CAPITOLO 2
POWER TO THE PEOPLE!
POTERE DROMEDARIO!
... le trasformazioni che contano devono fare i conti anche con la politica con la P maiuscola, ma quest'ultima a sua volta deve fare i conti con le contraddizioni sia nella produzione che, anche, nella riproduzione e in quella che si chiamava la sovrastruttura...
... occorre privilegiare sempre una logica e una politica che dia dignità alle persone...
... La politica diventava così qualcosa di molto più ampio del semplice rapporto-scontro con le istituzioni o della lotta sul posto di lavoro. Diventava aprire ed evidenziare le contraddizioni che ci sono nel sociale, quindi anche nella produzione di cultura, nei modi in cui ci si rapporta e si sta insieme. Per cui: imparare a fare arte, musica, teatro di strada non soltanto facendo autoriduzione, ma anche riappropriandosi della produzione artistica e quindi simbolica: questo è stato un passo avanti. Non si può dire infatti che, siccome non c'era più la speranza di un cambiamento sociale radicale, allora si è andati a parare su questi temi: i soggetti che si sono espressi nel '77 vivevano contraddizioni e conflitti nel sociale e non solo nel posto di lavoro, e quindi avevano dei bisogni e un'identità fuori dalla produzione. Il fatto che noi trovassimo le nostre ragioni per essere antagonisti fuori dal lavoro è una questione importante...
... allora all'ordine del giorno c'erano i tuoi problemi e le contraddizioni quotidiane, i tuoi bisogni
... Infatti, secondo me, il Circolo è stato un modo diverso di approccio a delle problematiche, che poi sono anche politiche, meno rigido rispetto all'approccio comune alle organizzazioni della sinistra extraparlamentare rivoluzionaria, ma diffusissimo anche all'interno dello stesso partito comunista: io ero andato a qualche riunione all'interno della FGCI, e, più o meno, c'era, appunto, il relatore che faceva i suoi discorsi, che so io, sullo scontro alla Fiat, o su Gramsci, poi qualcuno faceva delle domande e lui rispondeva, e quella era la dimensione politica per me in quel momento lì.
... la politica: si discuteva di come cambiarla : modalità delle manifestazioni, volantini, ma anche di come ci si rapporta fra le persone per farla...
... si sono incrociati diversi bisogni e diverse contraddizioni che non riuscivamo più a spiegare con i vecchi modi di leggere i problemi. Noi siamo ripartiti dalla nostra realtà di vita e dalla nostra soggettività...
Fare politica lo consideravo una cosa centrale da mettere prima dello studio. Voleva dire pensare di cambiare il mondo e sopprimere le ingiustizie. Credo che molte delle iniziative comunque privilegiassero il terreno del lavoro produttivo e non siano state capaci di affrontare sfruttamenti come il lavoro non retribuito tra le donne. Il ruolo della famiglia era criticato per gli aspetti repressivi nei confronti di donne e giovani, ma non nei suoi aspetti relativi al lavoro riproduttivo non pagato.
Fare politica era innanzi tutto la voglia di cambiamento totale della società, a partire dal piccolo, dal nostro territorio, era il rifiuto di un modo di fare politica vecchio e falso, era progettare una nuova società dove il lavoro non fosse l'elemento centrale della vita di un uomo, ma dove fosse possibile il miglioramento della qualità della vita di tutti i giorni.
La politica era progettare e costruire un proprio e altrui futuro attraverso una soggettiva partecipazione, senza deleghe. Un urlo liberatorio.
Ma la politica per me fino al 1977 era stato tutto; il posto dove trovare una identità di gruppo, quello dove far confluire il mio desiderio di amore per la vita, un modo per affermarmi e sentirmi in grado di incidere, di fare la mia parte per la realizzazione di un mondo più giusto, libero e integrante, cioè comunista. Questo bel sogno si era però già infranto proprio sotto la spinta del movimento emergente che aveva immesso il personale nel politico. E aprendo alla soggettività, tutti gli schemi idealistici si stavano velocemente sbriciolando e stavano mettendo in luce tutta l'inadeguatezza degli strumenti della politica, così come era praticata, per la finalità di cambiamento radicale del sistema. D'altra parte lo stesso movimento mi offrì di mantenere per un altro po' integra la speranza, spostando solo il soggetto/strumento della mia rivoluzione dal partito (leninista) al movimento. Far politica in quegli anni e fino alla esperienza del circolo è stato vivere.
... Uno dei problemi della politica degli anni '70, e anche delle Organizzazioni Rivoluzionarie, era di dividere i soggetti che sono centrali per la trasformazione da altri che sono sì importanti, ma se si sottomettono alla centralità dei primi: questo era successo alle donne a cui non era stata data la dignità di portatrici di conflitti e contraddizioni nella società di pari peso di quelle del lavoro. Questo nonostante la pesantezza di queste contraddizioni, che poi servivano al capitale nello sfruttamento del lavoro domestico e che erano antecedenti allo stesso capitalismo: questa sottovalutazione era segno di una grande miopia.
Ci può essere collaborazione fra i soggetti tesi al cambiamento, però ci va il riconoscimento di una pari dignità se no non si riesce a capire perché uno dovrebbe lavorare per una trasformazione che non tenga conto dei suoi bisogni
... C'era nella testa di tutti che si dovesse arrivare ad una resa dei conti, ad un cambiamento sociale, ad un cambiamento delle regole...