Resent-Date: Wed, 29 Oct 1997 11:50:38 +0100 Date: Wed, 29 Oct 1997 11:48:00 GMT

From: MIFAV@roma2.infn.it

To: arti-party@breton.dada.it

Subject: from Gallarate ahead ...

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Caro Tommaso, cari tutti,

 

 

francamente non ho molto interesse ad alimentare polemiche di carattere personale, quindi in questo messaggio mi limitero' a quattro osservazioni di questo tipo, promettendo agli utenti della lista che esse saranno le ultime qualsiasi sia il contenuto dell'eventuale replica di Tozzi:

 

a) prendo atto che Tommaso ed io siamo in disaccordo sul significato delle terminologie artista/autore; ho chiesto di darmi una definizione convincente del termine 'artista' e non mi e' stata data: pazienza! Su una cosa concordiamo: tutti sono in vari modi e a vari livelli autori.

 

b) nonostante i dubbi di Tommaso, credo che i miei intenti siano stati esplicitamente descritti in entrambi i miei ultimi due messaggi; non credo quindi necessario replicare su questo tema, salvo ribadire che l'educazione sul significato e sugli strumenti del comunicare viene prima di tutto (l'accesso democratico ne e' una logica conseguenza). A chi desiderasse conoscere di piu' in dettaglio 'le mie intenzioni' consiglio la lettura di alcuni articoli pubblicati su F&D reperibili in rete presso il sito wwwas.roma2.infn.it

 

c) nel caso del mio primo intervento uno degli obiettivi (ma non il solo) era quello di sottolineare dei comportamenti non-coerenti (in particolare nei riguardi delle istituzioni e su questo tornero' piu' oltre), nonche' un uso di terminologie non sempre condivisibile. Tommaso se tu non credi che i rilievi siano corretti, padrone di non accettare la discussione sulle tue azioni o i tuoi scritti: amici come prima.

 

d) per quel che riguarda l'incidentale vantarsi di quanto si sta facendo: mi sembra che Tommaso abbia ragione, forse in questo ho esagerato; vorrei comunque osservare che sono uscito dal riservo causa un comunicato stampa che, correggimi se sbaglio, si situa esattamente sullo stesso piano. Di nuovo, Tommaso, se non ritieni che quel tuo comunicato stampa sul premio sia stato scritto con lo stile di chi vuole "vantarsi in pubblico", padrone di crederlo.

 

e da qui in poi mi astengo dall'entrare su altri dettagli di episodi citati, servirebbe a poco in quanto ritengo che ognuno restera' comunque della propria opinione.

 

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Veniamo dunque a qualcosa di piu' interessante per tutti gli iscritti alla lista; permettetemi di non partire da citazioni ma dal mio pensiero (quella di ricavarmi i ragionamenti da dati di prima mano e' una deformazione professionale).

 

A) Il primo punto che intendo toccare e' il significato delle parole 'trasmissione' e 'comunicazione', etc..

Dal mio punto di vista (ma vedere anche definizioni da vocabolario: una qualche convenzione va scelta) comunicare implica l'atto di emettere un segnale (messaggio). Il messaggio di per se' e' portatore di senso. E qui cominciano le differenze dal pensiero di Tozzi.

Per chiarire meglio facciamo un esempio: l'emissione di un bit (non importa il supporto) implica necessariamente una scelta tra l'uno e lo zero, ovvero di un livello l'emissione di due bit (anche se in parallelo) necessariamente quella di una sequenza (sia essa spaziale o temporale) che e' quella data e non un'altra delle possibili. Si puo' ben immaginare l'estrapolazione di questo ragionamento ad un segnale analogico.

Ora si puo' mettere in discussione il significato di 'comunicare senso' ma l'unica definizione 'obiettiva' e' quella che fa risalire tale atto alla comunicazione di un messaggio e dunque di una scelta (o zero o uno, quella di una sequenza, ...). Ogni altra definizione implica una scelta a priori sul 'tipo' di senso da prendere in considerazione e quindi un'azione arbitraria.

