IL MONDO DEGLI AFFARI
IL MONDO DEGLI AFFARI E DELL'EDITORIA
Un primo approccio per
una disamina dei collegamenti e della influenza della P2 nel mondo degli affari
va effettuato, tenendo presente, al momento del ritrovamento delle "liste",
la elevata consistenza numerica, sessantasette, degli iscritti appartenenti
al ministero del Tesoro, a banche e ad ambienti finanziari in senso stretto.
In particolare, per quanto riguarda il ministero del Tesoro (dodici iscritti),
l’esame delle funzioni espletate dalle persone che compaiono negli elenchi
rinvenuti a Castiglion Fibocchi permette di identificare la natura e l'importanza
dei collegamenti instaurati, finalizzati ad assicurare contatti con dirigenti
situati in punti chiave della amministrazione, sì da far conseguire al
gruppo stabili
agganci con ambienti di rilevante influenza sia nell'ambito nazionale sia, soprattutto,
in quello internazionale. Sotto quest'ultimo profilo, in effetti, assume estrema
rilevanza l'inclusione nelle liste dì alti dirigenti del ministero del
Tesoro e di altri personaggi situati in delicati istituti come la SACE (organismo
che dà sostanzialmente sostegno finanziario nell'assicurazione degli
interventi commerciali) e come la, Banca d'Italia, aventi funzioni decisive
in tema di rapporti finanziari con l'estero.
A completare il quadro concorrevano, inoltre, i contatti emergenti con esponenti
di numerose banche pubbliche e private per alcune delle quali le presenze erano
particolarmente significative per qualità e rappresentatività,
come per la Banca nazionale del lavoro (quattro membri del Consiglio di amministrazione,
il direttore generale, tre direttori centrali di cui uno segretario del Consiglio),
il Monte dei Paschi di Siena (il Provveditore), la Banca Toscana (il direttore
centrale), l'Istituto centrale delle casse rurali ed artigiane (il presidente
ed il direttore generale), l'Interbanca (il presidente e due membri del Consiglio),
il Banco di Roma (due amministratori delegati e due membri del Consiglio di
amministrazione) ed il Banco Ambrosiano (il presidente ed un consigliere di
amministrazione).
Le indagini effettuate solo da alcuni degli istituti citati si sono in genere
limitate al mero riscontro dell'appartenenza o meno alla Loggia massonica P2
e non hanno consentito di acquisire elementi di rilievo in ordine all'attività
svolta da ciascuno dei cennati esponenti ed al segno di interferenza che la
loro appartenenza alla loggia può aver rappresentato nella ordinata gestione
degli affari.
Solo il Collegio sindacale del Monte dei Paschi di Siena risulta aver condotto
una inchiesta attenta e dettagliata per valutare gli effetti dei collegamenti
piduisti sull'operatività aziendale. L'inchiesta si è conclusa
ponendo in evidenza "casi di possibile trattamento di favore, casi di perdite
avute o temute dall’Istituto (frequenti i casi di trasferimento di posizioni
a contenzioso con perdite già previste e/o definite)".
L'attività della Commissione appena si è delineato il quadro operativo
della Loggia P2 si è quindi concentrata sull'esame del disegno complessivo
e sull'azione svolta da alcuni gruppi, non solo finanziari, fin dagli inizi
degli anni settanta, collegandosi con le risultanze della Commissione d'inchiesta
sul caso, Sindona che ha messo chiaramente in evidenza come gli interventi operati
a favore del banchiere siciliano si erano sviluppati nell'ambito di solidarietà
ed accordi, che esistevano nel mondo finanziario e bancario tra alcuni esponenti
di primo piano e che contribuivano ad agevolare l'attuazione di operazioni speculative,
finalizzate ad estendere il potere di determinati gruppi economici.
Quali fossero la matrice, il metodo, l'obiettivo di tali gruppi non appare sempre
con chiarezza, ma indubbiamente la loro azione non può essere ristretta
ad un fenomeno di mera criminalità economica o ad accordi diretti ad
accrescere la ricchezza dei singoli. In effetti "intorno alla mobilitazione
in difesa di Sindona accade qualcosa di più di una semplice accanita
gestione di interessi da
proteggere magari con l'omertà e l'uso della forza: si rafforza e si
espande il potere del sistema P2 che collega ed unifica tanti personaggi operanti
in diverse collocazioni"(1).
Il momento più significativo a livello documentale di tali azioni è
collegato alla presentazione di affidavit a favore di Sìndona (rilasciati
negli ultimi mesi del 1976), quando Gelli ed altri personaggi (Francesco Bellantonio,
Carmelo Spagnuolo, Edgardo Sogno, Flavio Orlandi, John Mc Caffery, Stefano Gullo,
Philip Guarino, Anna Bonomi) si espongono in modo chiaro e scoperto per effettuare
uno sforzo ritenuto decisivo per il salvataggio di Michele Sìndona.
