NOTE ALLA LETTERA DI VALPREDA
A più di cinque mesi dall'inchiesta precostituita dagli organi del sistema nei nostri riguardi, vorrei puntualizzare alcuni
punti e renderne noti altri alla parte più sensibile e cosciente dell'opinione pubblica, anche se credo doveroso aggiungere che
diversi organi di stampa, che ci hanno affiancati e che potrei chiamare innocentisti, hanno
abbracciato tale tesi più ai fini di una certa strumentalizzazione politica che per amore di verità o di giustizia. Ed
è un certo settore della stampa, che il buon senso ed il pudore mi impediscono di chiamare organi di informazione, servi obbedienti dei vari gruppi di potere
più reazionari del sistema, che hanno gettato il fango, il livore, la menzogna, l'odio, la diffamazione, con articoli da trivio, diretti contro i morti, contro di noi ed i nostri familiari, amici e compagni, onde screditare, con noi, il movimento anarchico in modo specifico e di riflesso tutta la sinistra in generale; vista fallita la loro manovra di manipolazione e di discredito, con l'infantilismo politico che li ha sempre contraddistinti, da bravi servi striscianti e obbedienti, tacciono.
Dove la strumentalizzazione politica è stata subito palese, fu nel cercare di provare nell'insinuazione che il nostro "gruppo anarchico 22 Marzo" era un gruppo ibrido, con elementi di destra. Si avanzò
addirittura l'ipotesi di una... simbiosi fra anarchici e fascisti (si scrisse che gli estremi si toccano) come se si potessero fondere e conciliare la libertà e la dittatura. Tutta questa
strumentalizzazione, solo ed esclusivamente per la premessa che un componente del gruppo, di provenienza fascista, frequentava ancora, a nostra insaputa, i suoi ex camerati: pertanto la tanto decantata simbiosi si risolve ad un contatto che era a noi tutti sconosciuto.
Dove la strumentalizzazione politica è ancora più
evidente, è nei termini in cui si attaccano gli organi inquirenti che
conducono (inteso nel senso di... manovrare) l'istruttoria nei nostri riguardi:
attacchi portati non nel senso che l'accusa cercherebbe ogni mezzo legale e
illegale per incriminare degli innocenti, ma che agirebbe in questa maniera
per tendere a colpire i mandanti; è una disquisizione sottile, ma di
importanza fondamentale; si passa perciò sulle nostre teste (con una chiara
manovra politica) ipotizzando che potremmo anche essere colpevoli, ma, che saremmo
solo dei semplici... pazzi esecutori. Questa istruttoria, precostituita ad arte,
copre non solo i mandanti, ma gli esecutori, i finanziatori, gli artificieri
ed altri palesi interessati e... interessi. Perché se si sostiene e si
scrive che su tutta l'inchiesta vi sono dubbi, ombre che fu quantomeno affrettata,
unidirezionale, precostituita dall'inizio, condotta avanti stancamente con il
riconoscimento falso, la delegazione di spie, l'intimidazione di testi, e pure
con un buon margine di illegalità; ora essendo gli organi inquirenti
autori di tutto questo, essendo pertanto i medesimi perfettamente al corrente
di aver potuto incriminare degli innocenti, ricorrendo all'artifizio, non vedo
come possano risalire ai mandanti partendo da noi. Mi sembra perciò abbastanza
palese e logico che stiamo facendo solo da capro espiatorio: non si è
voluto arrestare questi... per non risalire a quelli; tranne che non sia un
nuovo metodo di indagine arrestare degli innocenti per risalire ai colpevoli.
Tutti sono unanimi nel sostenere la necessità di fare
luce completa... sulla oscura morte del compagno Pinelli: tutti concordi che
il nocciolo, che il marcio della questione sta là, che non si saprà
mai la verità sugli attentati dinamitardi di Milano e Roma se prima non
si saprà la verità sulla caduta di Pino. Ma i responsabili...
