Intervento al convegno
"IMMAGINARIO TECNOLOGICO
DI FINE MILLENNIO"
Padova, 17/10/1993 di Stefano, Firenze
Testo inserito all’interno dell’area file "Metanetwork: Materiali utenti" nella banca dati Hacker Art BBS.
Pubblicato in Italia da "Metanetwork", n.2, Inverno 1993-1994, a cura di Tommaso Tozzi e Nazario Renzoni.
Io credo che ciò di cui stiamo dibattendo può essere visto da diverse angolazioni. Immaginare le tendenze e gli scenari futuri determinati dall’utilizzo delle nuove tecnologie informatche e telematiche è un compito abbastanza arduo. Queste tendenze e questi scenari, infatti, si daranno dentro un contesto nel quale diverse forze si scontreranno, ci sarà ovviamente chi le vorrà utilizzare come ulteriore strumento di controllo e dominio e chi invece cercherà di utilizzarle per esplicitarne al massimo le loro potenzialità comunicative. Sono sicuramente d’accordo con Sandro quando dice che la televisione interattiva non esiste, almeno per il momento, e che spesso si confondono campagne pubblicitarie del potere, fatte da chi lo detiene, per realtà effettive. Dico questo non soltanto perché il "Quizzy" di Berlusconi, di cui si è parlato non può essere visto come il primo passo verso la televisione interattiva, quello è solo un giocattolo, ma anche se ormai fossero realizzate le "electronic highway" di Al Gore e Bill Clinton e la televisione interattiva viaggiasse su fibre ottiche mettendo a disposizione 500 canali e magari la possibilità di sciegliere da ogni canale quello che ci interessa vedere anticipatamente, tramite un sistema di scansione; per capirsi la possibilità di abbonarsi alla ricezione di determinati testi, immagini, suoni e filmati scelti non solo in base al soggetto, ma anche in base all’autore e all’editore (dando l’impressione così di sciegliere non solo ciò che a ognuno di noi interessa ma anche il modo in cui ci viene presentato), non potremmo dire di essere di fronte a un sistema interattivo. Quando parliamo di interattività, infatti, intendiamo non solo l’attività di sciegliere fra diversi prodotti quello che più ci soddisfa, ma la possibiltà di poter inserire, noi stessi, informazione e comunicazione nel network. La rete per poter essere chiamata interattiva deve dare la possibiltà di avere uno scambio bidirezionale, mentre invece con la cosiddetta televisione "interattiva" ciò non può avvenire, non sarà infatti possibile avere l’opportunità di poter comunicare direttamente con qualcuno o con la globalità degli utenti della rete. Anzi se proviamo a immaginare lo scenario futuro vedremo che il tentativo è quello di metterci seduti in poltrona, chiusi nella nostra casa, con un sistema multimediale davanti capace di darci tutto ciò di cui abbiamo bisogno in termini informativi, di svago, artistici ecc. ecc. ma che di fatto ci impedisce di comunicare con altri soggetti e di interagire con una comunità virtuale che tali strumenti delle nuove tecnologia sembrerebbero tendenzialmente farci intravedere. Molto spesso sentiamo parlare, anche negli ambiti di movimento, della democraticità intrinseca, delle nuove tecnologie. Quanto ho detto prima dovrebbe chiarire che si tratta semplicemente di un abbaglio. Anche le altre possibilità offerte dalle nuove tecnologie hanno infatti le stesse caratteristiche, pensiamo agli enormi network tipo Internet con milioni di utenti, ai quali però l’accesso è negato (sopratutto in Francia e in Italia) e in cui in ogni caso è vietato parlare di politica e più in piccolo alla vicenda dell’area Cyberpunk in Fidonet, o alla stessa realtà virtuale. Su questo vorrei aprire una parentesi che chiarisca ulteriormente i concetti che ho tentato di sviluppare. La realtà virtuale da un lato ci fa intravedere l’opportunità di poter comunicare in rete non soltanto come avviene adesso testi, immagini, suoni e tra non molto filmati, ma addirittura di poter trasmettere anche una nostra proiezione di noi e della realtà che ci circonda o addirittura delle sensazioni che vogliamo far percepire o scenari di fantasia elaborati nella nostra mente, tutto ciò interagendo non solo con i sensi che siamo abituati ad adoperare nei collegamenti telematici, cioè vista e udito, ma anche tatto e forse in un futuro più lontano anche olfatto e gusto. Sembrerebbe cioè che si aprano orizzonti in cui la comunità virtuale diventa