Alcuni dei firmatari, oltre al Bellantonio, sono in termini di intrinseca dimestichezza
con Licio Gelli; ciò vale sia per Carmelo Spagnuolo, sia per Philip Guarino
che, secondo una corrispondenza in possesso della Commissione, ha con Gelli
un rapporto di mutua ed operante amicizia. Appare dagli atti il ruolo centrale
assunto da Licio Gelli che è il regista attivo di questa operazione,
segno concreto di un non effimero legame tra i due personaggi, che prosegue
sino al sequestro di Castiglion Fibocchi nel quale Michele Sindona, come abbiamo
visto nel capitolo secondo, gioca un ruolo non secondario.
I contatti ed i legami tra questi ambienti si intrecciano in un contesto che
assume, a motivazione delle malversazioni e delle attività economiche
fraudolente poste in essere, finalità politiche di ordine più
elevato. Così ad esempio le dichiarazioni di John Me Caffery senior (già
capo del controspionaggio inglese in Italia e membro dei Consiglio di amministrazione
della Banca privata italiana) quando dichiara che esisteva un più nobile
collegamento tra i gruppi che "condividevano le sane idee occidentali nel
tentativo di opporsi alla diffusione del comunismo in Europa" e di conseguenza
erano orientati a favorire l'ascesa di personaggi aventi la medesima ideologia,
da situare nei punti chiave dei settori economici per influenzare, per questa
via, l'andamento politico generale.
Quando si pensi ai corposi collegamenti tra tali settori ed ambienti di malavita
comune a livello internazionale, non si può non rilevare che l'identificazione
delle "sane idee occidentali" con questi ambienti risulta quanto meno
problematica e che il sistema capitalista occidentale, quando fisiologicamente
funzionante, dispone di ben altri strumenti per garantire la propria autonomia.
E’ comunque avendo riguardo a questi ambienti che deve essere vista e
spiegata l'ascesa di Sindona e l'azione da questi esplicata per acquisire sia
la finanziaria La Centrale sia, unitamente al generale Sory Smith - già
capo del gruppo consultivo di assistenza militare USA in Italia - la proprietà
del Roine Daily American.
Nella stessa prospettiva va quindi collocato il mutamento operativo che si determinò
allor quando il fallimento dell'offerta pubblica di acquisto per il controllo
della Bastogi (13.9.1971/8.11.1971) fece emergere una resistenza a queste operazioni
di infiltrazione più estesa di quanto fosse stato possibile immaginare
e rese necessaria una loro più accurata preparazione. Quando Sindona,
in
conseguenza di tali eventi trasferisce la sua attività nei paesi al di
là dell'Atlantico, in Italia cresce e si afferma Roberto Calvi, nominato
direttore generale del Banco Ambrosiano nel 1971, che ne acquisisce l'eredità,
oltre che la tutela condizionante di Gelli e Ortolani.
La nuova strategia prende il via con il trasferimento (1972) della quota di
controllo de La Centrale alla Compendium S.A. Holding, finanziaria del Banco
Ambrosiano, che nel 1976 muterà nome in Banco Ambrosiano Holding - Lussemburgo.
Si viene così a realizzare tra Calvi e Sindona un modulo operativo che,
all'estero, era gestito unitamente a Sindona e che in Italia era articolato
in
diversi comparti (bancari, assicurativi, finanziari) sempre più complessi
ed intrecciati man mano che si accresceva la fiducia in Calvi dei più
importanti gruppi economici.
Per quest'ultimo aspetto un ruolo di rilevante importanza è stato svolto
da Umberto Ortolani il cui ingresso nella Loggia P2 rappresentò l'acquisizione
all'organizzazione di un elemento dotato di una vasta rete di relazioni personali
di grande prestigio, sia nel mondo politico che negli ambienti della curia vaticana
e di quella competenza nel campo finanziario che si rivelerà necessaria
nella
seconda fase di sviluppo delle attività gelliane e della Loggia Propaganda.
In effetti proprio mentre Sindona viene estromesso definitivamente dall'Italia,
e poi arrestato, si estende e si rafforza la rete P2 nel settore degli affari
e Calvi diventa il principale braccio operativo nel settore finanziario per
tutte le necessità previste dai programmi della loggia. Il gruppo Ambrosiano
assume così una struttura particolarmente funzionale per far da tramite
ad ogni tipo di transazione, articolandosi in Italia ed all'estero in una serie
di società bancarie e finanziarie i cui principali affari erano ordinati
e seguiti da un univoco centro, ma parcellizzati in diversi segmenti operativi
in modo da impedire spesso agli stessi esecutori materiali la percezione del
quadro complessivo.
Non è ancora disponibile (e forse non lo sarà mai) una visione
completa delle operazioni poste in essere da tale struttura ma possono comunque
essere identificate due grandi linee direttrici di intervento che attengono,
da un lato, alla necessità di conservare saldamente il controllo dello
strumento così predisposto e, dall'altro, all'utilizzo, per ben precisi
fini, dello strumento stesso.