della caduta, sono ancora ai loro posti, nessuna misura è stata presa
nei loro confronti, l'omertà è stata tale da dare dei punti alla
stessa mafia; si è praticamente permesso che i sospettati svolgessero
una specie di indagine su loro stessi. Non solo, si è pure permesso,
e si permette tutt'oggi, che i medesimi partecipassero all'indagine nei nostri
confronti (ora si sa come) proprio a loro, che allontanare da sé i pesanti
dubbi e indizi che li devono dimostrare a qualsiasi costo e con ogni mezzo che
sia Pinelli sia noi siamo colpevoli; solo provando questo troverebbe un certo
credito la tesi del suicidio di Pinelli. Se Pino è innocente, loro sono
colpevoli, non esiste alternativa, e in tal senso hanno agito, hanno diffamato
e accusato un morto, con dichiarazioni e comunicati che si sono dimostrati,
alla prova dei fatti, completamente falsi; hanno costruito la falsa deposizione
e il falso riconoscimento di Rolandi nei loro uffici, ed in seguito caduti e
scoperti i loro falsi, hanno gettato, levandoselo di tasca, un vetrino il quale
avrebbe dovuto apporre la mia firma sugli attentati; ma anche il sunnominato
vetrino, come è stato ampiamente dimostrato era in loro possesso da molti
mesi prima degli attentati, anzi avevano chili di vetrini colorati, con ampie
libertà di scelta. Si vede che di fronte alla legge democratica, uguale
per tutti, i nostri integerrimi poliziotti sono più uguali degli altri
cittadini italiani: perché se nella loro identica situazione con le
prove, gli indizi, le contraddizioni e le assurdità che vi sono state
nel loro operato e nelle loro dichiarazioni si fossero invece trovati quattro
impiegati o quattro metalmeccanici sarebbero stati immediatamente incriminati
e incarcerati. Ma forse il passato di sbirro al servizio della dittatura fascista,
in quel di Ventotene, dei camerata Guida e e le specializzazioni, acquisite
nelle scuole dei gorilla della C.I.A del socialdemocratico Calabresi, sono una
garanzia sufficiente, tale da sollevare loro ed i loro accoliti da ogni ulteriore
sospetto. Forse la nostra situazione può anche dipendere in parte dal fatto
che nè dietro, nè sopra di noi, abbiamo o notabili, o gruppi
o altro che ci appoggino.
Nell'incriminare tutti i familiari miei, hanno veramente
toccato il fondo, incriminazione effettuata in spregio ad ogni obiettiva valutazione,
valutazione mai applicata nei nostri confronti, ma tale prassi nazista non è
stata usata neppure nei processi imbastiti dai colonnelli fascisti greci, nemmeno
loro erano arrivati ad un tale grado di efferata infamia. Prima di incriminare,
avrebbero dovuto appurare l'unica prova reale, la mia macchina, prima di dare
credito a delle chiacchiere da caffè, ed assurgerle a dogma, avrebbero
dovuto effettuare la perizia sulla macchina ed avrebbero avuto la dimostrazione
tecnica che il mezzo meccanico non avrebbe potuto effettuare un tragitto così
lungo e nel tempo addebitatomi (due periti della FIAT si sono rifiutati di partecipare
alla loro commedia). Il mio meccanico di Roma, ha dichiarato che la mia 500
si trovava in pessimo stato, che la coppa dell'olio perdeva, che non aveva il
motore truccato. Se a loro non bastavano le circostanziate e precise deposizioni
dei miei familiari, per onestà professionale avrebbero dovuto, prima
di prendere una decisione, effettuare tale perizia e possiamo essere certi che
se avessero avuto solo una probabilità che tale perizia potesse risultare
a loro favorevole, l'avrebbero richiesta subito e non avrebbero atteso cinque
mesi. Non hanno tenuto in alcuna considerazione le dichiarazioni a loro contrarie,
e cioè testimonianze di diversi miei colleghi del Jovinelli, i quali
deposero o di non avermi visto, il giorno in cui l'accusa mi contesterebbe il
viaggio a Roma, o di avermi notato in epoca poco precedente, come io sostenevo
e sostengo. Angelo Fascetti si recò due volte per testimoniare a mio favore,
davanti al giudice Cudillo, ma non riuscì a farsi ricevere.(1)
Il Fascetti sarebbe il giovane moro, notato con me al bar Jovinelli, il 13 o
il 14 dicembre '69. Egli perciò voleva testimoniare quanto io sostenevo, che
tale incontro avvenne diversi giorni prima di tale data, che i testimoni dell'accusa
si erano sbagliati di data. A titolo di cronaca, debbo anche dire che uno dei
