LE DICHIARAZIONI DI CARLO DIGILIO A PARTIRE DALL’OTTOBRE 1995
A partire dall’ottobre 1995, momento in cui è stato possibile riprendere gli interrogatori (anche se inizialmente si è trattato necessariamente di audizioni assai brevi per le ancora incerte condizioni di salute), Carlo DIGILIO ha ampliato e completato il quadro della struttura di intelligence di cui era fiduciario e delle varie "operazioni" che si erano sviluppate a partire dalla metà degli anni ‘60.
Saranno in questa sede riportati solo gli aspetti essenziali di tali dichiarazioni, comunque ampiamente ordinate e analizzate nelle annotazioni del R.O.S. del maggio 1995 e del giugno 1996.
In primo luogo Carlo DIGILIO ha rivelato l’identità anche degli ufficiali americani responsabili della struttura:
"Il
mio primo reclutatore fu il capitano David CARRETT della Marina Militare degli
Stati Uniti che anche mio padre aveva conosciuto e che infatti egli mi aveva
presentato personalmente.
Intorno al 1974 il capitano CARRET fu sostituito dal capitano RICHARDS che io
incontravo normalmente sotto la torre a San Marco, come del resto anche il capitano
CARRETT.
Il "cambio di guardia" fra i due ufficiali avvenne a Verona dove CARRETT
mi presentò RICHARDS.
Il capitano RICHARDS mi disse di essere in servizio presso la base NATO di Vicenza,
mentre CARRETT era in servizio presso la base di Verona.
Era stato CARRETT a insegnarmi come si eseguono i pedinamenti con esercitazioni
per strada utilizzando degli estranei sia a Verona che a Venezia.
Mi riservo in un prossimo interrogatorio di spiegare l'operazione "DELFINO
ATTIVO" che si svolse nell'Adriatico per controllare la capacità di reazione
della Marina Militare italiana". (DIGILIO,
int.21.12.1995, ff.2-3).
"In
merito ai due ufficiali americani CARRET e RICHARDS di cui ho parlato, posso
aggiungere qualche particolare.
RICHARDS veniva chiamato "TEDDY", nome di battesimo che ricordo non
perché me lo disse direttamente, ma perché alcuni suoi colleghi lo chiamarono
così in mia presenza, compreso il CARRET.
Questo nel tipico gesto americano e cioè la pacca sulla spalla dicendo "Olà,
Teddy".
CARRET era un uomo alto circa un metro e 85, robusto, con i capelli biondi tendenti
al rossiccio, di tipico temperamento gioviale come molti americani. Portava
occhiali da sole di varie gradazioni, credo che fosse sposato.
Con lui mi incontravo in Piazzetta del Patriarcato, in zona San Marco, sotto
la torre dell'orologio e a Verona, invece, dietro l'Arena.
Per contattarmi, a Venezia, CARRET lasciava o faceva mettere un bigliettino
nella mia cassetta della posta a S.Elena.
Alcune volte invece non c'era bisogno di questo espediente perché ci si dava
appuntamento direttamente da una volta all'altra soprattutto in occasione di
festività.
CARRET faceva riferimento ad un ammiraglio molto importante che si chiamava
GRAHAM e che tra il 1974 e il 1976 era diventato famoso nel suo ambiente in
quanto tramite sommergibili di profondità era riuscito a recuperare da un sommergibile
sovietico, affondato per un incidente nell'Atlantico, tre missili a testata
nucleare e codici cifrati.
Per quanto concerne RICHARDS, egli conosceva SOFFIATI e infatti ci incontrammo
qualche volta tutti e tre a Verona dietro l'Arena e anche alla Stazione ferroviaria
di Vicenza dove RICHARDS era di stanza.
Una volta c'era anche Giovanni BANDOLI.
RICHARDS aveva all'epoca sui 40/45 anni, ben portati in quanto era molto atletico,
abbastanza alto, robusto, un po' stempiato e con i capelli un po' brizzolati".
(DIGILIO, int. 5.1.1996,
ff.3-4).
