANO nETWORK, la bio-enciclopedia WEB-DISK (nata nel 1997 e ancora in vita). Dalla prima Enciclopedia nata nel 1700 conseguentemente all’azione di un’elitè colta e per un ristretto gruppo di intellettuali, si passa alla bio-enciclopedia di sTRANO nETWORK, che vuole essere di tutti e per tutti. Il progetto prevede la realizzazione di un’Enciclopedia Telematica realizzata collettivamente, attraverso l’azione degli utenti stessi, che possono continuare o creare le varie definizioni. Si vuole così dare vita a un processo in divenire che muti nell’interazione dinamica fra i partecipanti e attivato dall’esistenza di un sistema di relazioni in coevoluzione. La bio-Enciclopedia non prevede inoltre una struttura rigida delle definizioni, ma possono esistervene tante quanti sono i contributi di ogni individuo che decide di partecipare alla sua costruzione. Quindi WEB-DISK si sviluppa in base alla progressiva creazione spontanea dei materiali che la compongono e può presentare anche numerosi link con le altre zone della Rete, come una cellula in evoluzione mutualistica connessa con le altre cellule del più grande organismo collettivo (la Rete stessa).
In un successivo progetto, chiamato COTROPIA (1997), presentato da Tommaso Tozzi in occasione della Mostra "Arte Digitale in Italia" alla Galleria Civica di Arte Moderna di Gallarate, lo stesso Sito di sTRANO nETWORK e le azioni collettive di tutti quelli che vi lavorano e che vi interagiscono, vengono considerate un elemento di una rete di relazioni collettive da instaurare nel Web, un’opera d’arte coevolutiva.
"Il progetto COTROPIA vuole creare o rafforzare attraverso l’uso delle reti telematiche una dinamica di ‘relazioni’ che producano una forma di coevoluzione mutuale tra le parti coinvolte in tale sistema di relazioni. L’opera più che in un singolo oggetto si smaterializza e si risolve nei rapporti, dinamiche, potenzialità, comportamenti, immaginari collettivi messi in atto non esclusivamente dalle azioni realizzate in occasione della mostra, ma dai sistemi preesistenti o emergenti all’interno dei quali le azioni in mostra vengono praticate fungendo da ulteriore flusso coevolutivo.
Il progetto prevede che la documentazione di azioni, eventi, informazioni, realizzate individualmente o collettivamente, in Internet od off-line, sia riportata all’interno di uno spazio WEB gestito dall’Associazione Culturale Strano Network."
Si propone come tale spazio Web proprio il Sito dell’Enciclopedia Biologica (Web Disk), che presentandosi come un flusso di voci in continua evoluzione, può includere facilmente nel processo coevolutivo anche i rimandi ipertestuali relativi ad altre zone della Rete, nonché le pratiche reali effettuate nella Rete stessa (attraverso mailing list, newsgroup, chat, videoconferenze, conferenze in reti amatoriali, cortei telematici). A questo elenco va aggiunta nel Sito anche la raccolta di informazioni riguardanti elementi di interesse collettivo, come conferenze (reali o virtuali), seminari (reali o virtuali), performance (reali o virtuali), altri progetti in costruzione.
In questo senso anche il ruolo del museo cambia e si fa aperto attraverso la presentazione di sistemi relazionali aperti, dando visibilità ad opere d’arte che sono pratiche reali di comunicazione liberata.
L’arte in questo senso va oltre gli oggetti per approdare alle energie vitali di chi lavora per garantire l’orizzontalità e il carattere di scambio aperto della comunicazione.
4.3.3 L’hacker meeting come forma d’arte orizzontale
Secondo questo filo conduttore va sicuramente ricordato l’evento collettivo dell’HACKER MEETING 98 (l’HACK-IT), una forma d’arte collettiva che si è tenuta nel Giugno 1998 al CPA (Centro Popolare Autogestito) di Firenze organizzata dal gruppo sTRANO nETWORK, con la collaborazione delle molte altre persone che vi hanno partecipato.
Voglio riportare questo evento a conclusione del mio lavoro perché reale esempio di smaterializzazione dell’arte, un’arte che si concretizza nell’azione orizzontale e autogestita di una collettività di individui animati dagli stessi ideali di comunicazione libera attraverso le tecnologie informatiche, un’arte che si fa concretamente pratica reale.
Il proclama dell’Hack-IT qui sotto riportato esprime chiaramente gli intenti principali dell’evento autogestito.
PROCLAMA DI APERTURA DELL’HACK-IT 98
Un hackmeeting.
Ecco cosa ci sarà fra il 5 e il 7 giugno 1998 a Firenze, all’interno di un centro sociale e posto occupato che rischia lo sgombero. Un hackmeeting in Italia è cosa nuova, a differenza di quanto succede nel resto d’Europa e negli stati Uniti.
Ma cos’è un hackmeeting?
