CAPITOLO 1 ...Ho conosciuto la violenza giusta e quella sbagliata. Ho
imparato a stare in mezzo alla gente ed il ricordo più bello è di quando ho
parlato la prima volta ad una riunione ed ho visto che la gente mi ascoltava... ... questo mi sembra sia stata la forza del circolo
Cangaçeiros: permettere ogni confronto trasversale tra le persone, al di là di
quello che erano gli scontri di appartenenza dovuti al singolo episodio o al
singolo momento... È stato un serbatoio di idee che ci ha dato la possibilità
di vedere la vita da più angolazioni. Una presenza antifascista e militante in quartiere... Un modo
nuovo di incontrarci, di stare insieme e di discutere insieme. ...La necessità di continuare un impegno politico,
affrontando come centrali i problemi che la precedente militanza aveva lasciato
da parte, come la condizione giovanile, la droga, i rapporti tra i sessi,
l'ecologia e l'accesso alla cultura. Un impegno più legato ai miei bisogni, ma
soprattutto l'urgenza di capire cosa stava succedendo, in un momento in cui non
c'era più nessuno che mi dava la linea. Forse la paura di rimanere isolato. Credo che sia stato per me e per molti un momento di
formazione, crescita, conoscenza, stimolo, solidarietà, amicizia, affetto, riso
e pianto, difficile da dimenticare. Un crogiolo di razze che provano a vivere
insieme. ... Per me personalmente è stato molto importante. Io in
quel periodo ho proprio svoltato, ho cambiato il modo di vedere le cose; prima
vivevo in modo molto subordinato, non mi sentivo mai protagonista delle cose che
capitavano. Lì mi sono sentito molto protagonista, molto responsabilizzato
delle cose che stavano succedendo. Molte cose che poi mi sono servite nella vita
di tutti i giorni le ho imparate in quel periodo... C'era l'utopia della rivoluzione, una spinta grossa. In fondo
al nostro cuore c'era l'idea che si potesse veramente trasformare la società in
maniera radicale. Questa spinta, questa energia che creava tensione sociale in
ogni luogo, permetteva di discutere di tutto, di mettere in discussione
qualsiasi aspetto della vita, non solo nell'ambito produttivo ma anche in quello
riproduttivo. Il fatto di mettersi in gioco era una condizione che era
possibile, era data. Adesso è difficile che qualcuno prenda una parte della sua
vita e la dedichi a qualcosa, in qualsiasi situazione perché manca l'utopia.
Adesso manca l'utopia, e perciò ora pensi al tuo interesse più immediato. I caratteri peculiari del circolo sono stati l'essere un
luogo fuori dalle regole del mercato, in cui si decideva collettivamente,
mettendo in discussione il modo in cui tessere le relazioni affettive,
politiche; in cui ci si sentiva attori della propria vita invece che ricettori
passivi; in cui si decideva come stare con gli altri; in cui ci si divertiva. Sicuramente avrei voluto che ci fosse più sincerità e
trasparenza nei rapporti umani, che nominalmente erano impostati sulla massima
apertura e sulla negazione dei rapporti di potere tra le persone, almeno in
quella sede, ma che invece erano da me percepiti esattamente come quelli
tradizionali nella sostanza... . Credo di essere stato molto fortunato e di dovere molto ai
miei amici e compagni di allora. Ho iniziato a leggere libri a suonare la
chitarra ed a rapportarmi con il mio corpo che stava maturando. Ho conosciuto la
violenza giusta e quella sbagliata. Ho imparato a stare in mezzo alla gente ed
il ricordo più bello è di quando ho parlato la prima volta ad una riunione ed
ho visto che la gente mi ascoltava. Non è stato un progetto esclusivo, faceva parte di tutto
quel clima che era un clima che lievitava, che montava e che nasceva
dall'allontanamento delle organizzazioni e dall'esperienze diverse che c'erano
in quel momento, soprattutto sul versante giovani. Quando ci siamo trovati al
circolo io l'ho sentita più come una cosa ludica che politica. Per certi
aspetti non era più come andare alla cellula, non più andare ad organizzare
una attività politica che aveva delle finalità fuori da sè, e che organizzava
delle cose che si andavano a fare da un'altra parte. Fare il circolo era il fine
e non era più fare qualcosa per qualcos'altro e questa era un po' la differenza
secondo me. In quel momento il circolo è stato uno spazio che ha
consentito di vivere in un modo diverso la propria esperienza quotidiana, nei
rapporti interpersonali, nelle attività relative al tempo libero, nella pratica
di esperienze di conflittualità, di alterità rispetto a quelli che erano i
modelli preconfezionati. Per me è stato trecento persone che gravitano intorno alla
villa. Uno spazio aperto attraversato dall'intera città, da tutto il movimento
di Torino di quell'anno. Il vissuto che ricordo è questa dinamica al tempo
stesso integrata e frammentata: il circolo era un punto di confluenza di quello
che accadeva più ampiamente nel movimento cittadino. Realmente il circolo è stata una esperienza contraddittoria
che non ha avuto lo spazio per determinarsi, per verificare quelle che erano le
ipotesi del progetto iniziale. In sostanza per me il circolo ha rappresentato
un'esperienza incompiuta. Per alcuni il circolo ha rappresentato una rottura rispetto
al modo di fare politica delle vecchie organizzazioni, per altri forse questo
taglio non è stato altrettanto netto. La commissione lavoro ha funzionato
benino, era un punto di riferimento dei compagni che lavoravano e per questo si
sentivano un po' emarginati dalla vita del circolo. Anche i compagni delle
facoltà umanistiche hanno sperimentato un modo di studiare collettivamente con
la proposta di seminari autogestiti su tematiche socialmente utili e inserite
nel circolo. Tutte le altre attività (teatrali, musicali, le manifestazioni di
piazza, di apertura al quartiere, di lotta all'eroina, di controinformazione
alimentare) sono state ugualmente importanti. Ho frequentato molto raramente il circolo Cangaçeiros alla
villa. Ci sono andata qualche volta con i compagni del mio liceo, ma devo
ammettere a malincuore che non ho mai trovato un ambiente favorevole, aperto,
piacevole. La mia frequentazione è iniziata quando è stato sgomberato, quando
per necessità erano tutti più disponibili. Il fatto che molte delle persone che attualmente frequento
abbiano vissuto quei momenti forse è un indicatore dell'importanza di quel
periodo sulla mia formazione personale e politica ... il circolo e' stato fino alle vacanze estive, un reale
punto di riferimento per i giovani, radicato e integrato nel territorio. Ricordo
la nostra presenza nei negozi, nelle strade intorno alla villa, le feste, il
rapporto con i tossici del parco: una casa per tutti noi in cui poter stare
insieme.... Il circolo è stato il culmine di una esperienza "comunitaria" di
scambio, condivisione, fratellanza, che ha costruito tanti rapporti di sincero
affetto ed espresso che è possibile vivere meglio fra esseri umani,
diversamente dai modelli dominanti, ma che c'è un duro lavoro che ognuno ha da compiere in
sé.
CHI HA AVUTO HA AVUTO, CHI HA DATO HA DATO...