Per quanto riguarda il primo aspetto, il dissesto del Banco Ambrosiano ha messo
chiaramente in evidenza le coperture, gli accordi, gli interventi effettuati
per mantenere e rafforzare le posizioni di comando in questa banca. La rilevante
quantità di azioni Ambrosiano risultate in Italia ed all'estero di pertinenza
del Banco stesso, è la testimonianza di un'attenta acquisizione che consentiva
di spostare dall'Italia all'estero, e viceversa, ingenti disponibilità,
mascherando tali movimenti come operazioni di compravendita di titoli per le
quali ignoti intermediari fruivano di consistenti provvigioni. L'azione così
sviluppata permetteva anche di conseguire l'effetto non
secondario di coinvolgere in traffici illeciti numerosi operatori che, una volta
intervenuti a fare da schermo a tali irregolari transazioni, si ponevano nelle
condizioni idonee per essere ricattati ed utilizzati.
L'esempio tipico di intrecci di transazioni improntate a tali finalità
è costituito dagli interventi effettuati per l'acquisizione della maggioranza
delle azioni del Credito Varesino, un istituto di credito che il gruppo Bonomi
aveva ceduto parte in Italia a La
Centrale e parte all'estero alla CIMAFIN (società appartenente al gruppo
Sindona) che a sua volta le avrebbe poi cedute a finanziarie gestite dalla Banca
del Gottardo, controllata dall'Ambrosiano.
Tutte queste operazioni vengono seguite da vicino dalla Loggia P2, poiché
presso Gelli viene poi rinvenuta copia dell'accordo stipulato all'estero tra
il gruppo Bonomi e la CIMAFIN con la descrizione di tutti i passaggi effettuati
tramite apposite società strumento (Zitropo e la Pacchetti), nonché
dei collegamenti esistenti fra Calvi e Sindona e dei movimenti finanziari verificatisi
nella
circostanza.
In questo contesto i massimi esponenti della loggia, come si evince dalla documentazione
rinvenuta a Castiglion Fibocchi, potevano svolgere un ruolo di mediazione tra
i diversi interessi e di composizione degli eventuali contrasti (esemplari appaiono
i documenti concernenti i patti stipulati tra Calvi, il gruppo Bonomi ed il
gruppo Pesenti), indirizzando nel contempo gli interventi finanziari degli operatori
che dovevano fornire i mezzi per "permettere ad uomini di buona fede e
ben selezionati di conquistare della Rizzoli le posizioni chiave necessarie"(2)
per il controllo delle formazioni politiche in cui ognuno militava.
L'azione di Gelli ed Ortolani, quindi, di pari passo con il potenziamento della
struttura strumentale rappresentata dal gruppo Ambrosiano, acquista connotazioni
più precise e, all'estero, favorisce l'espansione di istituzioni finanziarie
collegate alla loggia nei paesi del Sudamerica caratterizzati da regimi a spiccato
orientamento conservatore, mentre in Italia viene pilotato, con Gelli in posizione
centrale, il tentativo di salvataggio di Sindona, evitando peraltro il coinvolgimento
in questa operazione della struttura Ambrosiano. Scelta questa che costituisce
il segno più evidente di come gli ambienti che gravitano intorno alla
loggia, già collegati con il finanziere siciliano, ritenessero la struttura
costituita intorno all'Ambrosiano destinata ad altre finalità. In effetti
era in pieno sviluppo l'operazione più importante, sia per valenza politica,
sia per coinvolgimento di vari gruppi, che la Loggia P2 avesse posto in essere:
l'acquisizione e la gestione del gruppo Rizzoli, di cui viene effettuata un'analisi
a parte. Il ruolo di Calvi, in tale vicenda, appare infatti fondamentale poiché,
a fronte del deteriorarsi della situazione generale e del progressivo ridimensionamento
del sostegno creditizio fornito a quel gruppo da altre banche, il gruppo Ambrosiano
risulta infine assumere il ruolo di unico ed insostituibile appoggio.
Non vanno peraltro trascurati anche altri interventi con identici fini, anche
se di portata minore, che la Loggia P2 pone in essere sia tramite il Banco Ambrosiano,
sia tramite altre banche ove alcuni operatori (Genghini, Fabbri, Berlusconi,
ecc.), trovano appoggi e finanziamenti al di là di ogni merito creditizio.
Molti degli istituti bancari, ai cui vertici risultavano essere personaggi inclusi
nelle liste P2, non hanno effettuato in merito opportune indagini, ma l'esistenza
di una vasta rete di sostegno creditizio per le operazioni interessanti la loggia
risulta provata dalla già citata inchiesta portata a termine dal Collegio
sindacale dei Monte dei Paschi di Siena. Ovviamente i cointeressati a questa
rete di collegamenti e complicità al momento opportuno dovranno offrire
adeguato aiuto, come risulta evidente dai movimenti finanziari che l'ENI (dove
alcuni iscritti avevano posizioni di assoluto dominio operativo) effettua a
partire dal 1978 tramite la sua struttura estera (Tradinvest, Hidrocarbons,
ecc.), per evitare che gli accertamenti ispettivi presso il
Banco Ambrosiano rivelassero gli oscuri e significativi travasi di fondi avvenuti
dall'Italia verso l'estero.
