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I FATTI DI MONTEJURRA, IN NAVARRA, DEL 9 MAGGIO 1976
LA PRESENZA ARMATA
DI STEFANO DELLE CHIAIE E DEI SUOI UOMINI
ALLA SPARATORIA CONTRO I MILITANTI DEMOCRATICI
LA CATTURA DI AUGUSTO CAUCHI
IN ARGENTINA
Una delle azioni più tragiche cui hanno partecipato, in Spagna, Stefano DELLE CHIAIE ed i suoi uomini è stata, infine, la presenza dell'intero gruppo degli italiani, armati ed inquadrati militarmente, alla manifestazione carlista del 9.5.1976 a Montejurra.
Tale presenza è documentata in modo inequivocabile dalle fotografie scattate nell'occasione anche da fotografi dilettanti e pubblicate da molti giornali spagnoli ed è confermata dall'ampia testimonianza in merito a tale giornata resa da Gaetano ORLANDO.
Montejurra, in Navarra, è il colle sacro per il movimento carlista e cioè i sostenitori degli eredi di Don Carlos, antico pretendente al trono di Spagna escluso dal regno, dopo le guerre napoleoniche, in favore dell'altro ramo della famiglia dei Borbone.
I seguaci del movimento carlista, presente soprattutto in Navarra ed attestato originariamente su posizioni retrive e conservatrici, avevano combattuto, durante la guerra civile spagnola del 1936/1939, a fianco del generale Francisco FRANCO e della sua sollevazione contro la Repubblica democratica.
In seguito, a partire dalla fine degli anni '60, sotto la guida di Carlos HUGO, erede al trono carlista, il movimento si era progressivamente spostato su posizioni democratiche socialiste, alleandosi con le altre forze di opposizione al regime e diventando in Navarra un punto di riferimento nella lotta contro il franchismo.
Per tale ragione Carlos HUGO e la sua famiglia erano stati esiliati dalla Spagna.
Il fratello minore di Carlos HUGO, l'ex legionario don SIXTO, aveva però coagulato intorno a sè un'ala minoritaria di carlisti, cercando di opporsi a tale evoluzione in senso democratico, alleandosi con l'estrema destra e tacciando i seguaci del fratello di tradimento della causa carlista.
Gli avvenimenti del 9.5.1976, pochi mesi dopo la morte di FRANCO e quando era perciò iniziato il ritorno della Spagna alla democrazia, erano stati una sorta di colpo di coda dell'estrema destra radunata per l'occasione intorno a don SIXTO, buon amico di GUERIN SERAC, di Stefano Delle Chiaie e degli altri latitanti italiani.
Come ogni anno, quella mattina migliaia di militanti del Partito Carlista e di altre forze democratiche, presente anche Carlos HUGO rientrato clandestinamente in Spagna, si erano radunati ai piedi del colle ed avevano iniziato l'ascesa verso la vetta, coperta quel giorno da una fitta nebbia, ove si trova una cappella sacra per il movimento carlista.
Sulla cima del colle si erano tuttavia attestati don SIXTO ed un centinaio di seguaci non solo spagnoli (fra cui molti cattolici tradizionalisti del gruppo Guerriglieri di Cristo Re), ma anche argentini, portoghesi, francesi e soprattutto italiani, inquadrati militarmente ed armati di bastoni e pistole.
Il gruppo aveva improvvisamente sbarrato la strada ai manifestanti che stavano salendo e, dopo un breve scambio di invettive, i seguaci di don SIXTO avevano aperto il fuoco uccidendo due giovani democratici e ferendone numerosi altri.
L'episodio, che si collocava nel delicato momento della transizione della Spagna dalla dittatura alla democrazia, aveva suscitato grande clamore nel Paese anche perché la GUARDIA CIVIL, presente in forze, non era minimamente intervenuta per difendere gli aggrediti ed anche in seguito le indagini erano state condotte con poca convinzione e si erano concluse con lievi condanne nei confronti di pochissime persone, nonostante l'ampiezza della documentazione fotografica che avrebbe potuto consentire di individuare e perseguire un numero elevato di aggressori.
Centrale, sin dai primi giorni, era apparso comunque il ruolo degli italiani giunti in forze da Madrid ed infatti in alcune fotografie scattate al momento dell'aggressione e pubblicate in parte anche da settimanali italiani, erano ben visibili, inquadrati nel gruppo paramilitare, Stefano DELLE CHIAIE e Augusto CAUCHI, quest'ultimo con occhiali neri ed il volto semicoperto da un fazzoletto.