 

Conseguenze: Bill Gates comunica comunque senso. La scelta del segno del 'senso' e' arbitraria -> arbitrario in questo contesto sono le considerazioni sull'aggiunta e sulla sottrazione di senso (cio' non implica che per me il senso 'buono' non possa essere lo stesso considerato 'buono' da Tozzi e, per esempio, differente da quello sotteso alle azioni di Bill Gates). Qualcuno potrebbe affermare che in precedenza abbiamo definito una sintassi ed ora, scegliendo il 'verso' del senso ad essa associata, stiamo definendo una semantica. Non mi e' chiaro che si possa fare un mappatura uno ad uno di questi concetti su quanto detto in precedenza (specie in sistemi complessi sui quali sto ancora riflettendo); in ogni caso la scelta della semantica e' arbitraria (quanto lo e' il significato attribuito ad ogni messaggio che produciamo) e se non si giunge a definire una convenzione ed interfaccie capaci di decodificare il messaggio sulla base di tale convenzione allora siamo nei guai.

 

Procediamo. Trasmissione implica un atto di comunicazione a distanza di un messaggio con relativo adattamento di interfaccie (pensate per esempio all'adattamento di una linea). Ricezione implica accoglimento di un messaggio attraverso l'interfaccia (naturalmente ogni interfaccia puo' fungere da filtro e puo' indurre una modifica del 'senso' originario). Comunicazione interattiva e' dunque la capacita' di emettere messaggi a seguito di ricezioni. Notare pero' che si e' accennato a cosa accade tra ricezione e nuova emissione; in questo lasso di tempo c'e' spazio per l'eleborazione del messaggio ricevuto. Una risposta rapida implica poca 'riflessione' (elaborazione), e' un'atto quasi istintuale (tipico degli utenti dei videogiochi, o di chi non legge attentamente un messaggio - anche televisivo -perche' il messaggio serve solo come trigger). Una vera comunicazione interattiva richiede dunque 'ponderazione'. I mass-media unidirezionali tendono a non far chiudere il cerchio della riflessione ma a favorire una risposta istintuale, che risulta cosi' essere il primo segno di dipendenza, di scarsa plasticita' neuronale.

 

B) veniamo al piu' volte citato Perniola. Nel messaggio di replay a "Why Gallarate?" viene citato un intervento di Perniola a Firenze. Purtroppo queste citazioni non rispondono alla domanda da me posta nei precedenti messaggi.

 

Partendo dal pressupposto che l'atto creativo, dunque "l'arte" (tanto per intenderci) sono parte del mondo della comunicazione interattiva. Qual'e' il ruolo (se ne ha uno) dell'estetica all'interno di questo processo, qual'e' il significato di anti-estetico all'interno di questo processo? Ripeto il pezzo di Perniola (e dunque il senso da lui dato al termine anti-estetica) non mi sembra molto illuminante, ne' mi sembra capace di introdurre novita' tali da cambiare il quadro di riferimento (al massimo puo' cambiare la scelta arbitraria del 'senso').

 

C) torno per un istante sul problema 'istituzioni e chi vi lavora' onde chiarire meglio le mie osservazioni: immaginiamo che qualcuno abbia usato (o usi in futuro) i propri titoli 'artistici' per trovare un posto fisso all'interno delle istituzioni, immaginiamo che abbia la possibilita' di entrare in uno di questi apparati. Potete voi immaginare che l'entrata nell'apparato porti alla consonanza di pensiero tra il nuovo assunto e le istituzioni, o che il nuovo assunto cessi di essere autore? Non mi sembra automatico ne' immediato separare le pratiche dell'autore da quelle delle istituzioni. Puo' succedere che le istituzioni cambino l'autore ma puo' anche accadere il contrario. Se il verso fosse sembre lo stesso allora, e lo ripeto, addio progresso scientifico e crescita culturale.

 

D) Il dualismo corpo-mente e' (o almeno credo sia) stato definitivamente sconfitto e credo che un'attenta lettura di quanto da me scritto nei precedenti messaggi possa spazzare ogni ombra di dubbio sulle mie idee a riguardo. Tale dualismo e' la posizione prediletta dai sostenitori della cosiddetta Intelligenza Artificiale (IA) forte: il software e' la mente, il cervello e' hardware e in quanto supporto non e' essenziale alla produzione del pensiero (vedi test di Turing, ecc.).

