PARTE 2:
VENT'ANNI DOPO...

CAPITOLO 1
CHI HA AVUTO HA AVUTO, CHI HA DATO HA DATO...

...Ho conosciuto la violenza giusta e quella sbagliata. Ho imparato a stare in mezzo alla gente ed il ricordo più bello è di quando ho parlato la prima volta ad una riunione ed ho visto che la gente mi ascoltava...

... questo mi sembra sia stata la forza del circolo Cangaçeiros: permettere ogni confronto trasversale tra le persone, al di là di quello che erano gli scontri di appartenenza dovuti al singolo episodio o al singolo momento...

È stato un serbatoio di idee che ci ha dato la possibilità di vedere la vita da più angolazioni.

Una presenza antifascista e militante in quartiere... Un modo nuovo di incontrarci, di stare insieme e di discutere insieme.

...La necessità di continuare un impegno politico, affrontando come centrali i problemi che la precedente militanza aveva lasciato da parte, come la condizione giovanile, la droga, i rapporti tra i sessi, l'ecologia e l'accesso alla cultura. Un impegno più legato ai miei bisogni, ma soprattutto l'urgenza di capire cosa stava succedendo, in un momento in cui non c'era più nessuno che mi dava la linea. Forse la paura di rimanere isolato.

Credo che sia stato per me e per molti un momento di formazione, crescita, conoscenza, stimolo, solidarietà, amicizia, affetto, riso e pianto, difficile da dimenticare. Un crogiolo di razze che provano a vivere insieme.

... Per me personalmente è stato molto importante. Io in quel periodo ho proprio svoltato, ho cambiato il modo di vedere le cose; prima vivevo in modo molto subordinato, non mi sentivo mai protagonista delle cose che capitavano. Lì mi sono sentito molto protagonista, molto responsabilizzato delle cose che stavano succedendo. Molte cose che poi mi sono servite nella vita di tutti i giorni le ho imparate in quel periodo...

C'era l'utopia della rivoluzione, una spinta grossa. In fondo al nostro cuore c'era l'idea che si potesse veramente trasformare la società in maniera radicale. Questa spinta, questa energia che creava tensione sociale in ogni luogo, permetteva di discutere di tutto, di mettere in discussione qualsiasi aspetto della vita, non solo nell'ambito produttivo ma anche in quello riproduttivo. Il fatto di mettersi in gioco era una condizione che era possibile, era data. Adesso è difficile che qualcuno prenda una parte della sua vita e la dedichi a qualcosa, in qualsiasi situazione perché manca l'utopia. Adesso manca l'utopia, e perciò ora pensi al tuo interesse più immediato.

 

I caratteri peculiari del circolo sono stati l'essere un luogo fuori dalle regole del mercato, in cui si decideva collettivamente, mettendo in discussione il modo in cui tessere le relazioni affettive, politiche; in cui ci si sentiva attori della propria vita invece che ricettori passivi; in cui si decideva come stare con gli altri; in cui ci si divertiva.

Sicuramente avrei voluto che ci fosse più sincerità e trasparenza nei rapporti umani, che nominalmente erano impostati sulla massima apertura e sulla negazione dei rapporti di potere tra le persone, almeno in quella sede, ma che invece erano da me percepiti esattamente come quelli tradizionali nella sostanza... .

 

Credo di essere stato molto fortunato e di dovere molto ai miei amici e compagni di allora. Ho iniziato a leggere libri a suonare la chitarra ed a rapportarmi con il mio corpo che stava maturando. Ho conosciuto la violenza giusta e quella sbagliata. Ho imparato a stare in mezzo alla gente ed il ricordo più bello è di quando ho parlato la prima volta ad una riunione ed ho visto che la gente mi ascoltava.

Non è stato un progetto esclusivo, faceva parte di tutto quel clima che era un clima che lievitava, che montava e che nasceva dall'allontanamento delle organizzazioni e dall'esperienze diverse che c'erano in quel momento, soprattutto sul versante giovani. Quando ci siamo trovati al circolo io l'ho sentita più come una cosa ludica che politica. Per certi aspetti non era più come andare alla cellula, non più andare ad organizzare una attività politica che aveva delle finalità fuori da sè, e che organizzava delle cose che si andavano a fare da un'altra parte. Fare il circolo era il fine e non era più fare qualcosa per qualcos'altro e questa era un po' la differenza secondo me.

In quel momento il circolo è stato uno spazio che ha consentito di vivere in un modo diverso la propria esperienza quotidiana, nei rapporti interpersonali, nelle attività relative al tempo libero, nella pratica di esperienze di conflittualità, di alterità rispetto a quelli che erano i modelli preconfezionati.

Per me è stato trecento persone che gravitano intorno alla villa. Uno spazio aperto attraversato dall'intera città, da tutto il movimento di Torino di quell'anno. Il vissuto che ricordo è questa dinamica al tempo stesso integrata e frammentata: il circolo era un punto di confluenza di quello che accadeva più ampiamente nel movimento cittadino.

Realmente il circolo è stata una esperienza contraddittoria che non ha avuto lo spazio per determinarsi, per verificare quelle che erano le ipotesi del progetto iniziale. In sostanza per me il circolo ha rappresentato un'esperienza incompiuta.

Per alcuni il circolo ha rappresentato una rottura rispetto al modo di fare politica delle vecchie organizzazioni, per altri forse questo taglio non è stato altrettanto netto. La commissione lavoro ha funzionato benino, era un punto di riferimento dei compagni che lavoravano e per questo si sentivano un po' emarginati dalla vita del circolo. Anche i compagni delle facoltà umanistiche hanno sperimentato un modo di studiare collettivamente con la proposta di seminari autogestiti su tematiche socialmente utili e inserite nel circolo. Tutte le altre attività (teatrali, musicali, le manifestazioni di piazza, di apertura al quartiere, di lotta all'eroina, di controinformazione alimentare) sono state ugualmente importanti.

Ho frequentato molto raramente il circolo Cangaçeiros alla villa. Ci sono andata qualche volta con i compagni del mio liceo, ma devo ammettere a malincuore che non ho mai trovato un ambiente favorevole, aperto, piacevole. La mia frequentazione è iniziata quando è stato sgomberato, quando per necessità erano tutti più disponibili.

Il fatto che molte delle persone che attualmente frequento abbiano vissuto quei momenti forse è un indicatore dell'importanza di quel periodo sulla mia formazione personale e politica

... il circolo e' stato fino alle vacanze estive, un reale punto di riferimento per i giovani, radicato e integrato nel territorio. Ricordo la nostra presenza nei negozi, nelle strade intorno alla villa, le feste, il rapporto con i tossici del parco: una casa per tutti noi in cui poter stare insieme....

Il circolo è stato il culmine di una esperienza "comunitaria" di scambio, condivisione, fratellanza, che ha costruito tanti rapporti di sincero affetto ed espresso che è possibile vivere meglio fra esseri umani, diversamente dai

modelli dominanti, ma che c'è un duro lavoro che ognuno ha da compiere in sé.