Sono dello stesso segno, del resto, i misteriosi passaggi concernenti una parte
dei titoli Credito Varesino, a cui abbiamo già accennato, per evidenziare
accordi che hanno visto una partecipazione corale di alcuni protagonisti P2.
Si fa qui riferimento all'intervento della Bafisud Corporation S.A. di Panama
(finanziaria legata al Banco Financeiro Sudamericano di Montevideo, facente
capo alla famiglia Ortolani), che acquista, con un finanziamento dell'Ambrosiano
Group Commercial, n. 4.500.000 azioni del Credito Varesino di proprietà
de La Centrale, consentendole di realizzare 26,6 miliardi di lire ed un'utile
di oltre 10 miliardi rispetto all'esborso a suo tempo sostenuto per l'acquisto.
Tutta l'operazione viene effettuata tramite il Banco Ambrosiano in Italia -
dove i titoli rimangono in deposito - e quando gli stessi verranno rivenduti
(1982) procureranno a misteriosi beneficiari utili all'estero per circa 45 miliardi.
La sostanziale strumentalità del gruppo Ambrosiano risulta infine evidente
allorquando Gelli ed Ortolani sono costretti ad abbandonare le scene della finanza
italiana: Calvi, eccessivamente compromesso, viene abbandonato dai suoi protettori
ed il gruppo è avviato al tracollo.
Nel contesto della nuova tattica adottata dalla Loggia P2 a partire dalla seconda
metà degli anni Settanta, un posto di rilievo occupa l'operazione di
infiltrazione e di controllo del gruppo Rizzoli, emblematica delle modalità
operative della loggia. In presenza di una impresa che il presidente della Montedison,
Eugenio Cefis, aveva coinvolto nell'acquisizione della società editoriale
del Corriere della Sera - nel quadro delle lotte di potere sviluppatesi in quegli
anni tra diversi gruppi politici ed economici - la Loggia P2 intravede la
possibilità di mettere in atto una operazione che la nuova situazione
politica rendeva opportuna e che s'inquadra nelle previsioni del piano di rinascita
democratica a proposito della stampa. E' infatti disponibile una struttura da
utilizzare per il "coordinamento di tutta la stampa provinciale e locale"
... "in modo da controllare la pubblica opinione media nel vivo del paese";
e le condizioni sono ideali in quanto il gruppo Rizzoli:
La P2, quindi, verso la
fine del 1975 si serve di Calvi per coinvolgere il gruppo Rizzoli anche in operazioni
di sostegno dell'assetto proprietario del Banco Ambrosiano e da quel momento
utilizza per le proprie finalità il gruppo editoriale indirizzandone
le scelte operative e le iniziative imprenditoriali mediante una manovra di
condizionamento finanziario destinata a diventare sempre più soffocante
e senza uscita in relazione al crescere dei debiti e dei costi.
Si sviluppano così le operazioni Savoia, Globo Assicurazioni, Rizzoli
Finanziaria, Banca Mercantile, Finrex e molte transazioni finanziarie dai risvolti
oscuri, in merito alle quali sono in corso indagini, a cura dell'autorità
giudiziaria, per accertare i definitivi beneficiari di "premi" e "tangenti"
distribuiti, attraverso il gruppo Rizzoli, sotto la regia Gelli ed Ortolani.
Nello stesso tempo vengono effettuati interventi di sostegno o di acquisizione
di numerose testate a carattere locale (Il Mattino, Sport Sud, Il Piccolo, L'Eco
di Padova, Il Giornale di Sicilia, Alto Adige, L'Adige, Il Lavoro) nell'ambito
di un processo di collegamento con il Corriere della Sera, teso a costituire
un compatto mezzo di pressione, destinato a raggiungere il maggior numero di
lettori
ed influenzare così, in senso moderato e centrista, l'opinione pubblica.
Nel progetto della loggia le imprese Rizzoli assolvono quindi una duplice funzione:
da un lato sono utilizzate quali strumenti operativi per fare da sponda ad operazioni
finanziarie condotte nell'interesse di affiliati unitamente ad esborsi corruttivi;
dall'altro rappresentano il polo aggregativo di un sempre maggior numero di
testate che, facendo perno sul Corriere della Sera, si sviluppa con interventi
partecipativi in imprese editrici di quotidiani a carattere locale.
I mezzi finanziari per entrambi tali funzioni non mancano, in quanto la rilevante
presenza nel mondo delle banche consente di non lesinare gli appoggi per superare
ogni problema contingente e per consolidare la posizione di comando all'interno
del gruppo Rizzoli.
Un passaggio significativo a tale riguardo è costituito dall'intervento
operato nel 1977 per far fronte all'impegno assunto nei confronti del gruppo
Agnelli all'atto dell'acquisto del Corriere della Sera, nonché per rimborsare
alla Montedison e alla Banca Commerciale Italiana (alla cui guida non erano
più rispettivamente Eugenio Cefis e Gaetano Stammati) gran parte dei
fondi che a suo tempo erano stati messi a disposizione per la stessa finalità.
