New York 1966
I. Noi siamo un pubblico per l'arte del computer? La risposta
non e' No; e' Si. Quel che ci occorre e' un computer che non ci risparmi
la fatica, ma che anzi accresca il lavoro da fare, che effettui
giochi di parole (questa e' un'idea di McLuhan) come Joyce che trae in
luce ponti (questa e' un'idea di Brown) dove pensavamo che non ce ne fossero,
che ci porti (idea mia) non "sugli"
ma negli artisti.
II. Lui disse: trovo che ascoltare la tua musica mi provoca.
Che dovrei fare per goderla?Risposta: ci sono molti modi per aiutarti.
Per esempio, ti daro' un passaggio
se vai nella mia direzione, ma l'ultima cosa che farei sarebbe
di dirti come usare certe facolta' estetiche tutte tue ( Vedi, siamo disoccupati.
Se non lo siamo ancora "presto ci risaremo". Non abbiamo niente
da fare . Cosi' che faremo? Ci siederemo in mezzo ad un pubblico? Scriveremo
critica? Saremo creativi?) Eravamo soliti mettere l'artista
su un piedistallo. Ora, egli non e' piu' straordinario di noi.
Firenze 1995
Siamo in un grande auditorium. 70 orchestrali suonano un poema finlandese sinfonico. Siamo tutti rilassati. In comode poltrone. Possiamo pensare alla musica. Ma non c'e' niente. La musica non c'e'.
Un'istituzione di livelli. E forse anche di tipi di valutazione. La
musica prima di essere musica e' un rito.
La felicita' del disco era anche quella di rubare
la musica al rito o di portarla a casa.