Carlo DIGILIO ha poi aggiunto molti particolari in merito al ruolo di Sergio MINETTO e ha spiegato che i contatti fra MINETTO e il colonnello SPIAZZI erano tenuti dal prof. GUNNELLA di Verona, che fungeva da elemento di raccordo fra le varie strutture:
"Posso
ancora aggiungere che il "contatto" fra MINETTO e il colonnello SPIAZZI
era il professor GUNNELLA.
Fu SOFFIATI a indicarmi il nome del professore.
Posso ancora aggiungere che il sistema utilizzato dai componenti della rete
per incontrarsi era un sistema postale, consistente nel fatto che si mandava
un bigliettino al professor GUNNELLA con l'indicazione dell'appuntamento e GUNNELLA
lo mandava alla persona con cui la prima si voleva incontrare.
Questo sistema era utilizzato per città come Verona o Vicenza, mentre a Venezia
io, SOFFIATI e il capitano CARRETT ci incontravamo direttamente in quanto a
causa della presenza di molti turisti e della presenza di navi americane, e
quindi molti marinai e ufficiali americani, era possibile incontrarsi senza
essere notati". (DIGILIO, int. 21.12.1995, f.3).
"In
merito alla persona di Sergio MINETTO, posso aggiungere che egli aveva una vera
passione per la partecipazione a manifestazioni combattentistiche cui partecipava
con commilitoni della R.S.I. e della X M.A.S. che soprattutto nel veronese erano
numerosi e affiatati.
Si recava a queste manifestazioni con una bella macchina fotografica tedesca
tipo Laika.
Poiché l'Ufficio mi chiede di meglio precisare il mio accenno, già reso in precedenti
interrogatori, relativo ad esercitazioni in Alto Adige, posso confermare che
vi furono esercitazioni nella zona di Fortezza nel periodo in cui vi era l'offensiva
terroristica altoatesina.
A queste esercitazioni partecipò personalmente il SOFFIATI il quale poi relazionò
a Sergio MINETTO.
Erano esercitazioni comuni di militari e civili in funzione di difesa dell'italianità
del territorio dell'Alto Adige". (DIGILIO, int.5.1.1996, f.4).
"Sergio
MINETTO aveva una forte familiarità con i componenti di un'organizzazione di
ex militari tedeschi che si chiamava ELMETTI D'ACCIAIO.
Con loro partecipava a cene in due ristoranti di Colognola, quello di SOFFIATI
e quello davanti a quello di Soffiati che esiste ancora.
Ricordo che cantavano inni tedeschi. Anch'io ho partecipato a qualcuna di queste
cene, invitato da SOFFIATI che mi disse che era bene che io partecipassi perché
c'era anche MINETTO che era il suo superiore.
MINETTO era affiliato come italiano all'organizzazione degli Elmetti d'Acciaio
a cui potevano aderire ex appartenenti alla R.S.I. e ai paracadutisti della
Folgore". (DIGILIO,
int. 13.1.1996, f.4).
"In
varie occasioni Sergio MINETTO mi disse che in gioventù aveva risieduto in Argentina
dove probabilmente aveva imparato ed esercitato il mestiere di frigoriferista.
In Argentina era entrato in contatto sia con elementi della C.I.A. sia con tedeschi,
ex combattenti, che avevano lasciato la Germania dopo la guerra.
Egli aveva infatti mantenuto forti contatti sia con l'Argentina, e in genere
con il Sud-America, sia con la Germania nell'ambito della sua attività di spionaggio.
Ricordo in particolare un piccolo episodio. In questo contesto, verso la fine
degli anni '70, venne a trovarlo dall'Argentina una persona che tuttavia non
vidi e MINETTO gli fece avere una grossa somma in pesos argentini. A titolo
di curiosità egli diede sia a me che a Marcello Soffiati uno di questi biglietti
di banca che sino ad allora non avevo mai visto". (DIGILIO, int. 24.2.1996,
f.3).
