ANALISI DEI DOCUMENTI
Si è ritenuto di
fornire una illustrazione analitica dei documenti in possesso della Commissione
su questa materia, in primo luogo perché questo è argomento assolutamente
centrale per la comprensione del personaggio Gelli e della sua invero resistibile
ascesa e per la spiegazione dell'accumulazione di potere che ha finito per confluire
in capo ad un personaggio che molti affiliati, in sede di audizione, si sono
trovati concordi a definire modesto e di mediocre cultura, non avvertendo forse
come una simile affermazione finisse, in ultima analisi, per tornare a loro
personale disdoro.
Una esposizione sistematica e dettagliata dei documenti si è inoltre
resa necessaria perché essi sono suscettibili di analisi e possono fornire
elementi conoscitivi non solo e non tanto per quello che ci dicono esplicitamente
ma altresì per quanto in essi non viene detto, ovvero per quanto è
implicitamente contenuto: per le omissioni come, se non forse più, per
le azioni informative; poiché questa è, quant'altra mai, materia
nella quale la rappresentazione documentaria e cartolare degli eventi e dei
fenomeni risponde a sue proprie peculiari modalità e prerogative.
Partendo da questo assunto metodologico possiamo in prima approssimazione distinguere
le fonti informative su Licio Gelli in due gruppi: quelle provenienti dai Servizi
di informazione propriamente detti - e quindi nell'ordine SIFAR, SID e infine
SISMI e SISDE e quelle provenienti da organi informativi pubblici di
diversa natura: Guardia di Finanza e Ispettorato generale antiterrorismo.
Dedicando la nostra attenzione al primo gruppo - premessa la considerazione
che il materiale pervenuto alla Commissione offre garanzia di riflettere con
genuinità quanto esistente sul conto di Gelli negli archivi dei Servizi,
essendo l'invio stato operato sotto la nuova gestione immune da influenze piduiste
- conviene innanzitutto farne un rilievo in termini quantitativi constatando
come da esso risulti una consistente attività informativa dedicata al
personaggio sino al 1950, alla quale si contrappone una carenza di produzione
documentale nella fase successiva, tale da consentire di affermare tranquillamente
che dopo il 1950 il fascicolo Gelli diventa praticamente inesistente, salvo
poche eccezioni.
La cesura tra questi due così diversi atteggiamenti dei Servizi nei confronti
di Licio Gelli è segnata dall'informativa COMINFORM che cade per l'appunto
nel 1950 e che segna praticamente l'inizio della fine, si consenta il bisticcio,
del fascicolo Gelli, dato questo che non può che colpire l'attenzione
dell'osservatore in quanto non solo l'informativa costituisce il documento di
gran lunga più esauriente sul personaggio, acquisito agli archivi del
Servizio, ma perché proprio in ragione della gravità delle informazioni
e valutazioni in essa contenute, lungi dal segnare la cessazione delle segnalazioni
e delle note dedicate all'interessato, avrebbe dovuto inaugurare, a rigor di
logica, una stagione di più ampia documentazione.
Rileviamo quindi una prima contraddizione, che caratterizza l'atteggiamento
dei Servizi nei confronti di Licio Gelli, che possiamo indicare nella circostanza
che essi cessano praticamente di occuparsi di lui proprio quando dovrebbero
iniziare, avendolo schedato negli archivi quale "pericolosissimo"
elemento sovversivo, probabile agente dei paesi dell'Est. E questa una
contraddizione che nasce dall'interno stesso della documentazione fornita dai
Servizi, alla quale corrisponde la contraddizione rilevabile altresì
da un approccio esterno al problema, prescindendo cioè dal fascicolo
in esame, quando si rilevi che la mancata attività informativa sul Gelli
da parte dei Servizi contrasta altresì con il peso che il personaggio
viene via via acquistando, nel frattempo, sino a giungere a livello di pubblica
notorietà, per argomenti e motivi tali da non poter non interessare un
apparato informativo primariamente indirizzato, per ragioni di istituto, alla
tutela della sicurezza dello Stato. La contraddittorietà di questo atteggiamento
viene denunciata in fatto dalla circostanza che altri organismi informativi
quali la Guardia di Finanza e l'Ispettorato per l'antiterrorismo, palesemente
non collegati con i Servizi di informazione, pervengono autonomamente a valutare,
nel 1974, il Gelli elemento degno di essere preso sotto osservazione per le
sue molteplici attività - prima fra tutte, quella di possibile contatto
con ambienti eversivi di destra - sul rilievo delle quali attorno al 1974-1975
ormai anche la stampa è in grado di fornire notizie e valutazioni.