Essenzialmente è un evento sociale autorganizzato e no-profit.Un momento di intenso scambio, durante il quale numerosi fanatici della comunicazione telematica orizzontale si ritrovano intorno a totem di connettività e hardware per sperimentare e discutere dell’uso sociale, tecnico, politico di modem e affini.
Ma se vogliamo scendere più nei dettagli - o semplicemente essere più pratici - un hackmeeting sono tre giorni di campeggio, tre giorni di seminari autorganizzati e autogestiti, tre giorni di corsi per chi vuole saperne di più, tre giorni di connettività 24 ore al giorno per chi si porta il suo computer, tre giorni di gare, sfide e tornei su tutto lo scibile e giocabile, tre giorni per incontrare faccia a faccia le persone che si conoscono così bene ma solo via mail o via chat.
Un’enorme area industriale riadattata a centro sociale - il CPA di firenze sud - ospiterà l’Hack-IT 98. Decine e decine di persone, collettivi, BBS, gruppi di utenti, sistemisti, webmaster, amanti della privacy e della libertà di parola si stanno dando appuntamento per verificare insieme lo stato dell’arte del popolo delle reti.
Un comitato organizzatore virtuale, raggiungibile nella mailing list hackmeeting@kyuzz.org coordina l’organizzazione materiale e il programma dell’evento.
Chiunque desideri condividere le sue conoscenze e la sua preparazione è invitato a farsi avanti e proporre un seminario, un incontro, una performance o cos’altro abbia in mente, ad uso e consumo di tutti coloro che parteciperanno all’Hack-IT 98. Chiunque desideri lasciarsi coinvolgere dall’organizzazione è benvenuto.
L’Hack IT si presenta quindi come un’occasione di incontro collettivo, di scambio di sapere, esperienze, idee, riflessioni e prende vita attraverso l’azione stessa dei partecipanti, che autorganizzano spontaneamente l’evento stesso (gratuito e finanziato direttamente dalle libere sottoscrizioni per le attività interne).
All’interno dell’Hack-IT 98 sono stati portati avanti anche seminari e workshop, sempre autogestiti: il corso sulla Telematica di base (a cura di Evaluna, S.Sansavini, T.H.E. Walrus, W.Maddler) sulla Crittografia e Anonimato (a cura degli autori del testo "Kriptonite, fuga dal controllo globale), su Linux (a cura di Net Diver), sul LockPicking - l’arte dei lucchetti e delle serrature (a cura di Tim), sul Sapere in Rete (a cura di Ferry Byte), sulla Storia dell’informatica (a cura di Renato Pii), su un progetto di comunicazione in un centro sociale spagnolo (a cura del Nodo50.org e dell’Area Telematica e CSOA El Laboratorio di Madrid in Spagna), infine sull’HACKER ART (a cura di Tommaso Tozzi).
Vorrei soffermarmi sull’attività di quest’ultimo seminario, poiché inerente alle tematiche trattate fino a questo punto. Gli intenti del seminario erano quelli di "mettere in luce alcune tipologie operative del fare artistico non rientranti nelle logiche ufficiali e istituzionali del sistema dell’arte e del mercato. Rilevare cioè un differente punto di vista in cui il flusso comunicativo e la produzione di idee diventa un fenomeno di cooperazione collettiva risultante da un complesso intreccio di relazioni in cui le soggettività e i singoli media coevolvono per e attraverso la produzione di senso, anziché di merce. Un’arte che promuove uno scambio di risorse non finalizzato al profitto, quanto alla crescita ed evoluzione di comunità che si autodeterminano sul riconoscimento di sensibilità comuni.
Un’arte dove il confine dell’opera sfuma in un intreccio di relazioni tra oggetti, eventi, strategie e teorie il cui equilibrio dinamico produce mutualismo e indistinguibilità tra emittente e destinatario, artista e spettatore."
Il seminario è quindi avvenuto in un contesto di coevoluzione mutuale (cioè lo stesso Hack-IT) inserendosi in una determinata rete teorico-pratica, e, nello stesso tempo, può essere anch’esso considerato una forma d’arte coevolutiva, messa in scena da vari individui correlati dagli stessi interessi concettuali e artistici. Il seminario prevedeva interventi di Massimo Contrasto, Claudio Parrini, Gabriele Perretta, Vittore Baroni, Simonetta Fadda, Antonio Caronia, Francesco Galluzzi, Antonio Glessi (GMM), Francesca Storai e Carla Maltinti, Giuseppe Chiari, Roberto Costantino, Federico Bucalossi, Giacomo Verde.
Tutti questi individui appaiono correlati da determinati link esperenziali, teorici, pratici, etici, artistici, amichevoli, (ecco perche’ ho scelto alcuni di loro e non altri per rappresentare l’arte digitale interattiva italiana) e attraverso la loro azione hanno dato vita in passato, e continuano a farlo tuttora, ad un organismo collettivo in evoluzione, rappresentante un determinato modo di fare e di pensare l’arte, come il mio lavoro ha voluto fin qui evidenziare.