tre testi dell'accusa, aveva alcuni contatti con la polizia, contatti che derivavano
dal fatto che egli si interessava a procurare a terze persone, con una certa
facilitazione e celerità, passaporti ed altri documenti.(2)
Ermanna Ughetto, altro loro super teste (chissà poi perché tutti
i testi dell'accusa sono super, quelli a difesa, o non sono credibili, o mentono,
o vengono incriminati), colei che io avrei accompagnato a cena, in macchina,
sempre la sera del 13 o del 14: dunque il loro ennesimo super teste, dopo gli
attentati ai treni dell'agosto 1969. essendo una mia conoscente, fu interrogata
diverse volte dalla polizia di Roma, subì diverse pressioni, fu minacciata
che se non avesse collaborato e detto tutto ciò che sapeva su di me, le avrebbero
reso la vita difficile tramite la squadra del buon costume. Tale circostanza,
l'affermò l'Ughetto medesima, in presenza di alcuni nostri comuni colleghi di
teatro, i quali sicuramente potranno testimoniare in tal senso.(3)
Tralascerò di accennare alle pressioni che dovetti subire io. E' però abbastanza
sintomatico che tale teste abbia deposto quello che faceva comodo all'accusa
ed in più ad oltre due mesi di distanza. Chiamai altri testimoni che
potevano confermare le mie affermazioni, ma non mi risulta che siano stati citati.
Accantonando le loro valutazioni sempre pregiudiziali, un fatto è positivo,
io a Roma sarei stato visto prima in un bar e poi a un ristorante, questo è
tutto, niente altro mi è stato contestato: pertanto il 13 e 14 dicembre
scorso, io ero completamente libero di andare dove e con chi avessi voluto,
non avrei commesso nessun reato a ritornare a Roma, con relativa cenetta a due,
non sarei stato incriminato per questo; per quale assurda ragione avrei dovuto
negare? (sono pure scapolo), che motivo avrei. avuto di crearmi un alibi a Milano
in tal senso? Se mi fossi comportato come sostiene l'accusa. l'avrei dichiarato
dall'inizio, era tutto nel mio interesse non dare adito a dubbio o altro. Invece
tutto questo è solo un'altra prova che dimostra che ai miei moderni inquisitori
non interessa. per nulla la verità e la giustizia, ma solo riuscire a
puntellare ad ogni costo con macroscopici indizi, le loro tesi da fantascienza.
La loro manovra è servita solo ed esclusivamente ad incriminare un teste
a mia difesa che diceva la verità, e cioè mia zia Torri Rachele.
Non potendo assassinare la verità di fronte, l'hanno colpita alle spalle,
come è loro abitudine, questo e il loro contorto e viscido disegno cercano
di dimostrare che i familiari di Valpreda possono aver mentito nei giorni 13
o 14 e di conseguenza potremmo sostenere che possono aver mentito anche il 12.
Perché bisogna tener presente che mia zia conferma il mio alibi per
il giorno 12, il quale non è per nulla in contrasto con le dichiarazioni
dei testimoni del Jovinelli che riguardano invece il 13 o il 14... Anche qui
l'accusa si è mostrata perfettamente coerente con i suoi metodi.
Passiamo ora al fantomatico deposito sulla via Tiburtina.(4) Deposito che consisterebbe in un buco. lo non sono responsabile di un sentito dire, o di una semplice dichiarazione fattami a voce che potrebbe risolversi solo in una chiacchiera, come in effetti avvenne. Sulla scorta di tale
aleatoria affermazione, la polizia effettuò in mia presenza, un sopralluogo all'ottavo
chilometro della via Tiburtina, nella notte dei 15 dicembre 1969. Tale sopralluogo dette esito negativo, ed in tale senso firmai un verbale negli uffici della questura politica: a tale riguardo vorrei precisare che la polizia affermò, abbastanza seccamente, che li avevo presi per i fondelli, che li avevo fatti girare a vuoto di notte, che li avevo condotti in un luogo dove io sapevo a priori che non vi era nulla, che loro non erano dei cretini e le solite frasi di circostanza che dicono tutti i poliziotti in tali situazioni. Poi invece diramarono ed allegarono agli atti un verbale di un commissario che aveva partecipato al sopralluogo notturno, in cui dichiarava di aver trovato un buco (allegata relativa foto del buco). Ora si cade nel ridicolo: sulla Tiburtina vi erano diversi buchi, me ne ricordo un paio, di cui uno quasi colmo di bottiglie vuote e di cocci di vetro. Sic.