La giustapposizione, sempre in soli termini quantitativi, tra l'assenza di produzione
di documenti da parte dei Servizi segreti e l'attività investigativa
degli altri organismi informativi ci fornisce quindi un secondo punto di riferimento
degno di attenta considerazione.
Passando adesso ad una analisi che, abbandonando l'approccio quantitativo, entri
nel merito dei documenti al nostro studio, estremamente significativo è
il confronto tra la nota dei Servizi del 1977 e la relazione Santovito del 1978
da un canto e le informative Santillo, in particolare quella del 1976, dall'altro.
Si impone infatti all'attenzione come dato di tutta evidenza come i primi due
documenti - che nascono per impulso esterno, la richiesta cioè del Ministero
della difesa - sottovalutino, minimizzandola (nota del 1977), la Loggia P2 per
incentrare l'analisi sulla massoneria in generale, secondo un'ottica che consente
di sviluppare su tale generico argomento un ampio discorso a metà tra
l'analisi sociologica e l'interpretazione politica; ci troviamo insomma di fronte
ad un documento invero singolare quando si consideri che, per la sua provenienza
da un servizio informativo, ci si dovrebbero in esso attendere informazioni
(che mancano) piuttosto che valutazioni (che abbondano), proprie come tali più
dell'autorità politica ricevente che dell'organo tecnico mittente.
Ben altro discorso invece per le note dell'Ispettorato antiterrorismo; il questore
Santillo - confermando le doti di investigatore che tutti gli riconoscevano,
ma che non gli valsero la nomina al SISDE, naturale successore dell'IGAT, alla
cui guida fu preferito il generale Grassini, iscritto alla Loggia P2 - centrando
il cuore del problema fornisce una serie di documenti che, in luogo di fumose
considerazioni sulla massoneria rilevabili anche da pubblicazioni in commercio,
danno precise informazioni su Licio Gelli e sulla Loggia Propaganda 2.
Colpisce in particolare la nota del 1976 (ultima della serie) nella quale è
dato riscontrare, accanto ad inesattezze anche vistose sulla massoneria (si
confonde l'Ordine con il Rito scozzese), notizie precise e dettagliate sulla
Loggia P2, che segnano una mirata attenzione investigativa in netto e stridente
contrasto con la invero singolare disattenzione dei Servizi nei confronti di
Licio Gelli e della sua organizzazione.
Riepilogando le argomentazioni svolte, possiamo quindi affermare come dato di
tutta evidenza l'esistenza di una sorta di cordone sanitario informativo posto
dai Servizi a tutela ed a salvaguardia del Gelli e di quanto lo riguarda secondo
una linea non smentita di continuità, che non interessa soltanto il periodo
dell'apogeo della carriera gelliana - epoca nella quale sarebbe spiegabile facendo
ricorso all'argomento dell'influenza da lui acquisita nel Servizio e fuori di
esso - ma che rimonta al 1950, quando il Gelli è personaggio di ben minore
caratura, tale comunque da non potergli certamente addebitare azioni di pressione
deviante sui Servizi. Una continuità di atteggiamento dunque che accompagna
il Gelli durante lo sviluppo della sua carriera, senza apprezzabili scarti che
ne contrassegnino i progressi invero sorprendenti.
Tra le varie spiegazioni possibili di tale costante atteggiamento scartata quella
della Inefficienza dei Servizi perché palesemente non proponibile - non
rimane altra conclusione che quella di riconoscere che il Gelli è egli
stesso persona di appartenenza ai Servizi, poiché solo ricorrendo a tale
ipotesi trova logica spiegazione la copertura di questi assicurata al Gelli
in modo sia passivo, non assumendo informazioni sull'individuo, sia attivo,
non fornendone all'autorità politica che ne fa richiesta.