Carlo DIGILIO ha messo poi a fuoco la figura del prof. Lino FRANCO, che godeva di grande prestigio fra i camerati per essersi arruolato, durante la guerra, nei reparti tedeschi di contraerea denominati FLAK:
"In
merito al prof. FRANCO posso aggiungere che egli combatté a Cassino insieme
a reparti della Repubblica Sociale Italiana e strinse durante questi eventi
stretti rapporti e amicizie importanti con personalità tedesche fra cui il famoso
generale Kesselring che comandava la zona militare e tutta la linea.
Nell'ambito di questi rapporti fece da consulente per i tedeschi, dimostrando
capacità eccezionali, nell'istruire i militari, anche italiani, nell'uso del
fucile mitragliatore F Gevaert 15 e diede consigli ai tecnici tedeschi per il
miglioramento tecnico dell'arma che era particolarmente usata dai reparti paracadutisti.
Del resto, sulla linea del Centro Italia c'erano anche i migliori reparti combattenti
della R.S.I.
In seguito, nel dopoguerra, il prof. FRANCO entrò in contatto con gli ambienti
americani in funzione anticomunista proprio grazie alle sua speciali capacità.
Gli americani gli misero a disposizione sia mezzi finanziari sia un capannone
a Monfalcone e un paio nel triestino dove lavorare delle leghe metalliche per
elicotteri ed aerei militari che dovevano esser poi inviati negli Stati Uniti.
In sostanza era la prima lavorazione dei pezzi.
In questa attività fu coadiuvato da Sergio MINETTO che poteva spostarsi facilmente
utilizzando la sua attività di riparatore di frigoriferi.. Probabilmente MINETTO,
grazie alla sua attività, si era proprio occupato del trasporto di pezzi disponendo
di mezzi adatti al trasporto di oggetti pesanti.
L'attività del prof. FRANCO a Trieste e Monfalcone avvenne intorno agli anni
'50/'60 e cioè poco dopo la guerra in quanto per gli americani era un elemento
interessante e fu ingaggiato subito". (DIGILIO, int.4.1.1996, f.2).
"Prendo
visione della fotografia in fotocopia allegata alla nota del R.O.S. in data
13.1.1996, come allegato 1, in basso nella pagina.
Posso dire che, benché la fotocopia non sia ottima, essa rappresenta
un'arma da fanteria tedesca, di uso anche contraereo, di cui ho parlato nel
corso dell'interrogatorio in data 4.1.1996 in relazione al prof. Lino Franco.
Era cioè la MG15, cioè MACHINENGEWEHR 15, che veniva usata appunto anche come
arma contraerea montata su camioncini e utilizzata dai reparti FLAK.
Gli uomini con cui aveva combattuto il prof. FRANCO a Cassino erano direttamente
inquadrati nell'Esercito tedesco.
Ricordo anche che questo tipo di arma aveva tutta una serie di modelli fra cui
la famosa MG42, altrimenti nota come la "Sega di Hitler", e tutte
armi con una grande potenza di fuoco". (DIGILIO, int. 13.1.1996, f.3).
"In
merito al prof. LINO FRANCO, posso aggiungere che il suo gruppo di ex repubblichini
di Vittorio Veneto aveva un deposito di armi sul pianoro di Pian del Cansiglio
che è proprio vicino a Vittorio Veneto, in quella zona in cui le forze della
R.S.I., durante la seconda guerra mondiale, avevano combattuto duramente.
Confermo che il prof. FRANCO aveva un doppio ruolo e cioè era sia responsabile
del gruppo SIGFRIED sia informatore della C.I.A.
Mi è venuto in mente un altro particolare su di lui: nello stesso periodo in
cui si accertò dove era finita parte dell'esplosivo di Boscochiesanuova, e cioè
a Cipro, MINETTO e SOFFIATI mi dissero che il gruppo di FRANCO aveva inviato
delle armi ai greci di GRIVAS, che combattevano contro i turchi, armi che erano
risultate molto utili.
MINETTO aveva comunque invitato FRANCO alla prudenza in simili operazioni.