Nè Stefano DELLE CHIAIE nè alcun altro italiano erano stati tuttavia mai perseguiti in Spagna per tale episodio e qualche mese dopo tutto il gruppo aveva iniziato a trasferirsi in Cile per mettersi al servizio del regime del generale Pinochet e della sua Polizia speciale, la DINA, con la quale Stefano DELLE CHIAIE aveva già collaborato fornendo a Roma, nell'ottobre 1975, l'appoggio logistico per il tentativo di omicidio del senatore democristiano cileno Bernardo LEIGHTON e di sua moglie (int. VINCIGUERRA al P.M. di Roma, 9.9.1992).
A distanza di molti anni è stato possibile ricostruire il ruolo ricoperto quel giorno dagli italiani che provenivano da Madrid grazie non solo alle fotografie, ma anche alla testimonianza di Gaetano ORLANDO il quale, pur rimanendo nei pressi dell'albergo situato ai piedi del colle, aveva potuto osservare le fasi preparatorie dell'azione e aveva raccolto numerose notizie sulla dinamica degli avvenimenti, nell’immediatezza dei fatti, dagli stessi italiani che, dopo l'interrogatorio cui lo aveva sottoposto Stefano DELLE CHIAIE, lo avevano parzialmente accettato nel loro ambiente.
Dal racconto di Gaetano ORLANDO emerge in modo grave, ma nello stesso tempo prevedibile, la collusione fra gli uomini di Stefano DELLE CHIAIE e la Polizia spagnola che in tale occasione aveva direttamente fornito le armi agli italiani e poi protetto gli aggressori.
Sui fatti di Montejurra, i passi salienti della deposizione di Gaetano ORLANDO - il quale era giunto da Madrid con la sua autovettura e accompagnato dal maggiore DE ROSA - meritano di essere riportati integralmente:
"Per quanto concerne il mio periodo in Spagna, ribadisco che l'unica vicenda cui in parte assistetti di persona fu quella di Montejurra, come ho già accennato al G.I. di Bologna.
La località è a circa 100 chilometri da Madrid, ma io, mentre i fatti accadevano sulla montagna, rimasi all'Hotel Montejurra insieme al maggiore De Rosa, che era latitante per i fatti del golpe Borghese.
Lui voleva andare a vedere, ma io riuscii a trattenerlo.
Comunque vidi partire le jeep con le armi e il gruppo degli italiani.
Le jeep e le armi erano state consegnate direttamente dalla Guardia Civil.
C'erano almeno dieci o quindici italiani e fra essi, come è noto, Cauchi, Cicuttini e alcuni calabresi, veneti e toscani.
Come è noto, c'era anche Stefano Delle Chiaie che fu battezzato generale sul campo da Sixto V di Borbone con la consegna del "bastone" da generale".
(ORLANDO, dep. a questo Ufficio, 17.1.1992, f. 3).
"Posso aggiungere che quel giorno, fra gli italiani, era presente un Mario, calabrese, di cui non conosco il cognome ma comunque ricordo che era sposato ad una certa Rosa, italiana, e si diceva che facesse parte del gruppo di fuoco; questo mi consta personalmente anche se non l'ho visto sparare personalmente; fu uno di quelli a cui vidi personalmente consegnare le armi dalla Guardia Civil.
C'era poi Mario RICCI il quale in Spagna era chiamato Carlo e posso aggiungere che questo Mario Ricci, alias Carlo, lo incontrai per caso, in seguito, ad Assuncion in Paraguay.
C'era un ufficiale delle forze speciali italiane, cioè un militare, che aveva coordinato l'intera operazione di Montejurra con tanto di cartine e di indicazioni in quanto quel giorno dovevano essere operativi proprio gli italiani, mentre per gli spagnoli era semplicemente una sfilata.
Questo Ufficiale è tuttora vivente, per quanto mi consta.
All'epoca era un Ufficiale della Folgore e coordinò, lo ribadisco, l'intera operazione sotto il profilo militare; non so dire se si tratti di persona implicata in processi qui in Italia.
Non mi sento di rivelare l'identità di questo Ufficiale".
(ORLANDO, dep. a questo Ufficio e al G.I. di Brescia, 5.6.1992, f.3 e retro).
In data 19.10.1992 Gaetano ORLANDO ha aggiunto altri particolari:
"Posso precisare meglio quanto sulla vicenda ebbi già a dichiarare.