La Commissione ha in proposito effettuato una approfondita operazione di polizia
giudiziaria, condotta con la collaborazione del nucleo operativo della Guardia
di Finanza di Milano, volta ad accertare la reale situazione proprietaria della
Rizzoli e la natura della presenza in essa della Loggia P2. E' stata così
accertata una convergenza di interventi che, sotto la regia di Gelli e di Ortolani,
coinvolgono il banchiere Calvi, le banche dei gruppo Pesenti ed altre istituzioni,
per la realizzazione di un meccanismo teso a stabilizzare il completo controllo
del gruppo, mantenendo fermo lo schermo costituito dagli esponenti della famiglia
Rizzoli.
La struttura estera del Banco Ambrosiano fornisce infatti gli ingenti capitali
(11,8 milioni di dollari) necessari per rimborsare una parte dei finanziamenti
concessi dalla Banca Commerciale Italiana, mentre in Italia si realizza quel
collegamento Banco Ambrosiano-IOR, destinato a fornire alla Rizzoli Editore
i fondi per completare l'operazione Corriere della Sera.
Le banche del gruppo Ambrosiano concedono infatti un finanziamento per 22,5
miliardi di lire alla Rizzoli Editore che utilizza i fondi ricevuti per estinguere
il predetto debito nei confronti del gruppo Agnelli. Le banche finanziatrici,
a fronte del loro intervento, acquisiscono in pegno sia il 51 per cento del
capitale della "Rizzoli", sia l'intero pacchetto azionario della società
(Viburnum S.p.A.) proprietaria di un terzo della "Editoriale del Corriere
della Sera S.a.s.".
Nello stesso tempo si realizza l'aumento di capitale della Rizzoli editore S.p.A.
con il quale vengono resi disponibili fondi per 20,4 miliardi di lire, utilizzati
per rimborsare in gran parte i finanziamenti erogati dal gruppo Ambrosiano.
Giusta la ricostruzione effettuata, a seguito degli accertamenti posti in atto
dalla Commissione, tutta l'operazione di aumento di capitale si concretizza:
Dalla disamina della complessa
articolazione degli accordi viene così in evidenza la funzione meramente
di facciata della famiglia Rizzoli che, da un punto di vista regolamentare,
viene sancita con la previsione, per ogni decisione assunta nell'ambito del
Consiglio di amministrazione della Rizzoli, di un diritto di veto a favore dei
consiglieri entrati dopo l'attuazione dell'aumento di capitale. Utilizzando
Calvi come supporto bancario e sfruttando bene l'influenza esercitata su Angelo
Rizzoli e Bruno Tassan Din, Gelli ed Ortolani (quest'ultimo entra nel 1978 nel
consiglio di amministrazione della Rizzoli) cominciano quindi dal 1977 a gestire
il
gruppo editoriale.
Per quanto riguarda più specificamente il Corriere della Sera, diventa
più stretto il controllo con la nomina a direttore del dottor Di Bella,
voluta esplicitamente da Gelli ed Ortolani in sostituzione del dimissionario
Ottone. Si sviluppa da questo momento un sottile e continuo condizionamento
della linea seguita dal quotidiano come posto in evidenza dal Comitato di redazione
e di fabbrica che, attraverso una esamina degli articoli pubblicati in quegli
anni, ha sottolineato come possa essere difficilmente contestabile un'influenza
esplicata con l'emarginazione di giornalisti scomodi, con servizi agiografici
ben mirati e con l'attribuzione di scelti incarichi a persone appartenenti alla
loggia.
L'ampia analisi effettuata in proposito dal comitato evidenzia una linea di
tendenza che si sviluppa con una pressione continua la quale, pur contrastata
sempre dalla professionalità dei giornalisti, riesce spesso ad orientare
alcuni servizi per dare spazio a persone di "area" o per lanciare
oscuri messaggi o per evitare inchieste approfondite su alcune vicende, come
risulterà evidente per i servizi concernenti i paesi sudamericani. In
America Latina, del resto, con il sostegno finanziario di Calvi e con l'intervento
di Ortolani e di Gelli (quest'ultimo formalmente rappresentante del gruppo Rizzoli
presso le autorità governative dei paesi esteri) la Loggia P2 stava estendendo
la propria rete d'influenza, acquisendo dal gruppo editoriale Avril, e con l'appoggio
dei generali in carica in Argentina, una catena di giornali a larga diffusione.
Per quanto riguarda più specificatamente la linea seguita dal gruppo
in ordine alle vicende politiche italiane, l'attenzione va riportata con particolare
rilievo al 1979, allorquando uomini della loggia tentano di utilizzare le tangenti
connesse con il contratto di fornitura di petrolio tra l'ENI e la Petromin per
acquisire adeguati mezzi finanziari destinati a colmare il deficit della gestione
del gruppo Rizzoli.