L'epoca, del resto, era quella del colpo di Stato dei "Colonnelli"
in Grecia".
(DIGILIO, int. 20/21.1.1996,
ff.6-7).
Il prof. Lino FRANCO si era anche reso disponibile a rifornire di armi il gruppo mestrino di Ordine Nuovo:
"Sempre in tema di bombe a mano, posso dire che la prima volta che io mi recai dal prof. Lino FRANCO, poco tempo prima di andare al casolare di Paese, egli mi mostrò in un cassetto di un mobile di casa sua, oltre ad una baionetta, alcune bombe a mano tonde di fabbricazione italiana, modello Sipe o SRCM.Dopo aver tratteggiato in modo più approfondito il ruolo degli esponenti principali della struttura, DIGILIO ha rievocato una delle più antiche azioni informative cui aveva partecipato, collegata al furto di una ingente quantità di esplosivo avvenuto a Boscochiesanuova, vicino a Verona:
"Questo
episodio, di cui ho parlato nei miei primi interrogatori, avvenne poco tempo
dopo la morte di mio padre e in pratica agli inizi della mia attività come informatore
per la C.I.A.
Il furto era stato di una tonnellata di esplosivo, sia tritolo sia gelignite,
in danno di una ditta di sbancamento per la costruzione di strade.
Il fatto aveva impensierito gli americani che nella zona avevano le loro basi
e temevano quindi che potesse essere usato per attentati contro di loro ad opera
di elementi di estrema sinistra.
Fu RICHARDS a investire MINETTO dell'incarico di svolgere indagini per scoprire
gli autori del furto e MINETTO investì a sua volta me e SOFFIATI.
Preciso che all'epoca RICHARDS non era ancora mio superiore in quanto io dipendevo
dal CARRET.
Svolgemmo un'ampia attività informativa tramite l'ambiente di destra di Verona
e la nostra attività ebbe successo in quanto si scoprì che il furto era avvenuto
per motivi di lucro ad opera di malavitosi comuni dell'ambiente veneto.
Emerse tuttavia una circostanza abbastanza stupefacente e cioè che parte dell'esplosivo
era giunta addirittura all'isola di Cipro e precisamente al gruppo EOKA del
famoso generale GRIVAS che era un combattente assai noto all'epoca.
Ricordo che del furto parlarono all'epoca i giornali locali tipo l'Arena o il
Gazzettino.
Comunque quando fu accertato, grazie alla nostra rete informativa, che l'esplosivo
non era finito in mano ai comunisti, gli americani si tranquillizzarono e non
mi risulta che la vicenda abbia avuto un seguito giudiziario".
(DIGILIO, int. 21.1.1996,
f.5).
Carlo DIGILIO aveva anche partecipato, invitato dal capitano CARRET, all’esercitazione denominata DELFINO ATTIVO o DELFINO SVEGLIO:
"Questo
tipo di operazione fu iniziata da CARRET, che l'aveva ideata, e poi passò a
RICHARDS per la prosecuzione.
Ricordo infatti che una volta CARRET riprese RICHARDS in quanto secondo lui
non l'aveva sviluppata bene e CARRET ci teneva perché era una sua creatura.
Si trattava in sostanza di un'operazione militare che si svolse nell'alto Adriatico
e che partiva dall'Arsenale del Porto di Venezia.
Delle piccole navi americane, di quelle con i portelloni per gli sbarchi e Fregate
o Corvette italiane lanciavano dalla poppa dei cavi con una specie di sonar,
cioè dei congegni in grado di ricevere e anche trasmettere dei segnali radio
sia al fine di controllare i fondali sia al fine di valutare la reattività delle
Forze militari italiani difensive in caso di attacchi sottomarini.
Io partecipai ad una di queste operazioni insieme al capitano CARRET e perciò
mi resi conto di come funzionava il meccanismo.
Vi parteciparono anche BANDOLI e SOFFIATI".
(DIGILIO, int. 5.1.1996,
ff.4-5).