La consegna delle armi e delle jeep - che erano due - da parte della Guardia Civil al gruppo operativo, formato soprattutto da italiani, avvenne dinanzi all'albergo in cui io e il maggiore De Rosa alloggiavamo ed io, dal mio punto di osservazione nella zona dell'albergo, vidi questo passaggio delle consegne direttamente.
Preciso che l'albergo si trova a circa sei o sette chilometri dalla cima della collina.
Una serie di fotografie assai più indicative anche di quelle che l'Ufficio mi mostra furono scattate da un reporter della rivista spagnola DIARIO 16 e subito dopo pubblicate.
Io ebbi modo di vedere, e si vede in queste fotografie, la scena della consegna degli automezzi dalla Guardia Civil agli italiani.
In una delle fotografie si vede parcheggiata davanti all'albergo la mia macchina targata SO 20740 di marca Citroen.
Da queste fotografie è possibile riconoscere molti italiani, essendo assai più chiare di quelle che l'Ufficio mi ha mostrato.
Posso sin d'ora dire che vi è, o potrebbe esserci, l'ufficiale della Folgore di cui ho parlato.
Un altro italiano che c'era a Montejurra e di cui non avevo mai parlato sin ora è Piero Carmassi.
Nelle fotografie che l'Ufficio mi ha mostrato di italiani riconosco bene solo Augusto Cauchi che in una fotografia, ad esempio, si vede con gli occhiali scuri a sinistra di una persona non molto giovane con un impermeabile chiaro".
Infine, in data 13.11.1992 dinanzi ai G.I. di Milano e Bologna, Gaetano ORLANDO ha riconosciuto, in una fotografia pubblicata dalla rivista Panorama in data 2.11.1976, a fianco di Stefano DELLE CHIAIE ed Augusto CAUCHI, l'altro elemento operativo del gruppo: Mario il calabrese e cioè Giuseppe CALZONA.
La diretta testimonianza di Gaetano ORLANDO, è stata confermata nelle sue linee essenziali da Vincenzo VINCIGUERRA il quale non era presente a Montejurra essendo rientrato in quel periodo in Italia, ma aveva appreso alcuni particolari dell'operazione da Stefano DELLE CHIAIE e dagli altri, sia in un momento precedente sia in un momento successivo alla stessa:
"Mi ero recato in Spagna nuovamente solo per un paio di giorni verso fine aprile/maggio 1976 e solo per partecipare ad una riunione a Madrid riguardante fatti interni di A.N. e a cui c'erano altri italiani.
Dopo la riunione Stefano Delle Chiaie mi accennò alla imminente manifestazione di Montejurra, ma io decisi di non trattenermi in Spagna e rientrai a Roma.
Di conseguenza ho notizie solo indirette e posso dire che c'era Mario Ricci, come dice Orlando, e che Mario il calabrese non è altri che Giuseppe Calzona di cui ho parlato e che appunto aveva Mario come nome di copertura.
Dell'episodio posso dire che si svolse con una presenza massiccia di italiani sia di A.N. che di O.N. e che erano state prese delle misure di carattere militare che comprendevano, fra l'altro, anche l'eventuale utilizzazione di una mitragliatrice, ma gli incidenti furono tutto sommato ridotti rispetto a quelli che erano stati paventati.
Prendo visione della fotografia relativa ai fatti di Montejurra pubblicata da Panorama del 2.11.1976 a pag. 86 e posso dire che la persona a destra di Cauchi, in prima fila con il basco, è proprio Calzona".
(VINCIGUERRA, int. 16.6.1992 f.1)
In data 12.5.1992, dinanzi al G. I. di Bologna, Vincenzo VINCIGUERRA ha aggiunto che a Montejurra, oltre alle persone già indicate, era presente anche Carlo CICUTTINI, responsabile insieme allo stesso VINCIGUERRA dell'attentato di Peteano e sin dal 1972 latitante in Spagna ed aggregato al gruppo di DELLE CHIAIE (f.2).
Secondo Vincenzo VINCIGUERRA era stata progettata quindi un'azione anche più grave, addirittura con l'uso di una mitragliatrice contro i manifestanti che stavano raggiungendo la vetta del colle.
