Vi mostro alcune foto di quadri presentati durante delle trasmissioni televisive. I contesti erano molto diversi tra loro. I quadri arredavano lo studio di personaggi intervistati per le loro competenze, che non erano competenze di artisti o critici d'arte, o collezionisti, o galleristi... O genitori di artisti, di critici d'arte, di collezionisti, di galleristi... (erano medici, giudici, presentatori televisivi...). Oppure i quadri erano refurtiva recuperata dalla polizia, e allora erano QUADRI, OPERE D'ARTE, rubati, ricercati, recuperati in virtù del loro valore - culturale e (quindi?) di mercato. In un caso erano riconoscibili come opere d'arte; in un caso non era così (a meno che l'opera in questione non sia particolarmente famosa; e in questo caso non si tratta veramente di un'opera d'arte, è piuttosto un caso di divismo, ad esempio la Gioconda). Quello che mi interessa è capire quando, dentro un sistema di comunicazione di massa, un'opera d'arte diventa riconoscibile in quanto tale, e perché, e come viene usato dal sistema in questione il funzionamento di questi meccanismi di riconoscibilità. I siparietti del "Maurizio Costanzo Show" che presentano Oppi o Cagnaccio di San Pietro ci presentano opere d'arte? E, in che senso? E le riproduzioni che stanno dietro Sgarbi in "Sgarbi quotidiani"? E il Parmigianino che accompagna i proclami delle videocassette inviate da Berlusconi ai tg? Aiutatemi a capire cosa significa tutto ciò. E' possibile che "l'Arte" acquisti un valore provocatorio in tv? Potrebbe l'arte trovare una funzione eversiva nell'etere, dopo che il sistema delle gallerie sembra avergliela negata lasciando che esistesse?

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