L'assunto al quale si è pervenuti fornisce spiegazione ad alcuni dei
problemi in esame, ma non ancora alla natura dell'informativa COMINFORM, inserita
nel fascicolo Gelli nel 1950. La presenza di questo singolare documento mentre
infatti ci fornisce una indicazione orientata in una direzione - marcando vistosamente
la successiva carenza di attività informativa, secondo la contraddizione
dianzi sottolineata - per altro verso sembra porsi in contrasto con la stessa
conclusione alla quale essa pur avvia, poiché fornisce comunque un segno
di attenzione investigativa da parte dei Servizi nei confronti del Gelli ed
è da essi inserita nel suo fascicolo. D'altro canto non è difficile
riconoscere che il documento per la quantità e la qualità delle
notizie raccolte non può non suscitare l'interesse anche polemico di
chi si accinga allo studio del fenomeno Gelli. Non è mancato ad esempio
nella Commissione chi, riportandosi all'informativa, ha elaborato una chiave
di lettura del personaggio Gelli in termini antitetici a quelli della pubblicistica
corrente: non si può infatti non riconoscere che le notizie sul Gelli
fornite dal redattore del documento sono in stridente contrasto con il passato
dell'uomo come con le successive, dichiarate e mai smentite professioni di fede
anticomunista.
Per una soluzione del problema è necessario, anche in tal caso, fissare
quali siano i punti di sicuro affidamento: a tal fine dobbiamo rilevare che
dato certo e non controvertibile è che il Gelli, sul finire della seconda
guerra mondiale, non si peritò di stabilire contatti di collaborazione
e di intesa con la parte che si andava delineando come inevitabilmente vincitrice.
Mentre ancora indossava la divisa tedesca, o meglio proprio valendosi di essa,
Licio Gelli si metteva a disposizione del CLN ed in particolare della componente
comunista di esso, conducendo una difficile partita in costante equivoco equilibrio
tra le due parti che ci consente di valutare appieno la sottigliezza del personaggio
e che ci offre il dato di inequivocabile certezza che Licio Gelli operò
in modo tale da contrarre presso i comunisti pistoiesi un credito di sicura
portata e di non piccolo momento, se ancora nel 1976 Italo Carobbi, richiestone,
si riteneva in dovere di rinnovare lattestato di benemerenza partigiana.
La posizione di questo dato ci consente di affermare con buona certezza che
alla base dell'ínformativa risiede un nucleo di verità non controvertibile;
in altri termini l'informativa, riportata al momento nel quale fu redatta, è
indubbiamente un documento attendibile.
Il Gelli, infatti, negli anni politicamente turbinosi del dopoguerra, proseguì
nella sua attività di doppio gioco che gli consentiva di mantenere i
piedi in due o più staffe in attesa che si delineasse la soluzione vincente;
fu probabilmente dopo le elezioni del 1948 che egli comprese come fosse intervenuto
il momento di una scelta di campo, se non definitiva, per lo meno meno equivoca.
L'informativa, fermando sulla carta una volta per tutte la sua attività
di collaboratore con la parte perdente avversaria e non segnando per converso
alcuna conseguente attività da parte di chi è in possesso di tale
conoscenza, denuncia al di là di ogni equivocabile dubbio il momento
nel quale il Gelli entra nell'orbita dei Servizi segreti italiani. L'informativa
come tale poteva infatti avere, secondo logica, due esiti soltanto: o accertamenti
che ne dimostrassero l'infondatezza, con la conseguente chiusura del fascicolo,
o riscontri sulla sua attendibilità con i relativi esiti di giustizia
per una spia al servizio di un paese straniero. Vediamo invece che da essa scaturisce
una terza, inaspettata soluzione, essa viene cioè semplicemente accantonata,
il che, nel caso di specie, vuol dire tesaurizzata perché l'organo che
ne è in possesso ha deciso di gestire in proprio il personaggio.
Seguendo tale assunto vengono infatti a dipanarsi anche le residue contraddizioni
che dianzi sottolineavamo, poiché si perviene ad una linea ricostruttiva
che consente di dare logica spiegazione a tutti gli aspetti dei problema riconducendo
ad una visione unitaria dati e documenti che sembrano porsi in contrasto reciproco.
Appare infatti chiaro perché l'informativa, pur vera nella sostanza,
non ha alcun esito: i Servizi segreti al momento dell'acquisizione del Gelli,
ben conoscendo l'individuo, accludono agli atti un documento che rappresenta
per loro una sorta di polizza di assicurazione per il futuro; (lo inchiodano
in altri termini in una posizione che, per la sua radicale opposizione al ruolo
che gli viene assegnato in pubblico, costituisce l'unica efficace garanzia di
controllo di un personaggio la cui abilità essi sono i primi a valutare
adeguatamente, ed i cui precedenti non rassicurano sulla fedeltà alle
scelte di campo adottate.