In ordine alla cennata vicenda sono ancora in corso le indagini a cura di una
apposita Commissione parlamentare, ma è indubbio che Gelli ed Ortolani
erano perfettamente a conoscenza di tutti i risvolti della transazione. A Castiglion
Fibocchi è stata infatti rinvenuta copia del contratto stipulato tra
l'AGIP e la Petromin, la richiesta avanzata dall'AGIP al ministero del Commercio
Estero per ottenere l'autorizzazione a pagare la tangente alla Sophilau, il
diario predisposto dal ministro Stammati per puntualizzare fino al 21 agosto
1979 gli sviluppi della vicenda nonché un appunto su tutte le circostanze
rilevate, predisposto sotto forma di un articolo da pubblicare. Ortolani, del
resto, il 14 luglio 1979 aveva prospettato al segretario amministrativo del
PSI, senatore Formica - il quale denunciò il fatto ai ministri competenti
- la possibilità di erogazione di fondi, in connessione degli acquisti
di petrolio da parte dell'ENI, per interventi nel settore dei mass-media. Segno
evidente dell'interessamento della loggia alla vicenda fu poi l'attacco a fondo
condotto contro il ministro per le Partecipazioni statali Siro Lombardini, per
il quale il Corriere della Sera arrivò a chiedere le dimissioni, con
un fondo in prima pagina che si distingueva per la violenza dei toni, oltre
che per la richiesta in sé, certo non usuale rispetto alla misurata prudenza
propria della testata milanese.
L'insuccesso del tentativo, anche per la ferma opposizione di alcuni esponenti
socialisti, determina la ricerca di nuove soluzioni, mentre lo schermo Rizzoli
viene utilizzato per patti con altri gruppi (accordo Rizzoli-Caracciolo) o per
tentativi di acquisizione di altre testate (giornali del gruppo Monti) con l'intervento
di Francesco Cosentino.
Questa situazione induce ad un tentativo impostato alla finalità di allentare
la dipendenza del gruppo editoriale da una sola banca che non può fronteggiare,
senza pericolosi contraccolpi, oneri così elevati ed evidenti.
Sin dai primi mesi del 1980 Gelli, Ortolani e Tassan Din cominciano quindi a
studiare le varie possibilità per reperire nuovi fondi sotto forma di
partecipazione al capitale, senza comunque far perdere alla loggia il controllo
del gruppo. I vari progetti che vengono via via studiati ruotano sempre, come
ampiamente rilevabile dalla documentazione rinvenuta presso Gelli, intorno a
questi principi fondamentali e si concretizzano, nel giugno del 1980, per essere
formalmente esposti in una "convenzione" firmata da Angelo Rizzoli,
Bruno Tassan Din, Roberto Calvi, Umberto Ortolani e Licio Gelli.
E' questo il documento più rappresentativo dell'intera vicenda che consente
la identificazione delle finalità del progetto e dei diversi ruoli svolti
da ciascuno dei protagonisti. Il documento ritrovato tra le carte di Castiglion
Fibocchi consta di otto cartelle, ognuna siglata dai protagonisti dell'operazione.
La Commissione, attesa l'importanza, ha verificato tramite apposita perizia,
che ha dato esito positivo, l'autenticità delle sigle, riconosciute peraltro
anche da Rizzoli e Tassan Din.
Alla base di tutta la costruzione finanziaria viene innanzitutto posta la necessità
che solo il più vulnerabile dei rappresentanti di facciata (i componenti
della famiglia Rizzoli) partecipi alla fase operativa. Ad Angelo Rizzoli è
quindi fatto carico, con adeguato compenso, di concentrare a suo nome tutti
i diritti concernenti la parte di azioni dell'azienda capo-gruppo (20 per cento
del capitale) che, pur soggetta a vincoli e condizionamenti attuati tramite
l'interposizione fittizia di banche estere, figurava ancora di pertinenza della
famiglia Rizzoli.
Il successivo passaggio prevede poi la suddivisione del capitale azionario in
quattro pacchetti di cui due assorbenti ciascuno il 40 per cento del totale,
mentre il residuo capitale era ripartito in altre due quote diseguali (10,2
per cento e 9,8 per cento). Per ognuna delle suddette parti erano stabilite
diverse modalità di gestione con l'intervento di Angelo Rizzoli per una
di esse (40 per cento) e con
l'interposizione di società-schermo per le altre tre. A questa fase avrebbe
forse dovuto far seguito, almeno secondo quanto si può evincere dalla
qualifica di intermediarie attribuita alle società schenno, un ulteriore
passaggio di azioni incentrato sulla successiva cessione di una parte del capitale
(49,8 per cento), mentre la quota di maggioranza (50,2 per cento) rimaneva di
pertinenza di una struttura che legava tra loro stabilmente (almeno per dieci
anni) sia la quota intestata ad Angelo Rizzoli che il pacchetto di azioni pari
al 10,2 per cento del capitale: in questa struttura pertanto la quota del 10,2
per cento veniva ad assumere valore determinante ai fini del controllo della
società.
