Resent-Date: Thu, 23 Oct 1997 14:50:51 +0100 Date: Thu, 23 Oct 1997 14:49:30 GMT
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Caro Claudio, cari tutti
credo che le risposte alle domande che tu poni e mi poni erano gia' contenute piu' o meno esplicitamente nel messaggio precedente. Se non sono stato chiaro, mi scuso e cerchero' di chiarire il mio pensiero piu' oltre.
Mi sembra ovvio che, quando si parli di obiettivi e di operativita', "etica ed estetica vadano a braccetto": il problema semmai e' quello di trovare un accordo su cosa intendiamo per estetica e a questo credo gia' di aver dato una risposta (dal mio punto di vista); il significato del termine etica appare piu' circoscribile e in genere piu' condivisibile, benanco molto meno lo siano i confini operativi da essa posti.
Per quel che riguarda 'l'arte', credo di essere stato abbastanza chiaro; sintanto che qualcuno non riesce a darmi definizioni diverse e convincenti continuero' a credere che l'atto creativo sia parte del piu' vasto insieme della 'comunicazione', motore del mondo.
Si puo' scegliere, apparentemente, di 'non comunicare' o di comunicare in modo random (vedi l'intervento di Fichera) ma quando si chiama in causa etica ed obiettivi operativi, allora non credo che la 'casualita'', da sola, basti al raggiungimento di tali obiettivi: troverete/mo sempre qualcuno meglio organizzato che vi/ci sovrastera' (questo non significa che le fluttuazioni non possano provocare deviazioni dai percorsi progettati, ma credo che ci stiamo confrontando con un sistema terribilmente auto-organizzante - termine a cui intendo qui attribuire anche l'accezione di fagocitante). L'atto creativo volto alla sola comprensione del se' e' qualcosa che per definizione non ha bisogno di essere mostrato, ma il suo effetto, inevitabilmente si esplichera' sugli altri tramite i cambiamenti 'auto-coscienziali' provocati sull'individuo.
Per quel che riguarda la definizione di 'artista' mi trovo di nuovo di fronte alle stesse difficolta': non c'e' vocabolario o operatore del settore che sia stato in grado di darmi una definizione convincente. L'opinione piu' diffusa (che per altro non condivido) e' che sia uno status-quo attribuito da altri (non auto-attribuito). Per questo che preferisco il termine 'autore' che implica l'atto creativo di un qualcosa, sia esso materiale od immateriale. Spesso dietro il termine 'artista' si celano personaggi che non vogliono essere messi in discussione e non vogliono veder messo in discussione il proprio operare: si nascondono dietro lo status-quo di 'artista' a cui tutto e' permesso: se qualcuno si annoia o non capisce, affari suoi. Se poi ci si vuol definire artista ...
Per quel che riguarda i linguaggi, penso che tu abbia ragione: e' per questo che in "What are you doing after the orgy?" sono intervenuti 'autori' provenienti da vari ambiti culturali; e' per questo che sostengo si debba lavorare sulle interfaccie (magari anche sulle self-interfaccie) per trovare un minimo comunicatore linguistico; e' per questo infine che insisto sul problema formazione (ogni semplice fenomeno si presta a piu' livelli di comprensione che dipendono dal proprio background culturale, non dal fatto di avere "3 lauree")
Quella dell'Arte fatta dai non artisti e' stata una delle provocazioni che spesso lancio dalle pagine di F&D ed e' forse meglio contestualizzarla. Ritenendo il mondo dell'arte, come si presenta oggi, uno spicchio del mercato capitalista e ritenendo la massimizzazione della 'plasticita' neuronale' l'obiettivo principe del nostro operare, e' chiaro che vedo nelle persone che sono ingabbiate da questo mondo una sorta di automi incapaci di produrre in piena liberta' (anche se tuti siamo piu' o meno condizionati e condizionabili): si deve pur mangiare, o no?
Dunque meglio che la produzione di un certo tipo di 'messaggi' venga effettuata da chi non ha problemi di questo tipo, da chi ha un'altro mestiere e puo' dedicarsi come Jobby alla produzione 'artistica'. A nota di quell'articolo sostenevo che il pubblico, nei limiti del possibile, avrebbe dovuto provvedere a rendere sereno l'operare degli 'autori'.
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Ciao
Carlo
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