CAPITOLO 3
IL PERSONALE È POLITICO!!

DIFFERENZE?

... C'erano vari sogni, mille sogni diversi e tutti si chiamavano rivoluzione.

... è chiaro che se uno ha dei valori che nella società del mercato non trovano risposta, cerca di risolverli in altro modo...

... Noi si parlava molto di riprenderci la vita, ma anche della qualità della vita: se non parto di qui, non capisco cosa ci facessi al circolo. Non bastano i discorsi economici e generali. Io ho rifiutato tutto quello che avevo dietro, una famiglia piuttosto benestante, e la politica delle vecchie organizzazioni. Il discorso sulla qualità della vita allora era fondamentale e io non ci metto solo il denaro anzi, allora tutto era spostato sulle relazioni e c'era il rifiuto del consumismo. Diventava importante come vivevi, con chi vivevi ed il rifiuto non solo della famiglia, ma anche dei modelli di comportamento. Quel movimento aveva di fondamentale che si partiva dai bisogni, ma bisogni molto generali e non solo economici, così come invece il discorso della centralità della classe operaia poneva: c'era lo slogan "compagno nella lotta padrone nella vita con questa storia facciamola finita". Il problema era allargare per fare la rivoluzione non solo per cambiare i rapporti economici, ma per cambiare il mondo. Quindi il circolo ha messo come centrali delle cose in più, a partire dai bisogni e dalla qualità della vita. Questo ha portato anche a delle difficoltà di gestione della cosa, perché non c'erano più dei compartimenti molto chiari e stagni fra loro, come potevano essere le divisioni in classi. Ma tutta una serie di problemi attraversavano le classi: uomo/donna, struttura sociale/famiglia/gestione dei figli e della "casa". Per pensare di cambiare, e perché in questa cosa ci possa stare io, il motivo economico diventa minimo: noi non avevamo bisogno di quelle motivazioni puramente economiche per stare in quel movimento lì...

... abbiamo iniziato allora a ragionare sul fatto che, quando tu sei inserito in un ambiente, pensare solo ad un pezzo di quel sistema, ad esempio quello economico (che è stato il centro della cultura marxista), non basta: allora iniziavamo a scoprire che c'era la complessità della società, da cui il discorso del quotidiano e del personale/politico...

Questa è una delle ragioni per cui il circolo ha segnato profondamente chi ci ha vissuto: eravamo lì tutti interi nelle nostre aspirazioni politiche, nelle nostre amicizie, con i nostri amori, con le nostre sperimentazioni a volte dolorose. Non è una pratica che si dismette facilmente.

... il personale è politico: immagino non volesse solo dire le relazioni personali, rapporto fra i sessi, la gelosia eccetera, ma anche le relazioni fra di noi, con i genitori ecc. Probabilmente per personale s'intendevano i bisogni, gli interessi e le contraddizioni: noi in questo senso qualcosa abbiamo fatto. Pensiamo ad esempio al discorso sulla droga pesante e ai tossici del Parco Rignon, quelli che ci fregavano le chitarre. La nostra idea era di togliere i giovani dall'eroina dando loro una mano ad uscire dal problema. "Togliere i giovani dai bar" era un altro slogan, come "Via dalle discoteche!". Non si andava al circolo solo per incontrarsi e chiacchierare senza un progetto preciso. Questo aspetto dei bar e della droga ci aveva caricati di un peso pazzesco nei rapporti con quei tizi lì. Sempre legato al discorso c'era l'interesse al vivere e al mangiare in modo alternativo, avevamo formato una commissione di controinformazione alimentare. E poi tutto il resto che abbiamo sempre detto: contraddizioni sul lavoro, a scuola e la semplice voglia d'incontrare della gente, fare amicizie, parlare e compagnia bella. Tutto questo perché tutte le persone che venivano lì, pensavano, probabilmente, che si potesse dare una risposta collettiva a quei bisogni e a quelle contraddizioni, e quindi il circolo ha funzionato fintantoché la gente ha creduto possibile una risposta collettiva. Poi la repressione ha dato la sua mazzata, le diversità erano molto elevate e quindi, quando si è sciolto il circolo, ognuno è tornato da dove era venuto: quelli del parco sono tornati al parco a farsi le pere, quelli del bar sono tornati lì. Chi aveva l'interesse di suonare ha costruito un gruppo, quelli del teatro hanno fatto il Cortiletto. Certo, forse, senza la repressione, saremmo riusciti a tenere insieme tutti questi pezzi molto articolati e diversi...

... il personale si intendeva politico non soltanto perché le vicende individuali hanno un significato più generale, condiviso, ma anche perché tocca delle questioni che riguardano l'organizzazione della società, organizzazione che porta con sè i rapporti di potere tra le classi e tra i sessi, i ruoli nella famiglia e nella struttura della riproduzione...