La schematica rappresentazione degli accordi stilati tra gli esponenti della
loggia relativamente all'assetto della proprietà del gruppo Rizzoli -
articolato su interventi finanziari comportanti in Italia ed all'estero complesse
trasformazioni di ragioni creditorie in proprietà azionarie e che prevedevano
la erogazione di una "tangente" (in contanti e/o in azioni) pari a
lire 180 miliardi – consente comunque di far risaltare la funzione della
loggia, che si pone come elemento centrale e determinante per ogni singolo passaggio
della operazione.
Non risulta infatti tanto rilevante l'azione svolta dai vari protagonisti, ma
si afferma ed emerge piuttosto in tutto il suo ruolo l'Istituzione, così
indicata nel documento, in rappresentanza della quale alcuni dei partecipanti
firmano il "pattone". E' l'Istituzione la sola arbitra dell'attuazione
delle varie fasi operative "tenuto conto delle alte finalità del
progetto", è l'Istituzione che sceglie le società intermediarie,
è l'Istituzione che, con la interposizione fittizia di apposita società,
acquisisce la proprietà della quota cardine, pari al 10,2% del capitale,
che domina anche la parte (40%) figurante a nome di Angelo Rizzoli.
Questa vicenda segna forse il punto più alto toccato dalla loggia che
ritiene opportuna una adeguata pubblicizzazione del ruolo assunto e dell'importanza
raggiunta: ed in questa ottica possono essere valutati i proclami, le valutazioni,
agli avvertimenti che Gelli esprime nella intervista rilascia il 5 ottobre 1980
al Corriere della Sera ("Il fascino discreto del potere nascosto")
che viene adeguatamente divulgata a cura dei "fratelli" operanti nel
settore della carta stampata, suscitando nuove adesioni e qualche preoccupazione.
Da un punto di vista operativo, il progetto delineato procede con l'intervento
di Calvi, che dalla struttura estera del Banco Ambrosiano attinge gli strumenti
finanziari necessari per la realizzazione di una prima parte degli accordi.
La conclusione viene per altro affrettata a seguito del sequestro di Castiglion
Fìbocchi: risulta infatti incompiuta l'opera di consolidamento al nome
di Angelo Rizzoli di tutta quella parte del capitale (20%) su cui altri membri
della famiglia vantavano ancora qualche diritto. In buona sostanza, però,
la esiguità (3,5%) dei titoli non ancora sotto il pieno ed incontrollato
dominio della loggia convince i protagonisti a passare alla fase
successiva, che vede l'affidamento in Italia ad una società del gruppo
Ambrosiano (La Centrale Finanziaria S.p.A.), del ruolo di intestataria di un
pacchetto azionario pari al 40% del capitale azionario, mentre ad un'altra società
appositamente creata (Fincoriz S.a.s. di Bruno Tassan Din) risultano destinate
le azioni di spettanza dell'Istituzione (10,2%).
Gli accordi formali resi pubblici nella circostanza prevedevano un onere a carico
de La Centrale, correlato alla quantità di fondi necessari per portare
a termine il complesso dell'intera operazione, per la parte di azioni circolanti
in Italia (aumento di capitale, rimborso di precedenti prestiti, spese, ecc.).
Alla fine, infatti, La Centrale si troverà ad aver erogato per l'intera
operazione di aumento di capitale la somma di L. 177 miliardi che per L. 35
miliardi perverranno all'Istituto Opere di Religione a fronte dell'80% del capitale
a suo tempo ceduto (al netto di un fondo spese di L. 4 miliardi) e per la parte
residua saranno versati alla Rizzoli, venendo a coprire le quote di pertinenza
de La Centrale stessa (L. 61,2 miliardi per il 40%), di Angelo Rizzoli (L. 61,2
miliardi per il 40%) e della Fincoriz (L. 15,2 miliardi per il 10,2%).
Agli oneri sostenuti in Italia dal gruppo Ambrosiano tramite La Centrale vanno
peraltro aggiunti quelli accollati alle banche estere del gruppo le quali, al
momento del dissesto, risulteranno aver erogato, sia in relazione a ristrutturazione
di crediti precedenti, sia per esborsi a favore di Gelli, Ortolani e Tassan
Din, fondi per $ 184 milioni in connessione alle complessive operazioni di aumento
di capitale. Quest'ultimo credito - che risulterà poi formalmente di
pertinenza del Banco Ambrosiano Andino nei confronti di una società (Bellatrix
S.a.), assistita da una "lettera di patronage" rilasciata dallo IOR
- apparirà garantito da una parte (3,5%) delle azioni Rizzoli
Editore circolanti all'estero.
Il delicato meccanismo così messo in piedi riceve comunque duri colpi
con l'arresto di Calvi e con l'opposizione del ministro del tesoro Andreatta,
che ostacola la realizzazione dell'intervento de La Centrale e ne condiziona
l'operato, impedendo la conclusione della terza fase (ingresso di nuovi soci)
ed avviando così tutta la struttura all'inevitabile, successivo dissesto.