All’operazione DELFINO ATTIVO avevano partecipato anche militari greci, inquadrati dagli americani (int. DIGILIO, 30.12.1997, f.3).
Se in tali casi si era trattato di azioni difensive e preventive o di carattere prettamente strategico delle strutture militari americane presenti nel nostro Paese in base ad accordi internazionali (e quindi di azioni informative o militari di per sé non censurabili), di ben diversa valenza e rilievo, anche sul piano penale, è quanto DIGILIO ha riferito in merito all’intervento della struttura, diretto o indiretto e comunque tramite suoi responsabili, nelle fasi preparatorie degli attentati o comunque, come nel caso della permanenza a Verona dell’avv. Gabriele FORZIATI, allorché si era trattato di scongiurare che le indagini in merito ad episodi eversivi giungessero a buon fine e la struttura occulta di Ordine Nuovo venisse così individuata e smantellata.
Infatti:
- Con riferimento all’attentato all’Ufficio Istruzione di Milano del 23.7.1969, uno dei primi della campagna terroristica, in occasione del quale l’ordigno a base di gelignite non era esploso solo per un difetto dell’innesco, il capitano CARRET, incontrando a Venezia Carlo DIGILIO prima dell’attentato, lo aveva avvisato che la struttura americana era già informata, grazie a notizie acquisite presso il centro romano di Ordine Nuovo, che tale attentato era in preparazione e che sarebbe stato attuato dal gruppo veneto (int. DIGILIO, 14.12.1996, f.2).
Il capitano CARRET, invece di impedire la realizzazione di tale attentato e di informare le nostre Autorità, come sarebbe stato dovere di un Servizio di Sicurezza di un Paese alleato, si era limitato, nell’occasione, a raccomandare a DIGILIO di ridurre la potenzialità dell’azione, riducendo l’attentato ad un’azione intimidatoria (int. citato, f.2) senza che l’ordigno esplodesse.
DIGILIO si era comportato come gli era stato raccomandato, riducendo notevolmente, quando Giovanni VENTURA gli aveva portato l’ordigno, la quantità di esplosivo e non approntando a dovere l’innesco; contribuendo così al suo mancato funzionamento e al fallimento dell’attentato (int. citato, f.4).
Il capitano CARRET si era in seguito congratulato con DIGILIO per il suo lavoro ricordando che la struttura vedeva di buon occhio azioni dimostrative, ma non accettava massacri indiscriminati (int. citato, f.4).
- Il prof,. Lino FRANCO non solo aveva inviato DIGILIO al casolare di Paese una prima volta per verificare le caratteristiche del deposito, ma lo aveva accompagnato nel secondo accesso, insegnando a VENTURA e ZORZI come preparare gli inneschi per azioni dimostrative mentre già erano in fase di ultimazione, nel casolare, grazie al lavoro di POZZAN, le scatolette di legno che sarebbero state utilizzate per deporre l’esplosivo sui dieci convogli ferroviari (int. DIGILIO, 20.8.1996, f.3).
- Sempre con riferimento agli attentati ai treni, Carlo DIGILIO aveva direttamente riferito al capitano CARRET, durante uno degli incontri periodici a Venezia, quanto era avvenuto in occasione del suo terzo accesso al casolare, e cioè quando il piano per l’esecuzione dei dieci attentati era praticamente definito e i compiti erano stati divisi.
Tale incontro con il capitano CARRET aveva comunque avuto luogo ad attentati già avvenuti (int. DIGILIO, 17.5.1997, f.10).
- Il capitano CARRET era stato invece informato da Carlo DIGILIO, e questo è certamente il profilo più grave e significativo, degli attentati del 12.12.1969 con qualche giorno di anticipo e le notizie recepite da Carlo DIGILIO tramite il dr. MAGGI in merito all’imminenza della nuova fase della strategia terroristica erano risultate in perfetta corrispondenza con gli elementi che l’ufficiale andava ricevendo certamente dalla struttura centrale di Roma:
"Confermo
innanzitutto che MAGGI mi parlò del fatto che vi sarebbero stati grossi attentati,
che bisognava aspettarsi perquisizioni nel nostro ambito e che vi sarebbe probabilmente
stata anche una grossa reazione da parte delle forse di sinistra.