Per concludere vorrei soffermarmi sull’intervento, in suddetto seminario, dell’artista Claudio Parrini, membro di sTRANO nETWORK, dal titolo Dispotismo dell’autore.
Attraverso questo intervento, appare ancor più chiaro come lo stesso Hack-meeting può essere considerato un’opera d’arte aperta. Il discorso di Claudio Parrini vuole mettere in evidenza come nel cosiddetto Sistema dell’Arte, attraverso la creazione di determinati prodotti artistici, si rimane fossilizzati sull’idea di un Io-creatore ben identificato, individuabile in una persona con una propria esistenza reale catalogabile e archiviabile
Attraverso un tipo di arte collettiva, invece, il singolo autore lascia spazio al co-autore, che può presentarsi nella forma di un essere-in-gruppo, un essere-anonimo, un essere-multiplo.
Nel primo caso, l’opera d’arte si realizza attraverso l’operato di un’entità collettiva, e i nomi dei singoli, le singole firme, si dissolvono nella forma più generica del gruppo (nella mia analisi il gruppo di sTRANO nETWORK, delle PIGRECA, dei GMM, delle ZONE GEMMA, di QUINTA PARETE).
Nel secondo caso, l’opera trae vita attraverso l’azione di nomi ignoti (che appaiono sotto la voce ‘anonimi’ o non appaiono per nulla) e in questo senso possono essere considerate opere collettive anche i sondaggi pubblici, che prendono corpo dagli interventi di svariati personaggi anonimi, oppure può essere opera una poesia scritta sul muro (oppure gli ORIGINS digitali, i VIRUS informatici, i GRAFFITI sui muri) .
Nel terzo caso, l’opera si connota attraverso i vari pseudonimi che può scegliere un singolo autore (vedi nel caso di Massimo Cittadini, i suoi pseudonimi MASSIMO RUMORE, MASSIMO EQUILIBRIO, MASSIMO CONTRASTO) oppure da un solo pseudonimo che può appartenere a più individui (come la coindividualità LUTHER BLISSET).
In tutti questi casi, l’opera d’arte si libera dalla morsa costringente di un’unica firma (e di un’unica forma) per un unico individuo, dando origine a un’entità collettiva, in cui acquista importanza più il processo, il retroscena, il contesto, il sistema relazionale che ha creato tale opera, piuttosto che il prodotto artistico chiuso in sé. E’ una caratteristica di tutte le opere viste fino ad ora ed anche di molte opere di Claudio Parrini, i che vogliono presentarsi come cornice di prodotti artistici altrui oppure zone interattive in cui manipolare vecchi e nuovi media. In questo senso, attraverso un lavoro collettivo definito come un-far-sì-che-si-crei-insieme, si opera per mettere in evidenza ciò che si vuole comunicare e non chi comunica. Quindi, attraverso un lavoro neutro, anonimo, indeterminato, aperto, "l’Io/Artista, viene gradualmente smussato fino a divenire talmente piccolo da sparire". Ma, secondo C.Parrini, il processo di dissoluzione di un Io egemone e "dispotico", può avvenire anche nella realizzazione di un’opera individuale (come un quadro), in cui l’Io dell’autore viene talmente ingrandito da non essere più percepito dal pubblico, che può così introiettare l’opera principalmente in rapporto a se stesso. In questo senso, per i fruitori, l’opera diviene un vuoto da riempire personalmente e l’Io dell’autore, nel suo espandersi, scompare.
In ambedue i casi si genera una coevoluzione dell’opera attraverso l’apporto dei fruitori e l’annientamento del Io creatore in favore di uno scambio liberato.
A questo punto, risultano una doverosa conclusione le parole di Claudio Parrini proferite durante il seminario dell’HACK-IT, che aprono il concetto di opera d’arte anche all’HACK-IT stesso e che esemplificano il suo fare artistico nonché quello della collettività di artisti che hanno fino a questo punto ispirato il mio lavoro:
"Per opere collettive intendiamo tutte quelle espressioni artistiche in cui si prevede un’interazione di carattere primario, un’interazione necessaria, nel senso che l’opera non esisterebbe, non vivrebbe se non ci fosse una partecipazione diretta del fruitore. Eccone qualcuna: tutti i tipi di networking, mail-art; cut-up di gruppo; manipolazioni di vari materiali: testo, immagini, musica; sondaggi e questionari; organizzazione di eventi; convegni, seminari, mostre, eccetera.
Sosteniamo, a ragione, che questo convegno sia un’opera d’arte collettiva, un’occasione comunitaria dove si esplicano tensioni comunicative e diciamo anche il contrario, dove non si esplicano tensioni comunicative. Un gruppo di persone che lo mette in atto (organizzatori), dei relatori ed auditori (partecipanti), ambedue le categorie possono essere autori e fruitori allo stesso tempo, figure che si incarnano."