La perizia balistica effettuata sui resti delle bombe, ha dimostrato che i congegni erano a tempo, con una specie di accensione a molla e per nulla a miccia: ma l'accusa strombazza su un pezzo di miccia reperito nell'abitazione di un compagno indiziato, e richiesta di perizia sulla
medesima; (5) come dire che trovando un uomo colpito da una pallottola sparata da una rivoltella... effettuerebbe una perizia su di un coltello.
Ha fatto pure capolino lo spionaggio finché anche questo ennesimo bluff si
è risolto con l'acclusione agli atti di... alcune poesie ed alcuni indirizzi di caserme, senz'altro reperibili su ogni guida
telefonica.(6) Come sempre. l'insinuazione falsa è stata pubblicata a caratteri cubitali in prima pagina, e chiamiamola la smentita... due righe nelle pagine interne.
E vediamo per ultima la loro ulteriore scaltrissima mossa, che
avrebbe dovuto, in parte, riuscire a puntellare e colmare in parte i loro vuoti e le loro ipotesi scaturite su premesse assurde: la cosiddetta perizia psico fisica nei miei, riguardi, onde appurare in primo luogo le mie capacità deambulatorie ed eventualmente giustificare l'assurdo... con la pazzia. Detta perizia
è stata a me favorevole ed ha confermato la mia integrità psico-fisica: per cui eventualmente di tarate rimangono le sopraddette ipotesi e le loro origini. Ed
è nuovamente sintomatico conoscere chi sia l'individuo che anche in questa circostanza avrebbe dichiarato che io
soffrivo di crampi alle gambe.(7) Io frequentavo il sindacato ballerini e le regolari lezioni giornaliere di danza classica: decine di miei colleghi studiavano con
me; il mio maestro da oltre un anno era Sabino Riva. Ebbene, tale dichiarazione l'accusa non l'ottenne da
nessuno di loro, ma da un certo Andres, che aveva sostituito temporaneamente, negli ultimi tempi, il mio maestro. effettivo. Ora il sunnominato Andres
è un profugo dell'Est, un rumeno il quale si trovava in Italia in una situazione precaria sia finanziariamente che legalmente, ed attendeva, fra l'altro, il visto d'ingresso negli Stati Uniti; ed
è abbastanza strano che una parvenza di dichiarazione a loro favorevole sia stata rilasciata da un individuo che per la situazione
sopraddetta, era idoneo ad essere maneggiato, a subire pressioni senza poter dire no, ed eventualmente ad altro. Un fatto
è certo, che se il killer che effettuò la strage di P.zza Fontana usufruì veramente del taxi del super teste Rolandi, lo fece sapendo a priori che sarebbe stato ben coperto da alcuni
organi, che non aveva nulla da temere a farsi riconoscere, perché un altro sarebbe stato riconosciuto e identificato al suo posto. Infatti si
è dimostrato, con il suo comportamento, cinico, freddo, spietato, fors'anche paranoico... ma non un mongoloide mentale come a loro farebbe comodo.