Di conseguenza i militanti conosciuti dalla Polizia dovevano liberarsi in fretta
di ogni materiale compromettente che avevano in casa.
Qualche giorno dopo, e quindi pochissimi giorni prima degli attentati, ebbi
un incontro con il capitano CARRET dinanzi al Palazzo Ducale.
Era uno dei nostri incontri consuetudinari, che avvenivano ogni 15 giorni circa
e in cui facevamo il punto della situazione.
Si trattava, in questo caso, di un incontro già fissato al termine dell'incontro
precedente.
Altre volte invece, se l'incontro non era programmato, CARRET, come ho già detto,
mi faceva recapitare un bigliettino nella mia casella postale a Sant'Elena.
Io riferii a CARRET quanto mi aveva detto MAGGI, facendone anche il nome, e
percepii che la struttura di CARRET aveva già le antenne alzate e si aspettava
qualcosa e del resto CARRET stesso mi confermò che sapeva benissimo che la destra
in quel periodo stava preparando qualcosa di grosso nella direzione di una presa
di potere da parte delle forze militari.
CARRET mi chiese di raccogliere e riferire tutte le informazioni possibili in
merito a quanto stava per avvenire.
Io sto rispondendo nello specifico alle domande, ma è ovvio che proprio la natura
del rapporto che coltivavo con CARRET mi conduceva automaticamente nel corso
di ogni incontro a riferirgli tutte le informazioni che andavo attingendo nell'ambito
di Ordine Nuovo e delle destra in genere". (DIGILIO, int. 5.3.1997,
f.2).
Non nell’immediatezza degli attentati, ma comunque non a molta distanza di tempo da essi, nei giorni prossimi all’Epifania del 1970, DIGILIO aveva nuovamente incontrato il capitano CARRET a Venezia nel solito luogo di appuntamento:
"Rividi CARRET il giorno dopo l'Epifania e quindi dopo l'incontro con MAGGI e SOFFIATI, nei giorni di Natale, allo Scalinetto.Il capitano CARRET non si era quindi mostrato molto preoccupato ed anzi aveva confermato a DIGILIO l’esattezza e la pertinenza dei commenti del dr. MAGGI, secondo il quale la presa del potere non vi era stata per i tentennamenti del Presidente del Consiglio che non aveva dichiarato lo stato di emergenza e non si era adoperato per lo scioglimento delle Camere, come invece avrebbero voluto i socialdemocratici molto vicini agli americani:
"...il
capitano CARRET mi confermò che quello era stato il progetto, ben visto anche
dagli americani, e che era fallito per i tentennamenti di alcuni democristiani
come RUMOR.
Mi spiegò anche che nei giorni successivi alla strage le navi militari sia italiane
sia americane avevano avuto l'ordine di uscire dai porti perché, in caso di
manifestazioni o scontri diffusi, ancorate nei porti potevano essere più facilmente
colpite.
Anche con Sergio MINETTO, a casa di Bruno SOFFIATI, vi furono da parte di quest'ultimo
commenti simili prima ancora dei colloqui che ebbi con CARRET". (DIGILIO,
int. 21.2.1997).
Carlo DIGILIO, nell’incontro avvenuto nei giorni dell’Epifania, aveva comunque raccontato "tutto a CARRET, compreso il nome di ZORZI e la tipologia degli ordigni che (ZORZI) aveva fatto vedere" (int. 17.5.1997 ff.10-11) e cioè le cassette metalliche con l’esplosivo all’interno visionate da DIGILIO pochissimi giorni prima degli attentati.
Il laconico commento dell’Ufficiale era stato che "l’Italia era su un sentiero di spine" (int. citato f.11).