Quello che accade nel 1950 è dunque la scissione dei due aspetti del
personaggio Gelli: il Gelli nero, di solidi trascorsi fascisti, rimane quello
pubblicamente noto e, a quei trascorsi viene riallacciata senza soluzione di
continuità l'iconografia ufficiale del personaggio; da questa, viene
estratto il secondo volto del Gelli, il Gelli rosso, fermato in un documento
custodito negli archivi, e
di esso viene fatta sparire accuratamente ogni traccia. Il collegamento tra
i due è patrimonio conoscitivo detenuto da chi è in possesso dell'informativa
ed assicura il controllo del personaggio.
La soluzione prospettata è l'unica tra quelle in astratto ipotizzabili
che fornisca adeguata spiegazione alle contraddizioni che abbiamo messo in evidenza
nel corso dell'analisi sui documenti sinora condotta. Secondo la linea interpretativa
proposta appare chiaro perché i Servizi organizzino quello che abbiamo
definito un cordone sanitario informativo attorno alla figura di Licio Gelli
ed al contempo trova adeguata spiegazione la presenza di un documento, in questo
contesto, quale l'informativa: un documento che ad un primo livello di analisi
sembra al tempo stesso denunciare e smentire l'inerzia del Servizio nei confronti
di Gelli. Per superare tale
ambivalenza è necessario infatti porsi in un'ottica che centri l'attenzione,
prima ancora che sul suo oggetto, al quale essa capziosamente ci avvia, sulla
sua funzione; un'ottica che non si lasci fuorviare, privilegiando quanto nell'informativa
viene detto in termini espliciti, per tralasciare così quanto essa implicitamente
rappresenta per la sua presenza nel fascicolo di Licio Gelli.
Diversamente operando si finisce inevitabilmente sul terreno della polemica,
di evidente significato politico immediato, se Gelli sia o meno attribuibile
a Servizi segreti di paesi dell'Est - tema questo da non considerare certamente
risolto - per ignorare che prima ancora Gelli è comunque sotto il controllo
diretto dei Servizi che dovrebbero operare tale verifica.
Nell'ambito di queste argomentazioni viene allora a chiarirsi secondo una luce
significativa il disguido che interviene tra periferia e vertice dei Servizi
quando il comandante di un centro ebbe a vedersi minacciato l'esonero dal servizio
per le incaute iniziative prese sul Gelli, che ormai - d'altronde siamo negli
anni settanta - è personaggio di ben altra levatura rispetto agli esordi.
L'ignoranza della sede periferica sulla qualità di Gelli come elemento
del Servizio dimostra che la sua posizione, e la pratica relativa, non è
mai stata quella di un qualsiasi agente ma quella di persona che sin dall'ingresso
nell'orbita del Servizio ha interessato il vertice della gerarchia, per la qualità
delle operazioni alle quali applicarlo.
Per usare le parole della reprimenda del capo del reparto D al comandante del
centro periferico, il Gelli era insomma "persona influente e utile al Servizio".
Viene da ultimo a trovare spiegazione, secondo l'analisi proposta, la difformità
di atteggiamento che contrassegna l'attività investigativa della Guardia
di Finanza e dell'ispettore Santillo da un canto e quella dei Servizi, sottolineata
in precedenza; ed è a tal fine facile adesso osservare come il risveglio
di interesse nei confronti di Licio Gelli cada nello stesso torno di tempo,
il 1974, sia al di fuori che all'interno di alcuni ambienti dei Servizi, e come
in entrambi i casi scatti il meccanismo di copertura e di disinformazione posto
a protezione del Gelli; così pure è palese la diversità
di posizione di Gelli davanti a questi e a quelli, dato che verso Santillo e
la Guardia di Finanza egli può attuare, in presenza di iniziative investigative
a lui sgradite, interventi repressivi dall'esterno
(l'insabbiamento avocazione dei rapporti e la punizione dei loro autori) propri
di chi controlla quegli apparati senza esserne condizionato, mentre rispetto
ai Servizi nei quali in qualche modo è incardinato non vi è necessità
di pervenire ad analoghi risultati di censura e persecuzione.
Abbiamo visto il destino riservato agli ufficiali della Finanza che intrapresero
indagini su Gelli; quanto all'ispettore Santillo, che non poteva essere liquidato
con una reprimenda in via gerarchica come il comandante capocentro dei Servizi
sopra ricordato, suscita a questo punto più di un motivo di seria riflessione
la sua mancata ascesa alla guida del SISDE, cui si accennava innanzi.