Al rimanente dei compagni incriminati ingiustamente, non hanno potuto nemmeno contestare uno dei loro indizi fasulli; li hanno incriminati con delle supposizioni costruite su ipotesi: i
compagni hanno alibi che li scagionano, non un solo indizio
è emerso a loro carico: ma sono stati incarcerati perché così era stato deciso dall'alto,
perché erano e sono anarchici. E gli organi inquirenti si sono affannati a indagare su chi pagava la pizza, su chi aveva contatti sessuali con una certa donna, su chi partecipava alle manifestazioni, come facevamo a pagare l'affitto della sede, in quale trattoria ci si recava a bere a Trastevere, chi
scriveva sui muri, perché il tale non si
è recato a un dato appuntamento, quanti gettoni occorrevano per telefonare a Milano. Non esisteva
più la proporzione nè dei fatti, nè degli oggetti. A me personalmente sono arrivati a contestare pure due nomi di organi sessuali che avevano trovato scritti sul taccuino magnetico della mia macchina (era palese lo scherzo, non era nemmeno la mia grafia), sostenendo convinti che erano nomi convenzionali con cui si denominava... l'esplosivo. Qui siamo addirittura nella neurosi da sogno. Ma su tutti i loro interrogatori, che ho subito (credo di aver passato le 100 ore) dominava un interrogativo, la domanda sempre presente,
ciò a cui premevano, perché si è ammazzato Pinelli? Sempre Pinelli... gli ipocriti.
Che la polizia avesse una spia nel gruppo, l'avevo non solo detto ma pure scritto diversi giorni prima degli attentati,
però nè i compagni nè io eravamo riusciti ad individuarla. (8)
Almeno su questo fatto assodato, non dovrebbero esistere speculazioni politiche di sorta, anche se ne sono state ventilate alcune. La spia non
poté riferire nulla ai suoi degni padroni perché nulla vi era da riferire. La spia non
riferì nulla, non perché non ne era al corrente, ma perché non vi era nulla di cui essere al corrente.
Agì in seno al gruppo senza venire scoperta, fino al nostro arresto (e pure dopo) la polizia fu sempre
al corrente di tutto, non solo dei nostri gesti, ma pure dei nostri discorsi: era al corrente della ragione di tale viaggio; e questo mi fu confermato da Improta, braccio destro di Provenza,
lunedì 15 dicembre, quando fui tradotto da Milano a Roma, mediante un sequestro di persona. Appena giunto in questura mi interpellò con queste parole "Sapevamo,
Pietro, che stamattina a Milano saresti andato al palazzo di giustizia per farti interrogare dal giudice Amati". Non vi era proprio niente che loro non sapessero sul nostro gruppo.
Da quanto mi risulta, la polizia ebbe informazioni ben precise su quali
erano le forze politiche da sorvegliare. La sinistra extraparlamentare era al corrente che vi era stata una riunione ad alto livello di estremisti di destra per azioni ben programmate, io ne accennai in una lettera all'avvocato Boneschi per cui un fatto del genere non potevano assolutamente ignorarlo.
Credo inutile ripetere a chi servivano le bombe, chi aveva interesse a gettare il discredito sulla sinistra, chi voleva spezzare le contestazioni, le rivendicazioni salariali, ecc., sono ormai argomenti detti,
scritti e riscritti.
Come l'opinione pubblica ha potuto intravedere attraverso la cortina fumogena di falsità creata deliberatamente all'inizio
dell'inchiesta, almeno una parte della verità, ne ha tratte subito le debite e logiche conclusioni: gli organi inquirenti di tali verità (e di molte altre) ne erano in possesso subito dopo i fatti di Roma e Milano, e poco tempo dopo. Hanno proseguito e proseguono in una direzione che sanno sbagliata.
Perché?
(1) Angelo Fascetti, nell'Aprile del '70, è stato arrestato e incarcerato al termine di una manifestazione di solidarietà con Valpreda. I poliziotti lo hanno "selezionato" tra una ventina di altri anarchici presenti.
(2) Allude probabilmente a Armando Gageggi, un vecchio attore d'avanspettacolo che svolge questa attività per arrotondare la pensione.
(3) Esistono quattro testimonianze al proposito.
(4) L'esistenza del deposito di esplosivi fu segnalata alla polizia da Mario Merlino, il quale affermò di averne sentito parlare da Roberto Mander ed Emilio Borghese.
(5) La "miccia", rinvenuta in casa di Roberto Mander durante una requisizione, è in realtà una di quelle cordicelle cerate che si usano per i "botti" di Capodanno.