- Durante la permanenza dell’avv. Gabriele FORZIATI, prima a Colognola e poi in Via Stella a Verona, finalizzata ad allontanare il rischio che lo spaventato avvocato testimoniasse dinanzi all’Autorità Giudiziaria e quindi che le indagini sull’attentato alla Scuola Slovena travolgessero, con un effetto a domino, l’intera struttura occulta di Ordine Nuovo, Sergio MINETTO aveva svolto un’attività di attenta supervisione utilizzando ancora una volta Carlo DIGILIO in funzione di controllo degli avvenimenti e recandosi egli stesso, alcune volte, nell’appartamento, pur evitando di farsi notare da FORZIATI (int. DIGILIO, 31.1.1996, f.2; 13.7.1997, f.6).
- Ancora più grave era stato l’intervento di Sergio MINETTO, allorché Gianfranco BERTOLI era stato ospitato nell’appartamento di Via Stella per addestrarlo psicologicamente e materialmente.
Infatti Sergio MINETTO era stato informato dal dr. MAGGI qualche tempo prima, durante un incontro a Colognola, dell’intenzione da parte del gruppo ordinovista di utilizzare, al posto di Vincenzo VINCIGUERRA, un’altra persona per portare a termine il progetto contro l’on. Mariano RUMOR (int. DIGILIO, 12.10.1996, f.4).
Sergio MINETTO era poi stato messo al corrente dell’arrivo di Gianfranco BERTOLI in Via Stella e aveva fatto in modo di aiutarlo economicamente, tramite denaro proveniente dalla struttura americana, e molto probabilmente aveva anche fornito la bomba a mano tipo ananas che Gianfranco BERTOLI doveva imparare a usare (int. citato, f.5).
- Anche in riferimento al progetto di attentato a Brescia Sergio MINETTO era stato informato qualche giorno prima dal dr. MAGGI, durante un incontro a Colognola ai Colli cui erano presenti anche Bruno e Marcello SOFFIATI (int. DIGILIO, 19.4.1996, f.3).
Si ricordi del resto che Sergio MINETTO, secondo la testimonianza di Dario PERSIC, si era recato a Brescia il giorno prima della strage di Piazza della Loggia, forse con un ruolo di "controllo" e verifica degli avvenimenti (dep. Dario PERSIC a personale del R.O.S., 8.2.1995, f.4).
Tutti questi comportamenti, che superano di gran lunga una semplice attività informativa e si configurano come la sostanziale condivisione di una strategia, si spiegano, secondo il racconto di Carlo DIGILIO, con una scelta appunto strategica del dr. Carlo Maria MAGGI certamente in sintonia con le scelte dei massimi vertici romani di Ordine Nuovo.
Il dr. MAGGI, pur non entrando direttamente a far parte della struttura americana, aveva infatti dato la propria disponibilità ad informare tale struttura dei progetti più importanti di Ordine Nuovo e tale canale di informazione era reso possibile e, per così dire, "istituzionalizzato" dai rapporti strettissimi che egli aveva allacciato, tramite la famiglia SOFFIATI, con Sergio MINETTO (int. DIGILIO, 19.4.1996, ff.2-3).
Le ragioni sottintese ad una simile scelta, in ipotesi anche pericolosa, sono probabilmente da ricollegarsi alle condizioni oggettive in cui la struttura di Ordine Nuovo operava negli anni ‘70 e soprattutto nella prima metà di tale decennio.
Ordine Nuovo, così come le altre organizzazioni di estrema destra, non potendo raggiungere i propri obiettivi con le sue sole forze, poteva agire da detonatore scatenante di una certa situazione pre-golpista che tuttavia doveva necessariamente essere presa in mano da altri, fossero essi ambienti militari interni o strutture di sicurezza di Paesi alleati sicuramente anticomunisti, per giungere ad una concretizzazione.
Ovviamente una strategia del genere, necessaria per una organizzazione come Ordine Nuovo militarmente efficiente ma non estesa e formata da pochi elementi selezionati, comportava un’informazione anticipata ai "cobelligeranti" delle linee operative essenziali e dei momenti che avrebbero dovuto fungere da innesco di risposte istituzionali.