L'intreccio di ambienti finanziari (e non) e lo sviluppo di operazioni che abbiamo
delineato, sollecitano riflessioni di più generale portata in ordine
ai meccanismi sui quali si innestano operazioni finanziarie sui capitali di
tipo prettamente speculativo e sul loro collegamento a centri di potere non
solo economico. Sono problemi questi la cui analisi approfondita trascende l'ambito
di interessi del presente lavoro; quello peraltro che appare certo è
che sarebbe ipocrita chiedersi quali collegamenti e di quale natura esistano
tra situazioni quali la Loggia P2 e vicende finanziarie come quelle studiate,
ignorando o fingendo di ignorare che il legame tra le due tipologie non può
restringersi a contatti accidentali ed interessati tra ambienti al margine della
legalità, ma nasce sotto il segno della intrinseca e reciproca necessità.
La seconda osservazione che emerge dalla precedente narrativa è quella
che è a metà degli anni settanta che sembra verificarsi la saldatura
concreta ed in termini operativi del gruppo Gelli-Calvi-Ortolani. Gelli che
si è battuto per aiutare Sindona, il cui tramonto è ormai inarrestabile,
eredita nella sua orbita di influenza il Calvi con una scelta, ed una scansione
di tempi e di avvenimenti che lascia pensare più ad una successione programmata
che ad una semplice coincidenza. Che tutto questo avvenga contemporaneamente
alla formulazione del piano di rinascita democratica è argomento di riflessione
che verrà sviluppato diffusamente nel capitolo quarto, relativo al progetto
politico della Loggia P2, ma che è quanto mai opportuno sottolineare
già in questa sede.
L'esame delle vicende finanziarie e lo studio della loro articolazione ci mostrano
inoltre la convergenza attraverso la Loggia P2, di gruppi ed ambienti disparati,
portatori di interessi anche non omogenei. L'eterogeneità di tali situazioni
è del resto ben rappresentata dalla composita articolazione del personale
iscritto alla loggia, della quale le liste di Castiglion Fibocchi sono evidente
esempio. E' dato infatti rilevare come la Loggia P2 annoveri tra i suoi iscritti
persone di varia provenienza, spesso anche collocate su versanti apparentemente
opposti; sono così contemporaneamente nella loggia, come ha notato il
Commissario Covatta, coppie di nemici
celebri, come il generale Miceli e il generale Maletti e, per restare nel campo
degli affari, Mazzanti e Di Donna, notoriamente avversari nell'ultimo periodo
di presenza all'ENI.
Soccorre a questo proposito il rilievo contenuto nel piano dì rinascita
democratica sulla eterogeneità dei componenti della loggia, prevista
come elemento connotativo dell'organizzazione.
Un dato questo che ci mostra la funzione strumentale della loggia presso chi
dell'operazione aveva il controllo generale, e cioè il suo Venerabile
Maestro, che appunto dalla eterogeneità dei componenti traeva uno dei
non secondari motivi del suo potere, in quella logica di contatti verticali
tra la base ed il vertice che, come abbiamo visto, è caratteristica strutturale
della Loggia P2.
La loggia stessa in questa prospettiva ci appare come una sorta di camera di
compensazione, della quale sono testimonianza eloquente gli accordi finanziari
di vario tipo trovati tra le carte di Castiglion Fibocchi; si comprende allora
il valore che poteva assumere nel mondo finanziario un centro di mediazione
di interessi diversi così costituito e così protetto e risalta
appieno il ruolo che in tale contesto veniva assegnato al Venerabile Maestro
della loggia.
Emblematica in tale senso è la gestione del gruppo Rizzoli nella quale
non solo questo articolato stato di cose trova significativa ed esemplare applicazione,
ma che altresì ci consente di pervenire ad alcune importanti conclusioni
in ordine al rilievo politico assunto dalla loggia ed all'ampiezza di respiro
dei suoi progetti e delle sue ambizioni. L'analisi dell'assetto proprietario
del Corriere della Sera ci conduce a risultati conoscitivi che fugano ogni dubbio
residuo sulla proponibilità di tesi di taglio riduttivo, quando si voglia
comprendere e valutare nel suo significato reale un fenomeno quale quello costituito
dalla Loggia P2 e dalle attività che in essa e tramite essa venivano
progettate e gestite da gruppi e forze anche disparate, ma unificate dalla convergenza
di interessi su situazioni determinate.
Il dato dell'acquisizione del Corriere della Sera nell'orbita di influenza della
Loggia Propaganda denuncia una inequivocabile connotazione di rilevanza politica
e letto in parallelo al dato precedentemente enucleato sull'ambiguo rapporto
che lega Gelli agli ambienti dei Servizi segreti lascia intravedere le linee
generali di un allarmante disegno generale di penetrazione e condizionamento
della vita nazionale. Se le ombre e le zone di ambiguità sono ancora
molte, e solo in parte sarà possibile far luce, quello che emerge con
nitida chiarezza all’attenzione dell'osservatore, è che un siffatto
fenomeno assurge a questione di rilievo politico primario, come
altrimenti non potrebbe essere, per il coinvolgimento di attività e funzioni
non solo pubbliche in senso stretto, ma altresì rilevanti per l'interesse
della collettività, secondo la precisazione contenuta nell'articolo 1
della legge istitutiva di questa Commissione.
NOTE: