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LA FUGA DELL'AVV. GABRIELE FORZIATI DA TRIESTE E IL SUO "SOGGIORNO" NELL'APPARTAMENTO DI MARCELLO SOFFIATI IN VIA STELLA A VERONA
Quale diretta conseguenza dell'attentato alla Scuola Slovena di Trieste, si innesta la vicenda della fuga da tale città, all'inizio del 1972, dell'avvocato Gabriele FORZIATI, già reggente della cellula triestina di Ordine Nuovo e comunque contrario e personalmente estraneo ad azioni criminose.
Come già si è accennato all'inizio di questo paragrafo, l'avvocato FORZIATI, depositario dell'incauta rivelazione fatta da PORTOLAN in merito alla responsabilità di ZORZI e SICILIANO per l'attentato, era stato fatto allontanare con l'inganno dalla sua città da altri militanti, in particolare Francesco NEAMI e Claudio BRESSAN i quali avevano agitato dinanzi a lui la notizia, falsa, di un suo imminente arresto da parte dei Giudici di Treviso per il reato di ricostituzione del disciolto partito fascista.
In tal modo si intendeva comunque sottrarre l'avvocato FORZIATI a probabili convocazioni da parte dell'Autorità Giudiziaria dinanzi alla quale egli, in ragione dei contrasti politici e personali che lo stavano in parte contrapponendo agli altri ordinovisti triestini, avrebbe probabilmente riferito quanto confidatogli da PORTOLAN.
Mentre già erano note le fasi iniziali e conclusive della sua fuga, terminata nel gennaio 1973 e a cui fece seguito la testimonianza dinanzi al G.I. dr. D'Ambrosio esattamente nei termini che i camerati avevano paventato, era rimasta alquanto nebulosa la fase intermedia dei suoi spostamenti.
Infatti, come testimoniato dallo stesso Gabriele FORZIATI e come sostanzialmente ammesso da Claudio BRESSAN anche nella presente istruttoria (dep. BRESSAN a personale del ROS Carabinieri Reparto Eversione, 15.2.1996), l'avvocato triestino era stato avviato prima a Venezia, dove era rimasto qualche giorno, sistemato poi per circa due settimane, prima nell'abitazione del padre di Marcello SOFFIATI a Colognola ai Colli e poi nell'appartamento di questi a Verona, e infine accompagnato dallo stesso Marcello SOFFIATI in Spagna.
Se il soggiorno a Venezia era già chiaro nei suoi contorni sin dalle prime indagini (FORZIATI, tramite l'immancabile MAGGI, era stato ospitato da un altro militante, Giangastone ROMANI, che gestiva un albergo al Lido), non erano state invece messe a fuoco le modalità e il significato della permanenza a Verona: cioè chi lo avesse inviato in tale città, che ruolo nella struttura di Ordine Nuovo avesse l'appartamento di SOFFIATI in Via Stella, chi in tale appartamento avesse "custodito" con modi più o meno bruschi lo spaventato triestino.
A tali domande hanno dato una risposta, nel corso di questa istruttoria, quasi contemporaneamente e pressoché negli stessi termini, Carlo DIGILIO e lo stesso avvocato FORZIATI e gli elementi che si rilevano da tali racconti sono di importanza tutt'altro che trascurabile al fine di ricollegare ruoli e avvenimenti nella storia complessiva della struttura occulta e di coloro che lo "sorvegliavano".
E' infatti emerso che l'avvocato FORZIATI era stato accompagnato a Colognola ai Colli, presso l'abitazione del padre di Marcello SOFFIATI, personalmente dal dr. MAGGI e che, dopo una breve permanenza a Colognola, era stato custodito nell'appartamento di Via Stella a Verona non solo da SOFFIATI, ma anche da DIGILIO e da alcuni triestini sotto il controllo ancora del dr. MAGGI e la "supervisione" di Sergio MINETTO.
Con riferimento alla presenza di quest'ultimo, infatti, Carlo DIGILIO ha raccontato che l'appartamento di Via Stella non era un punto d'appoggio qualunque, ma al suo interno o nelle sue immediate vicinanze Sergio MINETTO si incontrava con SOFFIATI e lo stesso DIGILIO per riunioni riservate durante le quali i due subordinati gli riferivano le informazioni che egli doveva poi passare ai suoi superiori statunitensi (interr. DIGILIO 12.11.1994 f.4, 19.4.1996 f.3).