Anche Salvatore FRANCIA, pur non presente a Montejurra, ha confermato di aver appreso che avevano partecipato all'azione DELLE CHIAIE, CAUCHI e Mario il calabrese e che il gruppo di DELLE CHIAIE si era recato tranquillamente da Madrid a Montejurra con tanto di macchine con targhe italiane, sicuri certamente di non aver alcun fastidio da parte della Polizia spagnola (dep. FRANCIA, 26.11.1993, f.3).
Infine anche Angelo FACCIA, un ex repubblichino residente sin dagli anni '60 a Barcellona, che era stato convinto, se non costretto, da Stefano DELLE CHIAIE ad offrire ospitalità e lavoro presso la sua azienda metalmeccanica a molti fuoriusciti italiani, ha riconosciuto Giuseppe CALZONA e Carlo CICUTTINI in una fotografia che li ritrae a Montejurra inquadrati a fianco di Stefano DELLE CHIAIE (cfr. dep. 19.08.1994, f. 2).
Decisiva, in quella giornata, era stata quindi la presenza degli italiani inquadrati da Stefano DELLE CHIAIE, appoggiati dalla Guardia Civil e fra i quali vi era l'immancabile presenza di un militare e cioè un Ufficiale della Folgore.
Del resto nelle fotografie acquisite in Spagna tramite la Digos di Milano, sinora mai apparse in Italia, si nota distintamente, nella fase cruciale dell'aggressione, Augusto CAUCHI con un fazzoletto sul volto, coprire le spalle ad uno spagnolo, seguace di don Sixto, vestito con impermeabile chiaro e con il basco.
In tale sequenza di fotografie è ritratto uno dei momenti più drammatici in quanto lo spagnolo avanza, estrae la pistola e fredda con alcuni colpi un giovane seguace di Carlos HUGO che si trova pochi passi dinanzi a lui (cfr. vol. 13, fasc. 5, fotografie allegate alla nota della Digos di Milano in data 7.9.1993, ff. 119 e seguenti, in particolare fotografie nr. 9 - 10).
L'azione del 9.5.1976 a Montejurra è quindi assai indicativa del carattere operativo della struttura armata costituita a Madrid da Stefano DELLE CHIAIE con gli altri fuoriusciti, struttura di servizio pronta a mettersi a disposizione delle forze di sicurezza spagnole ancora legate, per molto tempo anche dopo la morte del generale FRANCO, alle ideologie ed ai metodi del vecchio regime che faticava a scomparire.
Del resto quella di Montejurra certamente non è l'unica azione in cui gli uomini di Stefano DELLE CHIAIE e GUERIN SERAC si sono posti al servizio degli apparati istituzionali spagnoli.
Numerosi testimoni infatti, in questa e nelle precedenti istruttorie, hanno fatto riferimento ad operazioni "sporche", affidate al gruppo di DELLE CHIAIE ed anche a Pierluigi CONCUTELLI, consistenti nell'eliminazione di esponenti dell'E.T.A. basca o in operazioni più sofisticate e "mimetizzate" per le quali era stata messa a frutto l'esperienza italiana.
Talvolta, ad esempio, veniva eseguito il rapimento e l'uccisione di un ostaggio, spesso un imprenditore, con modalità tali da far ricadere sull'E.T.A. o altri gruppi di opposizione l'apparente responsabilità dell'operazione (dep. ORLANDO, 13.11.1992, f.1 al G.I. di Bologna; int. IZZO, 26.5.1992, f.2; int. CALORE al P.M. di Firenze, 12.1.1984, f.3, e int. 2.1.1985, f.5, vol.10, fasc.1; int. VINCIGUERRA, 30.5.1992, f.2).
In particolare Augusto CAUCHI aveva confidato a Gaetano ORLANDO di aver preso parte, nel 1975, ad una "vigliaccheria" effettuando con altri, nei Paesi Baschi, il rapimento di un industriale che era stato poi ucciso e gettato in una scarpata.
Il rapimento era stato eseguito prelevando la vittima con la stessa FIAT blu con la quale era stato operato il sequestro di Gaetano ORLANDO a Madrid e si trattava di un'azione appunto "mimetizzata" in quanto, essendo la vittima un imprenditore che non aveva voluto pagare il "contributo volontario" in favore dei nazionalisti baschi, il sequestro e l'uccisione dell'ostaggio erano stati attribuiti ad un commando dell'E.T.A. (dep. ORLANDO, 19.10.1992, f.3).