(6) Allude al "quaderno musicale" sequestrato in casa di Enrico Di Cola, l'anarchico del 22 Marzo che, imputato di "associazione a delinquere", ha preferito rendersi latitante. Su una pagina del quaderno erano stati segnati i nomi di alcune notissime basi NATO in Italia. Quando la notizia fu comunicata alla stampa il quotidiano di sinistra "Paese-Sera" pubblicò un titolo a quattro colonne in
prima pagina in cui si preannunciava, come probabile, un'inchiesta del S.I.D. in merito alla scoperta. Il 4 Gennaio 1970, dopo l'annuncio da parte del magistrato inquirente
dott. Occorsio dell'incriminazione del Di Cola, il quotidiano dei M.S.I "Il Secolo
d'Italia" scrisse: "Il passato criminale di Enrico Di Cola può essere sintetizzato nei seguenti punti:
1) andava spesso con Valpreda in pizzeria;
2) partecipò ad uno sciopero della fame davanti al Palazzo di Giustizia per protestare contro l'arresto di alcuni anarchici;
3) il pomeriggio dei 12 Dicembre ascoltò una conferenza nel circolo 22 Marzo.
Con simili prove il Di Cola può essere incriminato senza ombra di dubbio di concorso in strage o almeno di associazione a delinquere".
(7) Com'è noto, subito dopo l'arresto di Valpreda e l'"uscita" del taxista Rolandi che dichiarò di averlo accompagnato davanti alla Banca dell'Agricoltura con la valigetta dell'esplosivo, fu diffusa immediatamente la voce dagli ambienti polizieschi che il ballerino era afflitto dal "morbo di Burger". La malattia. che comporta la necrosi progressiva degli arti inferiori, lo avrebbe costretto a percorrere in taxi i 147 metri che separano l'edificio della banca dal punto dove Cornelio Rolandi afferma di averlo preso a bordo. I giornali scrissero che le malattia era "all'ultimo stadio", che egli aveva già subito. "l'amputazione di varie dita dei piedi", che di notte, in cella, "si rotolava gridando per il dolore agli arti inferiori". Il 17 Dicembre "Il Messaggero" scrisse: "... minato dal morbo di Burger, che aveva stroncato le sue ambizioni di ballerino, Valpreda era un disperato che ha finito per trascinare e travolgere nel mostruoso disegno i compagni più giovani e inesperti". Due persone - un anarchico che aveva partecipato con lui ad una marcia della pace di 70 km ed una, sua amica che aveva avuto occasione di osservarne poco tempo prima le dieci dita dei piedi - si recarono in questura per testimoniare ma gli dissero di ripassare. Un commissario della squadra politica, in vena di confidenze, disse ad un suo conoscente: "E' una storia ridicola! Gli agenti che lo pedinavano tornavano in questura sfiancati".
(8) Quando VaIpreda ha scritto la lettera, il nome dei poliziotto Salvatore Ippolito "in arte" anarchica Andrea Politi non era ancora stato reso noto. In varie occasioni, parlandone con il proprio avvocato o nelle lettere spedite dal carcere ai compagni, egli aveva espresso il dubbio che all'interno dei "22 Marzo" si fosse infiltrata una spia anche se non era in grado d'identificarla. L'"anarchico di Stato" dirà invece di non esser stato in grado di segnalare i preparativi della strage perché Valpreda e C., sospettando di lui, lo avevano emarginato e tenuto all'oscuro. In realtà egli continuerà a frequentare il circolo fino alla vigilia degli attentati ed anche in seguito. Quanto alle sue dichiarazioni relative all'incontro del 14 dicembre con Emilio Borghese, durante il quale questi gli avrebbe "confessato" la propria responsabilità, va messo in rilievo il comportamento improvviso dei giovane che, dopo aver tramato stragi alle sue spalle, una volta placata la sete di sangue si sarebbe affrettato a restituirgli piena fiducia. In realtà l'Ippolito era riuscito a mimetizzarsi egregiamente, e, semmai l'unica cosa che i suoi superiori potrebbero imputargli è l'eccesso di zelo. Infatti - a parte le proposte di attentati che, spesso e volentieri, rivolgeva ai "compagni" del 22 Marzo - il 15 novembre, nel corso della manifestazione antimperialista che si svolse a Roma, due militanti del Movimento Studentesco lo disarmarono mentre. impugnando una sbarra di ferro, si accingeva a sfasciare la vetrina di un negozio di abbigliamento.