La presenza di MINETTO in Via Stella durante la permanenza dell'avvocato FORZIATI era quindi collegata all'acquisizione di notizie e al controllo da parte della struttura informativa anche di tale spezzone della vicenda iniziata con gli attentati dell'estate e dell'ottobre 1969.
Ecco, sul "prelevamento" di FORZIATI, il racconto di Carlo DIGILIO, che nello stesso appartamento sarebbe stato ospitato anche all'inizio della sua latitanza nell'estate del 1982:
"....FORZIATI
era una persona di Trieste, laureato in giurisprudenza, un po' curvo, mingherlino
e malfermo in salute che fu oggetto del seguente episodio.
Vi era il timore che egli riferisse all'Autorità Giudiziaria quello che egli
sapeva sulla struttura in quanto era di Ordine Nuovo e, su ordine di MAGGI,
fu quindi prelevato a Trieste e portato a Colognola ai Colli a casa di Bruno
SOFFIATI per circa un mese e in seguito per un altro mese nell'appartamento
di Marcello SOFFIATI a Verona, in Via Stella.
FORZIATI era trattato molto bene, quasi come un ospite, ma comunque il fine
era di controllarlo e convincerlo a non parlare.
In Via Stella lo controllavano lo stesso Marcello SOFFIATI, Francesco NEAMI,
quello di Trieste con i capelli rossicci, ed un altro triestino di cui non so
il nome e che venne per qualche giorno.
Sergio MINETTO seppe di quello che stava accadendo da Marcello SOFFIATI e mi
incaricò di andare a controllare la situazione facendo in modo comunque che
a FORZIATI non succedesse nulla di male.
Io mi recai varie volte in Via Stella e tranquillizzai il FORZIATI che era una
persona mite, colta e di carattere gentile.
In Via Stella venne qualche volta anche il dr. MAGGI, ma io non sentii i discorsi
che faceva con FORZIATI.
Alla fine FORZIATI fu autorizzato a tornare a Trieste.
Mi sono anche ricordato che quando io stesso fui ospite in Via Stella durante
la mia latitanza, Marcello SOFFIATI, prima di sistemarmi lì, aveva chiesto consiglio
a SPIAZZI che aveva risposto: Possiamo metterlo dove avevamo tenuto il "barone",
riferendosi certamente a FORZIATI che vantava, appunto, titoli nobiliari. Quindi
capii che il colonnello SPIAZZI era al corrente di quanto era avvenuto a FORZIATI.
Inoltre mi dispiacque che un nobile come SPIAZZI, che teneva in casa la bandiera
sabauda, non avesse avuto rispetto di un altro nobile.
A D.R.: Certamente FORZIATI poteva dire delle cose in particolare sul gruppo
triestino che era molto duro e facinoroso...." (DIGILIO 31.1.1996 ff.1
e 2).
Quindi non solo il dr. MAGGI e i due triestini (il secondo dei quali identificato in Claudio FERRARO: int. DIGILIO 4.10.1996 f.3), ma anche Sergio MINETTO e il col. Amos SPIAZZI, elemento di raccordo a Verona fra la struttura ordinovista e i militari, seguivano con attenzione e con comprensibile preoccupazione l'andamento della vicenda dell'avvocato FORZIATI o comunque ne erano al corrente.
Sulle motivazioni, non certo umanitarie, per le quali il dr. MAGGI seguiva così da vicino il comportamento dell'avvocato FORZIATI quando si trovava a Verona, Carlo DIGILIO è stato assai esplicito in un successivo interrogatorio:
"....Prendo
atto che Gabriele FORZIATI, nel corso di una recente testimonianza, ha dichiarato
che durante la sua permanenza in Via Stella erano state adottate cautele finalizzate
ad evitare che si vedesse chi c'era nell'appartamento, in particolare applicando
della carta di colore blu ai vetri.
Non ricordo questo particolare, ma ricordo che effettivamente per garantire
la sicurezza di chi si trovava all'interno venivano utilizzati, durante la presenza
prima dell'avv. Forziati e poi di Bertoli, doppi battenti in legno, sia esterni
che interni, che venivano tenuti il più possibile chiusi.
C'era anche una tenda, che ricordo blu, che copriva interamente la finestra
della camera da letto che guardava sulla tromba delle scale.
In proposito ricordo anche che era quasi sempre NEAMI ad occuparsi di questi
aspetti pratici, operativi e di sicurezza; era cioè lui che apriva e chiudeva
le finestre, apriva la porta e così via.
Una volta, durante la permanenza di FORZIATI, vedendo il comportamento duro
di NEAMI nei suoi confronti, io lo invitai a mitigarlo un po' facendo presente
che l'avv. FORZIATI sembrava innocuo e proprio una brava persona.