Purtroppo l'incompletezza dei dati, pur convergenti negli elementi essenziali, forniti dai testimoni su tali operazioni "coperte" e la scarsa collaborazione prestata dalle Autorità spagnole nonostante varie richieste di rogatoria avanzate dall'Autorità Giudiziaria italiana, non hanno mai reso possibile individuare con sicurezza gli episodi cui hanno partecipato gli italiani fra i molti episodi, simili fra loro, avvenuti in Spagna nella prima metà degli anni '70.
La posizione di Augusto CAUCHI merita ancora qualche osservazione.
Augusto CAUCHI è una figura chiave della strategia della tensione che sintetizza e testimonia tutte le complicità e le collusioni di cui gruppi eversivi dell'estrema destra hanno goduto da parte dei servizi segreti e di un settore della massoneria.
Augusto CAUCHI, aderente alla cellula toscana di Ordine Nuovo, è stato condannato ad una lunga pena detentiva, con sentenza definitiva, per numerosi attentati commessi in Toscana negli anni '70 ed è raggiunto, anche sulla base di dichiarazioni pur volutamente criptiche di Vincenzo VINCIGUERRA, da gravi elementi indiziari in relazione alla sua partecipazione alla strage sul treno Italicus, elementi tuttavia ancora non sufficienti per sostenere validamente un'accusa in giudizio (cfr. requisitoria del P.M. di Bologna nell'istruttoria Italicus-bis depositata in data 5.5.1994, ff.6 e ss.).
Augusto CAUCHI, all'inizio degli anni ‘70, riceveva finanziamenti per il suo gruppo direttamente da Licio GELLI e quest'ultimo non è stato condannato per il reato di sovvenzione di banda armata solo perché, in modo certamente improprio, la Corte di Cassazione ha degradato il gruppo di cui faceva parte CAUCHI da banda armata ad associazione sovversiva, reato per cui non è prevista l'autonoma figura criminosa del "sovvenzionatore" (cfr., requisitoria cit. pagg. 6 - 7).
Nel 1975 Augusto CAUCHI, inseguito da numerosi mandati di cattura emessi dall'A.G. di Firenze, è riuscito a fuggire all'estero, in un primo momento grazie alla complicità di un sottufficiale dei Carabinieri di Arezzo e poi, nella seconda fase della fuga, grazie alle omissioni del Capo del Centro C.S. di Firenze, colonnello Federigo MANNUCCI BENINCASA, il quale, benché a conoscenza del luogo ove CAUCHI poteva essere tratto in arresto a Milano, non si era curato di avvertire la polizia giudiziaria.
Augusto CAUCHI, giunto a Madrid, nonostante il suo passato ordinovista così come Vincenzo VINCIGUERRA, si era aggregato al gruppo di Stefano DELLE CHIAIE partecipando probabilmente a numerose azioni contro militanti dell'E.T.A.
Secondo Gaetano ORLANDO anche dalla Spagna Augusto CAUCHI aveva mantenuto i suoi rapporti con GELLI ed infatti durante la sua permanenza in Spagna si era allontanato per alcuni giorni ritornando con una somma di denaro che gli era stata consegnata da Licio GELLI.
Secondo i fuoriusciti italiani non era questa la prima volta in cui anche dalla Spagna erano avvenuti simili rifornimenti di denaro per i latitanti (dep. ORLANDO al G.I. di Bologna, 2.8.1993, f.2, vol.20, fasc.1).
Nel 1977 Augusto CAUCHI, essendo ormai venute meno le protezioni offerte dal regime franchista e durate ancora qualche tempo dopo la morte di FRANCO, aveva raggiunto il Cile, così come altri italiani, e si era messo al servizio della DINA, la polizia speciale del generale PINOCHET (int. VINCIGUERRA, 27.4.1993, f.1).
La latitanza di Augusto CAUCHI è durata ben diciassette anni.
Nella primavera del 1993, grazie ad un colloquio investigativo, effettuato su delega di quest'Ufficio e del G.I. di Bologna da personale del R.O.S. Carabinieri di Roma, con un detenuto dell'area di destra, Augusto CAUCHI è stato localizzato ed arrestato in Argentina (cfr. vol. 13, fasc. 6).
Tuttavia, nonostante l'impegno dispiegato dai funzionari del Ministero di Grazia e Giustizia che hanno sollecitamente inviato in Argentina tutta la documentazione necessaria, la procedura di estradizione non ha avuto alcun esito e Augusto CAUCHI, forse grazie a protezioni di cui ancora gode, non è stato consegnato alle Autorità italiane ed è stato invece liberato nella primavera del 1995.