CAPITOLO 4
RIPRENDIAMOCI LA VITA!!

COMPAGNO TU LAVORI E IO MAGNO! (LO STUDIO ED IL LAVORO)

L'atteggiamento che avevo nei confronti dello studio e del lavoro era lo stesso che ho ora con la cioccolata e la merda. La prima mi piace la seconda bisogna farla. Poi decisi per un periodo di stitichezza.

... Il fatto di studiare e andare all'università è stata una scelta scontata all'interno della mia famiglia di origine, ma per la mia cultura di sinistra, mi sentivo un po' in colpa per il privilegio che avevo. D'altro lato l'essere priva di reddito era un peso...

... Lo studio (perito chimico) era una scelta obbligata per trovare un lavoro presto, senza avere il bisogno di frequentare l'università...

Avevo deciso che l'università doveva essere subordinata all'uscita di casa. Dovevo quindi trovare un lavoro per mantenermi e ciò sarebbe stato incompatibile con l'impegno di una facoltà scientifica. Perciò alla fine del '76 mi sono iscritta alla facoltà di Magistero, che ritenevo meno impegnativa, con l'idea di seguire un indirizzo psicologico.(...) Da un lato il lavoro, che immaginavo per me come lavoro impiegatizio, era un mezzo per ottenere fonti di sussistenza, ma portava con sè un carico di alienazione e di oppressione, dall'altro poteva essere una realizzazione personale, un lavoro creativo. Ho oscillato fra queste due possibilità: davo i concorsi e facevo lavori saltuari, ma nel '77 ho preso lezioni di telaio da una brava tessitrice e mi sono comprata un grande telaio a quattro licci che, con sgomento di mia madre, è stato montato nel salotto di casa. Sempre nel '77 ho cominciato a fare borse di cuoio, ho provato a fare batik, e a dipingere su vetro.

Ero inserito alla facoltà di geologia primo anno, avevo cercato un ambito di interesse ma la scuola per me era stata ed era luogo di azione politica e di aggregazione per cui non sono mai riuscito ad entrare dentro allo studio universitario. Ho semifrequentato due o tre mesi, giusto perché stava esplodendo la lotta nelle università ma quando ho incontrato la nascente esperienza del circolo, l'università è sparita dal mio orizzonte.

Lo studio perse la sua importanza. Già avevo scelto biologia nell'ottica del biologo "al servizio delle masse" e avevo vissuto in modo alienato quei quattro anni di corso dove si studiava e basta, al fine di dare gli esami. Quando il movimento entrò dappertutto rompendo con gli schemi, spaccando tutta la vita, mi fu facile abbandonare gli studi. Ci riprovai più volte a rientrare all'università, più per motivi razionali che per vera convinzione, e così i miei studi sono rimasti lì, al marzo '77.

L'ambiente scolastico era molto stimolante, sia per il rapporto con gli altri studenti, sia per il rapporto con alcuni insegnanti. Poi c'erano le assemblee, le manifestazioni, le eterne discussioni su tutti i problemi possibili ed immaginabili. Al contrario, il rapporto col lavoro è stato dall'inizio un rapporto difficile. Sia il lavoro in sé (magazziniere alimentare) sia l'ambiente. Un ambiente chiuso, dove ognuno pensa per sé, dove si aspetta solo l'ora di uscire. L'autonomia economica, che per me era una grande conquista, era pagata a duro prezzo, soprattutto perché mi sembrava di essere entrato in un meccanismo da cui non si poteva più uscire.

Nel '77 ero iscritto a lettere indirizzo storico e frequentare l'università era un'occasione anche per far politica, incontrarsi con i compagni, organizzare seminari autogestiti come quello sul rifiuto del lavoro e sull'Europa dell'Est. Il rapporto con il lavoro era molto contraddittorio. Allora lavoravo in una fabbrica metalmeccanica ed ero delegato sindacale. Vivevo, però, con molta fatica i ritmi che la fabbrica imponeva e il poco tempo a disposizione per dedicarmi a quanto mi interessava, le scarse prospettive per un cambiamento di condizione della vita in fabbrica. Guardavo con attenzione le esperienze sorte per ricercare alternative immediate rispetto al lavoro, orientate verso una politica di riappropriazione del proprio tempo di vita.

 

... ero studente lavoratore. La scelta dell'università era stata dettata da motivi politici: lettere a indirizzo storico era la facoltà con più compagni e dove i piani di studio erano i più liberi... all'università stavo per lo più con i compagni che poi vedevo la sera al circolo e frequentavo i gruppi di studio seminariali, mal sopportavo le lezioni cattedratiche e gli esami individuali nozionistici...