NEAMI mi rispose che si comportava così perché il dr. MAGGI gli
aveva detto che FORZIATI era a conoscenza di cose gravi relative all'attività
del gruppo e se fosse andato dai giudici a testimoniare vi era il rischio che
andassimo tutti in galera.
Furono proprio queste le testuali parole di NEAMI.
Poiché l'Ufficio mi chiede se io abbia visto armi o materiale esplosivo
in Via Stella in quel periodo, rispondo di no anche perchè tenere materiale
simile durante la permanenza di persone come l'avv. Forziati o Bertoli sarebbe
stato contrario ed elementari regole di sicurezza.
Ricordo tuttavia, in relazione alla dotazione di cui certamente MARCELLO disponeva,
un incontro che avvenne in fondo a Via Stella nella piazzetta prima di Piazza
Bra fra SOFFIATI e il colonnello SPIAZZI, direi 4 o 5 mesi prima dell'arrivo
di FORZIATI a Verona.
Io ero appena uscito dall'appartamento e mi trovavo nei pressi del tabaccaio,
al crocevia, quando vidi SOFFIATI e SPIAZZI che stavano finendo di parlare nella
piazzetta e si stavano salutando. Si allontanarono frettolosamente.
SOFFIATI poi mi raggiunse e io gli chiesi di cosa stesse parlando con il colonnello
in un modo che mi era apparso concitato e lui rispose che SPIAZZI gli aveva
detto di stare molto attento a tenere armi in casa in quanto vi era il pericolo
che la Questura, in caso di rinvenimento anche di una sola arma, potesse estendere
le indagini e far venire alla luce la struttura della V Legione dei NUCLEI di
cui SPIAZZI era responsabile.
SOFFIATI mi disse che aveva rassicurato in tal senso il colonnello e che avrebbe
riportato tale segnalazione anche ad altri aderenti...." (DIGILIO
2.12.1996 f.2).
L'avvocato Gabriele FORZIATI, sentito nuovamente sulla vicenda che l'aveva visto più vittima che protagonista, focalizzando meglio i propri ricordi o forse sciogliendo qualche riserva e titubanza in merito ad una vicenda comunque per lui assai traumatica, ha dichiarato di aver visto nell'appartamento (ove i movimenti delle persone erano pressoché clandestini e le tapparelle venivano tenute abbassate) non solo Marcello SOFFIATI, ma anche Carlo DIGILIO e Francesco NEAMI e, nei pressi dell'appartamento, il dr. MAGGI (dep. FORZIATI 6.2.1996 e 27.11.1996 a questo Ufficio).
Non ha ricordato la figura di Sergio MINETTO, il quale peraltro ha con ogni probabilità avuto l'accortezza di non farsi notare da FORZIATI durante la permanenza di questi a Verona.
Comunque anche in questo caso l'indicazione fornita da Carlo DIGILIO non è rimasta isolata poiché ad essa si è aggiunta la testimonianza di Dario PERSIC, un frequentatore della trattoria di Colognola ai Colli, molto legato a Marcello SOFFIATI e coinvolto con un ruolo più marginale nell'attività del gruppo.
Questi ha infatti dichiarato, nell'ambito di un'articolata e sincera testimonianza che ha consentito di confermare numerosissimi particolari riferiti da Carlo DIGILIO, che Sergio MINETTO era perfettamente al corrente della permanenza dell'avvocato triestino (soprannominato "lo scheletro" per il suo aspetto fisico) prima a Colognola ai Colli e poi in Via Stella, in quanto lo stesso PERSIC aveva assistito ad un colloquio fra MINETTO e Bruno SOFFIATI, padre di Marcello, in merito alla necessità di trasferire l'avvocato, certamente anche in ragione delle sue precarie condizioni di salute, dalla rustica abitazione di Colognola all'appartamento di Via Stella (deposiz. PERSIC a personale del ROS Carabinieri Reparto Eversione, 8.2.1995 f.3 e 9.2.1995 f.3).
A titolo di completamento degli avvenimenti riguardanti l'attentato di Trieste e il ruolo dell'avvocato FORZIATI, deve ricordarsi che Martino SICILIANO ha riferito di avere appreso che Delfo ZORZI e i camerati triestini avevano progettato un'azione di duro pestaggio nei confronti dell'avvocato FORZIATI per punirlo del suo "tradimento" costituito dalle dichiarazioni in danno di ZORZI e dello stesso SICILIANO rese al dr. D'Ambrosio (interr. SICILIANO 15.3.1995 f.9).