... Alcune delle tematiche di allora si sono saldate perfettamente alla mia situazione psicologica e caratteriale. Il rifiuto del lavoro si è unito alla mia poca voglia di lavorare e all'enorme piacere che provo ad oziare; il discorso sulla coppia aperta al mio bisogno di libertà, al mio rifiuto della routine e al mio non farmi travolgere più di tanto negli eventi; il mio rifiuto del matrimonio alla mia avversione alle convenzioni e alle feste e al mettermi al centro dell'attenzione; l'autocoscienza ad una mia passione per gli studi psicologici e psicoanalitici; il rifiuto della forma partito ai miei molti dubbi su quale sia l'ipotesi giusta; il rifiuto del carrierismo alla mia ripugnanza al comandare e al mio dare un'importanza relativa alle merci simbolo e al denaro: il bisogno di un luogo alternativo in cui incontrare gli amici (vedi casa in montagna) al mio odio per il telefono e al piacere della casualità.

Questa carica di antagonismo era in alcuni marcata da un progetto politico e per altri era una dimensione più spontanea, ma non per questo meno forte. Queste due anime si incontrarono ed esplosero in mille forme diverse permettendo almeno nella fase iniziale, di rendere ricca e propositiva l'esperienza del circolo.

Infatti il movimento era un movimento delle diversità, non di un soggetto, non di una politica; non a caso trovava poi luogo in un unico posto, che era la piazza, perché già le assemblee dopo sei mesi erano impraticabili, non potevamo parlarci, uno con l'altro, andavamo con i servizi d'ordine, ora io non so se ho dei ricordi strani, ma nelle assemblee non potevamo andarci, e nelle piazze, che erano un po' più variegate, ci siamo andati fino a che ce l'abbiamo fatta

...Nel nostro circolo più che in altri c'era un forte gruppo di donne che discuteva in riunioni separate ed era in grado di far pesare il proprio giudizio...

... ci sono state discussioni sul ruolo dei leader, sul ruolo del potere o della politica con la P maiuscola, e molto spesso si metteva in discussione la persona, con tutte le caratteristiche dell'autocoscienza: pensate alle discussioni sulla violenza, ...

... se partire da sè stessi, e non dalle ideologie o dalle teorie e dottrine, che ti stanno sopra, vuole dire fare autocoscienza, allora facevamo autocoscienza molto spesso...

... L'autocoscienza, nel movimento delle donne, era un modo di discutere insieme e di mettere in evidenza dei problemi e dei modi d'essere per contrastare i modi ufficiali che la cultura aveva per definire le donne e il loro modo d'essere donne. Per cui era una cosa a griglia larga, ed era il partire da sé per andare oltre la cultura che si diceva maschile.

L'idea era che avevamo bisogno di spazi politici fuori dalle organizzazioni, che avevamo bisogno di fare politica a partire dalla nostra condizione di giovani. Finita la scuola non avevamo più un luogo di aggregazione e di identificazione forte e l'organizzazione Avanguardia Operaia avrebbe voluto inquadrarci in contesti che non ci appartenevano direttamente. Le istanze dei giovani non apparivano così importanti ai responsabili di AO .

Come donna sentivo che fare politica per me era una scelta obbligata, perché la strada che mi veniva assegnata non era quella che io volevo percorrere. Anche se non ero figlia di proletari vivevo lo stesso una disparità di opportunità segnata in modo discriminatorio dal fatto di essere sessuata al femminile.

Non avevo in partenza particolari desideri o progetti rispetto all'idea del circolo: per me era un universo completamente nuovo che mi affascinava per ciò che era. Quel coacervo di persone molto differenti tra loro, anche strampalate, militanti delle organizzazioni, fricchettoni, tossici del parco Rignon, compagni di scuola, delinquenti di borgata mi stordiva per la ricchezza creativa che riusciva magicamente ad esprimere in barba alle differenze culturali, di linguaggi, di ceto sociale.

... Per cui c'è stata questa nuova esperienza che mi piaceva perché non era un partito politico ed era vicina alle cose che pensavo e dove si cercava di parlare di noi stessi (...)la voglia di cambiare e di capire mi era nata dal fatto che a 15 anni mi era vietato tutto quello che non era la normalità. Allora, per un ragazzo della mia età, non era difficile trovare lavoro, nel senso che si faceva la solita trafila, apprendista, o nella boita o nella fabbrica. Io ho avuto la fortuna di trovare un lavoro che mi è piaciuto, finché è durato: quasi 20 anni da operaio specializzato (...) nel frattempo ho pensato quando avevo 20 anni di andare via dall'Italia perché era un paese invivibile, sono andato ad Amsterdam dove ho frequentato il giro dei freak, ... e sono stato rimpatriato come tutti quelli che non avevano una casa (...) sono ritornato e ho ritrovato lavoro e non ho partecipato a nessun movimento o partito in quanto l'individuo non viene fuori ma prevale la collettività (...) Mi sono sempre battuto perché ognuno potesse esprimersi liberamente, sono per la massima libertà di chiunque ... ho avuto il mio approccio con i circoli giovanili con i miei amici di Parella con cui avevo partecipato ad una manifestazione nel gennaio o febbraio '77 (...) Io non avevo mai fatto vita di quartiere pur abitando dagli anni 70 a Mirafiori

Per me il circolo era una situazione di "movimento" dove le persone si incontravano al di là delle appartenenze a un gruppo politico per condividere uno spazio di aggregazione in una precisa realtà territoriale. Era una condizione che permetteva a tutti di poter esprimere, di proporre iniziative e di coinvolgere giovani che non avevano mai fatto politica.