Vediamo adesso di sottoporre la tesi esposta a verifica, muovendo alla ricerca
di ulteriori elementi in un contesto di documentazione che non può dirsi
abbondante, come del resto è logico attendersi in, materia così
riservata.
Dopo le considerazioni svolte sulla protezione accordata a Gelli dai Servizi
non può non destare meraviglia che questo comportamento venga rovesciato
radicalmente quando non solo il silenzio su Gelli viene rotto ma addirittura
l'informativa COMINFORM finisce in mano al giornalista Pecorelli che, data la
sua professione, inizia a fame un sapiente uso con il dosaggio delle notizie
in essa contenute; dosaggio parziale che non viene portato a compimento perché
il Pecorelli viene, come noto, assassinato pochi giorni prima della preannunciata
pubblicazione integrale del contenuto del documento. Documento che invero non
poteva non avere effetti devastanti per il capo riconosciuto di una organizzazione
a carattere segreto con accentuata colorazione politica anticomunista, perché
essa in sostanza conteneva due informazioni che certo non avrebbero fatto piacere
ai sodali di un capo che si veniva a sapere era
E certo che il giornalista
Pecorelli aveva accumulato nel corso della sua carriera più di un motivo
per temere della propria incolumità, ma questa è valutazione che
spetta comunque al magistrato responsabile dell'inchiesta ancora in corso. Quanto
compete alla Commissione osservare è che l'informativa COMINFORM appare
presente in questa situazione con connotati tali che non consentono di svilirne
oltre un certo limite il contenuto. Il punto centrale è infatti non tanto
quello di stabilire se essa si ponga in rapporto di causa ed effetto con la
morte del divulgatore finale del documento, quanto piuttosto - e soprattutto
- quello di sottolineare che di essa viene fatto concretamente uso. Noti infatti
come sono i legami tra l'agenzia OP ed ambienti dei Servizi segreti che il Pecorelli
stesso denunciava, dichiarando nei Servizi la fonte del documento - al fine
di suffragarne lautenticità, attesa l'importanza dell'argomento
- il suo apparire tra le carte del Pecorelli denuncia in primo luogo come nella
carriera di Licio Gelli sia intervenuto
un momento nel quale l'informativa viene in fatto utilizzata, viene cioè
chiamata ad adempiere alla funzione per la quale era stata inserita nel fascicolo
che i Servizi avevano sull'uomo e che noi abbiamo definito come quella di una
polizza di assicurazione.
La vicenda Pecorelli, quale che sia l'esito istruttorio che essa avrà,
ha, ai nostri fini, il valore di riconfermare l'informativa nella sua funzione,
sulla quale si era in precedenza insistito in via di ipotesi; ma se questo è
vero è allora giocoforza ammettere che essa viene confermata altresì
nel suo contenuto, nella sua attendibilità, poiché è di
palese evidenza che la funzione non avrebbe potuto
essere adempiuta al momento dell'utilizzo se il contenuto fosse stato destituito
di ogni fondamento. Ed è altresì provato che chi aveva conservato
per quasi trenta anni l'informativa negli archivi poteva gestire il documento,
poiché essa era lo strumento attraverso il quale gestire la persona,
come durante quei trenta anni era accaduto.
Si vuole infine ricordare, nel quadro di riferimento che siamo venuti tracciando,
un altro episodio che sembra inquadrarsi in modo univoco nell'esposizione sinora
condotta. Citiamo, in proposito la risposta che il direttore del SID, ammiraglio
Casardi, firmò in data 4 luglio 1977, rispondendo ai giudici di Bologna
che indagavano sulla strage dell'Italicus. Essa va trascritta per esteso: "Il
SID non dispone di notizie particolari sulla loggia P2 di Palazzo Giustiniani...
non si dispone di notizie sul conto di Licio Gelli per quanto concerne la sua
appartenenza alla Loggia P2 oltre quanto diffusamente riportato dalla stampa".
Non può non risaltare agli occhi, se non altro per questioni di stile,
l'incredibile rinvio che un capo dei Servizi segreti fa alle notizie apparse
sulla stampa, alla quale egli non ha vergogna di riportare il proprio patrimonio
di conoscenze. Per valutare del resto il tasso di segretezza di queste notizie
si pensi che siamo, a parte ogni considerazione, a due anni di distanza dalla
delibera di demolizione
della Loggia P2, decisa dalla Gran Loggia di Napoli, quando i Maestri Venerabili
delle logge di Palazzo Giustiniani avevano ritenuto Licio Gelli e la sua loggia
un peso troppo compromettente per la comunione. Come già detto, l'ipotesi
della inefficienza sarebbe troppo macroscopica per venire nemmeno presa in considerazione.