L'azione di pestaggio contro l'avvocato FORZIATI era poi effettivamente avvenuta nell'aprile 1973, materialmente ad opera, con ogni probabilità, degli stessi triestini (deposiz. FORZIATI 25.2.1992 f.2 e 20.4.1995 f.5).
Il soggiorno forzato dell'avvocato triestino a Verona ha contribuito a mettere a fuoco l'importanza ricoperta dall'appartamento di Via Stella, per molti anni, probabilmente dopo l'abbandono del casolare di Paese, vera e propria base operativa del gruppo, nelle vicende che ne hanno contrassegnato l'attività eversiva.
In Via Stella infatti, o nelle immediate vicinanze, si incontrava con i suoi informatori, SOFFIATI e DIGILIO, il caporete veronese Sergio MINETTO quando, lontano da presenze indiscrete, era necessario raccogliere le notizie utili per la rete statunitense o fornire le direttive utili per lo sviluppo dell'attività informativa, volta al "controllo senza repressione" e più di una volta anche al supporto tecnico delle attività eversive di Ordine Nuovo.
Nei pressi dell'appartamento, a pochi metri dallo stesso all'interno del quale si trovava ancora DIGILIO, "ospite" fisso in via Stella, il colonnello SPIAZZI aveva avvertito Marcello SOFFIATI, alla fine del 1971, del pericolo che un'operazione della Questura di Verona potesse portare al rinvenimento delle armi e le indagini potessero estendersi sino a far venire alla luce la V Legione dei Nuclei di Difesa dello Stato, di cui il colonnello SPIAZZI era responsabile nella città, struttura che egli aveva costituito affiancando ai militari a lui vicini, pronti al mutamento istituzionale, molti elementi del gruppo di Ordine Nuovo di Verona (interr. DIGILIO 1°.12.1996 f.2).
Soprattutto, nell'appartamento di Via Stella, istruito e addestrato dalle medesime persone (SOFFIATI, DIGILIO e il militante triestino Francesco NEAMI), ancora sotto la direzione del dr. MAGGI e sotto la "supervisione" di Sergio MINETTO quale responsabile della struttura informativa, all'inizio del 1973 era stato a lungo istruito psicologicamente e addestrato Gianfranco BERTOLI, agganciato a Mestre dal gruppo affinché, munito della bomba ananas lui affidata, non avesse esitazioni a recarsi a Milano e ad attentare alla vita dell'on. Mariano RUMOR dinanzi alla Questura di Milano (int. DIGILIO 12.10.1996 f.4-6 e 14.10.1996 f.1-3).
L'operazione, non facile vista l'instabilità di carattere di Gianfranco BERTOLI e la necessità che egli fosse sorretto psicologicamente ed economicamente, aveva la finalità, dopo il rifiuto opposto da Vincenzo VINCIGUERRA l'anno precedente ad accettare tale compito, di colpire il "traditore" e il "vigliacco" Mariano RUMOR che, nel dicembre 1969, quando era Presidente del Consiglio, dopo molte titubanze, aveva rifiutato di decretare lo stato di pericolo pubblico, reso impossibile la prevista presa di posizione dei militari e fatto fallire il disegno strategico/politico che stava intorno agli attentati del 12.12.1969 (interr.DIGILIO 21.2.1997 f.1-3).
Ed ancora, l'anno successivo, nel maggio 1974, aveva fatto tappa nell'appartamento di Via Stella, proveniente da Mestre, Marcello SOFFIATI, portando con sè in una valigetta l'ordigno già quasi pronto consegnatogli dai mestrini e che doveva essere affidato a Milano a coloro che avrebbero dovuto deporlo di lì a pochi giorni in Piazza della Loggia a Brescia (interr. DIGILIO 4.5.1996 ff.2-4 e 5.5.1996 f.1).
Carlo DIGILIO, che era stato opportunamente incaricato di restare in attesa nell'appartamento, aveva, mettendo ancora una volta a disposizione le sue capacità tecniche, visionato e personalmente modificato il congegno e consentito che il viaggio di Marcello SOFFIATI verso Milano proseguisse in condizioni di sicurezza.
In conclusione può dirsi che l'appartamento di Via Stella a Verona e coloro che lo utilizzavano come base o controllavano cosa vi stesse avvenendo, costituisce il punto di intersezione di quasi tutti gli episodi tragici che, a cavallo degli anni '70, hanno scritto la storia della "strategia della tensione".