POSTFAZIONE
Quando ormai l'inchiesta è
chiusa e questo libro pronto per essere stampato, siamo venuti in possesso,
per una serie di circostanze assolutamente casuali, di nuove notizie. Purtroppo
non siamo in grado di valutare esattamente la loro veridicità in tutti
i particolari, né resta il tempo per farlo. Tuttavia, poichè tali
notizie concordano singolarmente coi risultati della nostra inchiesta, riteniamo
doveroso renderle pubbliche.
Achille Stuani, un ex deputato comunista che oggi si è ritirato
nel suo paese di Caravaggio, in provincia di Bergamo, verso il 20 maggio ha
incontrato a Milano un suo vecchio amico al quale ha confidato di conoscere
la chiave per risolvere il mistero degli attentati del 12 dicembre. Mentre parlava,
Stuani ha lasciato intravedere una cartella di documenti che teneva chiusa in
una borsa. Avvicinato qualche giorno dopo dallo stesso amico, Achille Stuani
è diventato reticente e si è rifiutato di mostrargli i documenti. Ancora più
restio a parlare si è mostrato quando altre persone, abbastanza autorevoli per
poterlo fare, gli hanno chiesto conto delle sue affermazioni. I documenti, ha
detto, non li ho più con me e in ogni caso si trattava di roba di poco conto.
E si è limitato a ripetere il racconto fatto la prima volta a Milano, ma rendendolo
sempre più scarno di particolari.
Achille Stuani dice di avere ricevuto, subito dopo gli attentati,
le confidenze di un suo vecchio amico, l'avvocato Vittorio Ambrosini, fratello
dell'ex presidente della Corte Costituzionale Gaspare Ambrosini. L'avvocato,
che oggi ha 68 anni, durante il regime è stato fascista ma per certe sue intemperanze
era finito al confino dove aveva conosciuto Stuani, militante comunista. Durante
la guerra Vittorio Ambrosini aveva cercato di avvicinare alcuni avvocati antifascisti
di Roma assicurandoli che anche lui la pensava come loro ma era sempre stato
guardato con sospetto. Finita la guerra andava in giro dicendosi comunista ma
poco tempo dopo era tornato a frequentare gli ambienti fascisti della capitale,
cosa che ha continuato a fare sino a oggi. Subito dopo gli attentati l'avvocato
Ambrosini è stato ricoverato in ospedale. sotto choc, dice Stuani. Ne è uscito
due mesi dopo e di nuovo è stato ricoverato perchè rimasto vittima di
un incidente. Da allora non è più uscito dalla clinica. Lo assistono la donna
che convive con lui, signora Teresa, e il nipote di costei, che svolge anche
mansioni di autista. La donna molto sospettosa, si e rifiutata di rivelare dove
è attualmente ricoverato l'avvocato Ambrosini.
Resta, dunque, solo il racconto di Achille Stuani il quale
dice che Ambrosini ha partecipato, la sera di mercoledì 10 dicembre, a una riunione
nella sede romana di Ordine Nuovo dove, presente un deputato del MSI, era stata
presa la decisione di "andare a Milano a buttare per aria tutto". Alla persona
che doveva recarsi a Milano per fare questo o per portare il messaggio, venne
affidato del denaro; tre pacchi di biglietti di grosso taglio più un assegno.
Questa persona era partita la sera stessa con il direttissimo Roma-Milano delle
23,40.
L'avvocato Ambrosini, secondo il racconto di Achille Stuani,
si è reso conto del significato della riunione solo due giorni dopo, quando
seppe della strage. Fu colto da choc e ricoverato. A Stuani ha detto inoltre
che gli organizzatori degli attentati erano le "18 persone del gruppo O.N."
che avevano compiuto un viaggio in Grecia, erano poi riuscite a infiltrarsi
tra i "cinesi" e gli anarchici e, nel circolo 22 Marzo, avevano collocato una
loro spia.
Dalla clinica Ambrosini ha scritto una lettera al ministro degli Interni Restivo,
suo amico personale, per comunicargli di essere in possesso di notizie importanti
circa gli attentati. Qualche giorno dopo ha affidato una seconda lettera a Achille
Stuani che l'ha consegnata al segretario particolare del ministro la mattina
dei 15 gennaio 1970. Ma non risulta che l'avvocato Ambrosini sia mai stato interrogato.
Eppure, vere o immaginarie che siano le sue rivelazioni, varrebbe comunque la
pena di ascoltarlo. Ammesso che si possa arrivare in tempo, considerato il suo
precario stato di salute.