Non è del resto un caso che tale elaborata strategia sembri essersi rarefatta a partire dalla metà degli anni ‘70 quando, mutato il clima istituzionale ed europeo, in particolare con la caduta dei regimi di destra in Spagna, Portogallo e Grecia, una reazione apertamente autoritaria era divenuta per l’Italia anacronistica ed improponibile.
Passando brevemente ad altre operazioni, la struttura coordinata da Sergio MINETTO si era anche impegnata nel tentativo di acquisire informazioni sul luogo ove fosse custodito il generale James Lee DOZIER, rapito dalla Brigate Rosse nel 1981:
"Come ho già accennato nell'interrogatorio in data 20.1.1996, l'intera rete fu attivata in occasione del rapimento del generale DOZIER con la finalità di acquisire notizie sul luogo ove il generale veniva tenuto sequestrato dagli elementi delle Brigate Rosse.L’attività nella struttura informativa dipendente dal Comando FTASE di Verona era "spendibile" anche all’estero ed infatti Carlo DIGILIO, trovandosi in difficoltà, si era presentato al Consolato degli Stati Uniti a Santo Domingo spiegando quale era stato il suo ruolo in Italia ed utilizzando come garanzia il nome di Sergio MINETTO:
"L'Ufficio
mi dà lettura di quanto ho dichiarato in data 12.11.1994 in relazione alla mia
richiesta di essere aiutato dall'Autorità Consolare degli Stati Uniti d'America
a Santo Domingo indicando alla stessa quale era stata la mia attività in Italia.
In relazione a tali circostanze, confermo che diedi all'ufficiale del Consolato
il nome di Sergio MINETTO, come quest'ultimo mi aveva autorizzato a fare quando
ci vedemmo per l'ultima volta a Verona.
Nel verbale del 12.11.1994 io lo indico come "l'agente" in quanto
nel corso di quell'interrogatorio non avevo ancora voluto indicare al Suo Ufficio
il nome di MINETTO, cosa che poi feci a personale della Digos di Venezia, che
mi ritraduceva a Venezia al termine dell'interrogatorio.
Faccio presente che al Consolato americano mi fu sufficiente fare il nome di
Sergio MINETTO e non ebbi bisogno di fornire i nomi di altri componenti della
"rete" né italiani né statunitensi.
Relazionai sinteticamente all'ufficiale quale era stata la mia attività di informatore
per gli americani in Italia.
Come ho già detto, l'attività che mi era stata proposta fu quella di verificare
i fuoriusciti cubani a Santo Domingo, di ottenere da loro informazioni sulla
situazione cubana e cercare di scoprire se fra essi vi fossero agenti castristri.
Tale attività tuttavia non iniziò nemmeno perché qualche settimana dopo fui
arrestato dalla Polizia dominicana". (DIGILIO, int. 26.3.1997, f.5).
Concludendo con un aspetto minore, ma concreto, l’attività in favore degli americani non era infine a titolo gratuito e Carlo DIGILIO ha spiegato quali fossero i compensi, non eccessivi ma comunque gratificanti, tenuto conto dei valori di acquisto dell’epoca:
"Il
compenso che (il capitano CARRET) mi dava, che era in Lire italiane e che teneva
conto delle eventuali spese di spostamenti e delle condizioni in cui versava
la mia famiglia dopo la morte di mio padre, non era fisso, ma comunque si aggirava
sulle 300.000 che ricevevo circa ogni mese; all'epoca si trattava di una somma
discreta.
SOFFIATI veniva invece pagato in dollari e la somma era un po' superiore alla
mia, circa 400 dollari, che riceveva credo quasi sempre da John BANDOLI.
Del resto SOFFIATI aveva un ruolo di agente stabile.
Inoltre io facevo parte di un settore informativo, mentre SOFFIATI di un settore
operativo che comportava un coinvolgimento e dei rischi maggiori".
(DIGILIO, int. 21.2.1997).