sempre più reale. Pensate per esempio agli hacker e ai fans della telematica che si sono inventati un codice a "faccine" costruite con caratteri che si possono trovare sulle tastiere del computer per poter comunicare ai loro interlocutori in maniera rapida e sintetica le loro emozioni, sensazioni ecc. che si troveranno di fronte la possibilità non di trasmettere un simulacro, un codice sintetico, di ciò che stanno pensando o provando ma direttamente di far "sentire" il pensiero o la sensazione o l’emozione. Sempre più si avvicina il momento in cui sempre minore sarà la differenza fra una comunità reale (gli abitanti di un paese di qualche decina di anni fa o la tribù di un paese del terzo mondo in cui tutti si conoscono) e la comunità virtuale che ognuno si può sciegliere abbattendo le barriere interposte dalla distanza. Tutto ciò è estremamente positivo, ma come abbiamo visto non sarà semplice poter interagire con questi potenti mezzi tecnologici con chiunque vorremo, chi esercita il dominio non è d’accordo e preferisce vederci sprofondati nella nostra poltrona del salotto ad interagire esclusivamente con l’anchorman di turno o con la soap opera magari determinandone alcune scelte sulla trama o magari qualcosa di più serio come la diretta delle vicende politiche sociali ed economiche del mondo, ma senza poter intervenire per sovvertire lo stato di cose presente. Se però, come, ho detto all’inizio vediamo l’impiego della realtà virtuale sotto un altro angolo visuale allora possiamo prefigurare l’uso che il potere (per potere intendo le entità che esercitano il dominio perché hanno i mezzi economici e di conseguenza politici e militari per farlo) può farne. Se la realtà virtuale, infatti dà la possibilità di poter generare delle realtà artificiali con cui interagire, quasi come se fossero vere, allora è possibile, per esempio, poter selezionare il personale di una ditta sciegliendolo in base alle sue reazioni una volta che il candidato è calato in una determinata realtà virtuale oppure è possibile schedare qualsiasi soggetto e inserire questi dati in una banca dati, in qualsiasi momento richiamabile dalle future "forze dell’ordine", in base alle sue sensazione e reazioni a determinati stimoli sempre più realistici. Questo secondo angolo visuale evidentemente è in contraddizione stridente con l’ipotetica "intrinseca democraticità delle nuove tecnologie. Potrei fare ancora molti esempi a supporto di quanto ho detto. Uno per tutti: provate a pensare quanto può ampliare le nostre possibilità l’uso di tecnologie che mettono a disposizione sistemi di memorizzazione sempre più capaci di immagazzinare in spazi sempre più ridotti un numero sempre maggiore di informazioni ad un prezzo sempre più accessibile e alla possibilità, quindi, di poterle mettere a disposizione di tutti in una rete telematica. Tutto ciò visto da un altro angolo visuale però comporta il fatto che ogni nostro atto che quotidianamente svolgiamo viene memorizzato e immagazzinato in banche dati. Spesso non ci soffermiamo a pensare alla enorme quantità di dati che vengono registrati sull’attività di ognuno di noi. Per fare alcuni esempi: transazioni con bancomat, carte di credito, assegni, operazioni bancarie di altro tipo, noleggio videocassette, ricerca e consultazione libri in biblioteche, abbonamenti a riviste e giornali, operazioni su c/c postali, fax inviati e ricevuti, telegrammi, versamenti utenze casalinghe, videotel, tele-prenotazioni, consultazione banche dati, biglietti aerei, abbonamenti ferroviari, passaggi di frontiera, iscrizioni scuole, presenze sul lavoro, questionari vari compilati, richieste certificati, iscrizioni ad associazioni, ricette e analisi mediche, ricoveri.... e l’elenco potrebbe continuare ancora a lungo. Tutte queste informazioni sono ormai diventate merci che possono essere acquistate dal maggior offerente sul mercato legale o in alcuni casi su quello illegale, la differenza sta solo nel prezzo, o più semplicemente chi ha il potere di farlo può dichiararsi proprietario e custode d