Ma il vero punto di interesse è che nel rispondere in tal modo il direttore
dei Servizi negava al giudice inquirente la conoscenza delle notizie contenute
nell'informativa, che, come sappiamo, era agli atti. Ciò avveniva non
solo e non tanto per proteggere il Gelli, ma per la più sottile ragione
che il patrimonio di conoscenze contenuto dal documento veniva considerato dai
Servizi come lo strumento in loro mano per controllare l'individuo: in quanto
tale essi non potevano che essere gli unici arbitri sul come e sul quando farne
uso, cosa che, per l'appunto, si sarebbe verificata dopo poco più di
un anno.
I riscontri forniti e la linea di argomentazione che su di essi abbiamo incentrato,
testimoniano in modo chiaro l'esistenza di una barriera protettiva posta dei
Servizi a tutela di Gelli e della loggia P2 che scatta puntuale di fronte a
qualsiasi autorità politica e giudiziaria, che chieda, nell'esercizio
delle sue funzioni, ragguagli e delucidazioni su questi argomenti. Abbiamo individuato
la ragione profonda di questo comportamento nell'appartenenza di Licio Gelli
all'ambiente dei Servizi segreti, ed abbiamo datato questa milizia al 1950,
anno di compilazione dell'informativa COMINFORM. Le conseguenze di tale affermazione
sono che la ragione vera dei cordone sanitario informativo va cercata non nel
presunto controllo che Gelli eserciterebbe nei Servizi segreti, ma nell'opposta
ragione del controllo che essi hanno del personaggio.
Le conclusioni che abbiamo esposto sono di tenore tale che l'estensore di queste
note avverte per primo l'esigenza di procedere con la massima cautela possibile
in questa materia, per la quale peraltro, si deve riconosce, è del tutto
illusorio sperare di raggiungere dimostrazioni che poggino su prove inconfutabili.
Si è così argomentato sulla base dei documenti proponendo una
linea interpretativa che si riconduca a logica e coerenza, pronti a verificare
tale assunto con altre possibili ricostruzioni posto che, secondo l'assunto
metodologico seguito, consentano di fornire altra spiegazione coerente ed unitaria
dei fenomeni.
La soluzione proposta ci consente di risalire un anello della catena, rispondendo
ad una serie di quesiti, per aprirne nel contempo altri di forse maggiore portata.
Affermare che Licio Gelli è uomo dei Servizi segreti sin dagli esordi
della sua carriera significa chiederci se questa sua situazione sia rapportabile
all'organizzazione in quanto tale o a suoi settori, perché è certo
che in questi ambienti l'apparato ha una sua variegata realtà interna
che l'apparenza monolitica rilevabile dall'esterno non farebbe sospettare. Significa
altresì chiedersi se ed in qual modo il personaggio Gelli si muova nel
contesto dei rapporti internazionali che i Servizi segreti intrecciano, secondo
una logica naturale, nell'ambito di alleanze omogenee se non anche, sostengono
alcuni, talora in via trasversale rispetto agli stessi contesti politici di
appartenenza.
Vogliamo qui dire che l'ambiguità dell'operazione gelliana non può
dirsi risolta dal dato conclusivo al quale si è pervenuti, il quale,
ponendo la figura di Gelli sotto nuova luce, nel contempo ne arricchisse il
chiaroscuro, aprendo interrogativi ai quali non si ritiene si possa dare risposta
in senso univoco, per lo meno allo stato degli atti. Poiché è
evidente che il cordone sanitario informativo di cui si è discusso opera
adesso in nostro danno e non ci consente di acclarare a quali ultimi mandanti,
e di quale parte, si possa risalire.
Quello che con tutta onestà si può dire è che in materia
di così difficile trattazione e di fronte ad un personaggio di così
sfuggente profilo ogni ipotesi è in astratto formulabile e nessuna conclusione
può palesemente dichiararsi assurda. Questo è anche quanto può
essere affermato, sulla scorta degli atti in nostro possesso, sulla vexata quaestio
della veridicità o meno delle notizie che l'informativa COMINFORM ci
consegna su Licio Gelli, anche per il periodo successivo alla sua redazione,
pur se tale problema va adesso studiato nel quadro delle gravi conclusioni alle
quali siamo pervenuti.