 

Concordo sulla pericolosita' di assecondare un dualismo corpo-cervello: la macchina e' un tutt'uno. Mi sembra pero' strano che non si sia in grado di accettare le differenze fisiologiche e funzionali esistenti all'interno della nostra macchina (per esempio cosa e' sensore e cosa e' unita' di elaborazione, oppure i vari livelli di elaborazione su cui si basa il funzionamento dello stesso cervello).

 

Mi sembra altresi' pericoloso affermare che la mente non e' una macchina. Francamente mi chiedo quali siano le eventuali basi oggettive di una tale affermazione.

 

Mi sembra infine un errore continuare a proporre paragoni tra il funzionamento delle macchine calcolatrici che stiamo usando (incluse quelle basate su reti neuronali - scusate se non uso il termine neurale ma lo trovo un tremendo inglesismo) e il funzionamento del cervello. Il 99% delle odierne reti neuronali artificiali sono state derivate dal modello di Hopfield (o sue varianti) che ha i suoi punti di forza nella somma degli stimoli sul neurone e nell'alta connettivita', ma tale modello mostra ormai la corda. Tutti i modelli di questo tipo non tengono conto di modalita' diverse di funzionamento dei neuroni: il modello di Hopfield potrebbe non essere completo e con molta probabilita' e' cosi' perche' le reti neuronali, in realta', hanno la capacita' di selezionare gli input su base temporale. In aggiunta gli attuali modelli di reti neuronali non tengono conto dei fattori e delle modalita' di crescita della rete (forse cio' che Tozzi chiama crescita rizomatica) che sono guidate, a quanto pare, dalla produzione ed organizzazione dei microtuboli. I modelli classici prevedono invece la sola variazione dei pesi sinaptici. (Interessanti letture a riguardo possono trovarsi su riviste scientifiche quali Neural Networks o su riviste piu' divulgative quali Le Scienze). Dunque e' ovvio che non basta la manipolazione dei simboli, che non bisogna porre attenzione al solo software, che non e' possibile pensare in termini di dualita' mente-cervello! E ancora, forse il pensiero non e' solo manipolazione simbolica ma questo non implica che il nostro 'cervello' non sia una macchina!

Se cambiano i paradigmi fondanti possono cambiare molte cose e ... chissa' se le osservazioni di Penrose (o il teorema di Godel) mantengono la loro validita' ... (questa discussione e' servita a stimolare in me l'interesse ad approfondire questo punto in un prossimo futuro).

Una macchina comunque complessa risulta un oggetto 'determinista' (almeno nell'accezione scientifica del XVII secolo) solo se ci si dimentica dell'esistenza delle fluttuazioni e se ci si dimentica della nostra incapacita' di descrivere microscopicamente sistemi comunque complessi: la nostra ignoranza e' la base di cio' che viene definito 'libero arbitrio' (qui finiamo per entrare in problemi di dinamica caotica, turbolenza e piu' in generale meccanica statistica, non e' francamente questa la sede per farlo) E siamo alle solite: c'e' qualcuno in grado di dimostrare che una insieme di singole 'macchine' non e' una macchina nel suo insieme, attenzione pero', qualsiasi sia lo schema del suo funzionamento? E' poi questo un reale problema?

 

 

 

F) Ancora, mi sembra pericoloso affermare che "i comportamenti emergono spontaneamente all'interno dei sistemi complessi", occorre chiarire: molti dei comportamenti messi in atto durante la parte iniziale della nostra esistenza sembrano avere origine genetica, tutti gli altri sono frutto di reazioni ad imput esterni; ovviamente possono esserci 'fluttuazioni' e questo forse ci salva ...

 

E) Intendiamoci sul termine nanotecnologie, io ho lavorato in questo settore ma per chi lavora nell'inorganico nanotecnologia e' sinonimo di fabbricazione su scala nanometrica (in generale di componenti elettronici), cosa si intente in chiave biologica ? Manipolazioni effettuate su scala nanometrica, lo studio di oggetti di dimensione nanometrica?

 

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Sogni d'oro a chi ancora non e' crollato in un sonno profondo ....

 

Carlo Giovannella

 

 

P.S. ad Antonio segnalo un mio scritto sull'aura: "L'arte nell'era della comunicazione globale" (rivisitazione critica del pensiero di Benjamin), pubblicato ancora una volta su F&D N. 14, fammi sapere?

 

 

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