i tali "schedature". E’ evidente quale enorme potere di controllo può rappresentare per coloro che hanno la capacità economica, politica o militare (tali termini sono interdipendenti) di accaparrarsi tale mole di informazioni. Tutto ciò evidentemente vale anche per le conscenze teoriche o tecnologiche che nel corso della storia l’umanità acquisisce; dovrebbero essere patrimonio di tutto il genere umano, ma come ben sappiamo vengono invece acquistate sul mercato legale o illegale o semplicemente rubate dai soliti "potenti". Nostro compito, quindi, è di sviluppare le potenzialità positive delle nuove tecnologie, creando comunità virtuali aperte, capaci interagendo fra loro, di dare il massimo sviluppo alla possibilità di far diventare patrimonio collettivo, le esperienze di ognuno di noi nel tentativo di abolire e superare lo stato di cose presente e di creare e sviluppare nuovi veicoli per trasmettere la nostra memoria collettiva. Dobbiamo con tutte le nostre forze rendere accessibile a tutti la mole informativa che viaggia intorno a noi, ma che è solo appannaggio di pochi, di far diventare accessibili a tutti le enormi possibilità comunicative derivanti dalle nuove tecnologie. Dobbiamo sopratutto non farci relegare all’individualismo più assoluto del futuro soggetto subalterno che dopo aver dato il proprio tempo di lavoro, vive il suo "tempo liberato", sprofondato nella poltrona del suo salotto di fronte all’apparato multimediale o comunque all’apparenza attivo e mobile, ma sempre passivo e in collegamento con qualche aggeggio del sistema multimediale, che sembra interattivo ma che in realtà preclude la possibilità di comunicare con i propri simili e di poter costruire con loro progettualità per abolire e superare lo stato di cose presente. Dobbiame aprire nuovi spazi interattivi, svilupparli, creare e sviluppare nuovi strumenti che ci permettano di essere parte integrante di un soggetto collettivo che non conosce limiti determinati dalla distanza. Altro che democraticità intrinseca delle nuove tecnologie, sarà una dura battaglia ! Si è parlato anche stamani delle comunità di indios brasiliani per i quali i nostri discorsi sull’immaginario tecnologico apparirebbero invasivi se non colonizzanti. Anch’io ho potuto visitare i villaggi delle comunità Sumus della costa atlantica del Nicaragua. In entrambi i casi, mi pare, si assiste ad una già esistente presenza invasiva se non colonizzante dei media. Nel caso degli indios brasiliani si tratta di TV Globo e della radio, nel caso dei Sumus più semplicemente dei preti moravi, ma non tarderanno molto a giungere anche lì media più tecnologicamente avanzati. Possiamo affermare, credo, che ormai in ogni angolo del pianeta è presente l’opera dei media, quindi credo che sia opportuno lavorare per rendere disponibili anche tra queste comunità mezzi comunicativi alternativi a quelli dei sistemi comunicativi del potere. Rigoberta Menchù, per esempio, quando nel suo libro ha reso pubblici alcuni dei "segreti" delle etnie maya del Guatemala, non credo che abbia fatto un torto alla tradizione del suo popolo, ma abbia reso invece possibile avere un’informazione sulla realtà di vita di quei popoli. Del resto, almeno una parte delle nuove tecnologie per meccanismi interni al mercato, come le economie di scala, il basso costo del lavoro determinato dalla sua mondializzazione, la concorrenza senza esclusione di colpi fra le multinazionali produttrici, sono diventate economicamente accessibili. La nostra esperienza ci dice che con circa 500 dollari si può aprire un nodo di una banca dati interattiva e con meno del doppio è possibile trasmettere e ricevere via etere. Un’ultima cosa. Con altri compagni di Firenze abbiamo messo in cantiere un progetto per raccogliere nella comunità virtuale, attraverso le reti telematiche le informazioni e i dati relativi alle stragi di stato, alle trame nere, alle logge massoniche golpiste, ai tentativi di colpo di stato, all’attività dei servizi segreti dal dopoguerra ad oggi in Italia, vorremmo anche raccogliere notizie e informazioni sulle nuove tecnologie, il loro utilizzo, l’uso in termini di controllo e dominio, l’attività repressiva dei gestori del potere degli usi alternativi di tali tecnologie. Con queste informazioni vorremmo produrre due ipertesti perché riteniamo che tali argmenti si prestino particolarmente, data la loro complessità, ad essere trattati con questi strumenti. Per ora è solo un progetto in embrione, abbiamo solo raccolto e selezionato una piccola parte di dati, spero di trovare collaborazione per la riuscita di tali progetti.