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LA POSIZIONE DEGLI ORDINOVISTI TRIESTINI IN RELAZIONE ALL’ATTENTATO ALLA SCUOLA SLOVENA
Resta solo da esaminare, in relazione all’attentato alla Scuola Slovena, la posizione degli elementi triestini, indicati da SICILIANO e VIANELLO, della cellula di Ordine Nuovo, cellula molto attiva nella città anche per evidenti ragioni storico-culturali e molto probabilmente responsabile anche di azioni di provocazione, negli anni ‘60, oltre il confine jugoslavo che si erano concluse con sparatorie con le guardie di confine (int. SICILIANO, 28.3.1996, f.2).
Fittissimi e di antica data sono i collegamenti che emergono, dalle testimonianze e dagli altri atti istruttori, fra la cellula di Trieste e la cellula di Mestre/Venezia e sembra superfluo citarli tutti.
Basti solo ricordare che, sin dalla metà degli anni ‘60, vi erano state riunioni comuni di elementi di Mestre/Venezia, di Trieste e di altre città, ancora all’interno dell’ala più radicale del M.S.I. e ancora prima dell’uscita di Ordine Nuovo dal partito (int. SICILIANO, 17.4.1996, f.3) e che Francesco NEAMI era sovente ospite, a Venezia, in casa MAGGI (int. DIGILIO, 25.6.1993, f.4; 12.10.1996, f.5), che a Trieste, SICILIANO, VIANELLO e BUSETTO si erano recati per dare man forte ai camerati nell’azione punitiva contro i giovani di estrema sinistra (int. SICILIANO, 20.10.1994, f.7; int. VIANELLO, 19.11.1994, f.10; dep. BUSETTO, 11.11.1994, f.2) e che, del resto, normalmente i militanti triestini erano presenti alle manifestazioni di Ordine Nuovo a Mestre e viceversa i mestrini a quelle convocate a Trieste.
I triestini erano stati infatti presenti, con un ruolo molto attivo, agli scontri del 3.5.1970 in Piazza Ferretto, a Mestre, con giovani di opposta tendenza in occasione di un comizio dell’on. ROMUALDI (int. SICILIANO, 28.3.1996, f.3; 5.4.1996, f.2; confronto SICILIANO-Claudio BRESSAN, 22.3.1996, f.3, nel corso del quale il triestino BRESSAN ha ammesso la sua presenza a Mestre), mentre i mestrini poco tempo dopo, l’8.12.1970, avevano partecipato in massa, a Trieste, ad una manifestazione di carattere antislavo che si era conclusa con l’assalto alla sede del P.S.I. e altre azioni di violenza e con l’incriminazione e la condanna, fra gli altri, di Martino SICILIANO, Giampietro MARIGA e Francesco NEAMI (int. SICILIANO, 25.10.1996, f.4 e sentenza allegata alla nota della Digos di Trieste in data 10.10.1996, vol.25, fasc.5, ff.23 e ss.).
I nomi di vari militanti triestini (fra cui ancora Francesco NEAMI) erano inoltre presenti nell’agenda sequestrata a Franco FREDA all’inizio dell’istruttoria sulla c.d. pista nera (int. SICILIANO, 21.3.1996, ff.1-2) e in particolare i rapporti fra Claudio BRESSAN e Franco FREDA sono proseguiti quantomeno sino alla fine degli anni ‘70, quando FREDA si trovava in carcere (cfr. fascicolo della Digos di Trieste intestato a Claudio BRESSAN, vol.17, fasc.2, ff.26 e 37-39) a testimonianza dell’importanza rivestita dal gruppo triestino all’interno della geografia di Ordine Nuovo.
Per quanto concerne l’attentato alla Scuola Slovena, risulta dalle concordi dichiarazioni di Martino SICILIANO e Giancarlo VIANELLO (di indiscutibile valenza probatoria in quanto rese separatamente, a brevissima distanza di tempo, da due persone che non si vedevano da oltre 20 anni) che l’apporto dei militanti triestini fu duplice.
Essi infatti, dopo avere atteso e incontrato a Trieste il gruppo che proveniva da Mestre a bordo della FIAT 1100, avevano mostrato ai camerati il punto esatto dove si trovava la Scuola Slovena e quindi la migliore via di accesso e di fuga e avevano messo a disposizione dei mestrini un appartamento, non distante dalla Scuola Slovena, nella disponibilità di uno dei militanti del gruppo, affinché Delfo ZORZI e gli altri, con una breve sosta, potessero approntare e collegare in condizioni di sicurezza gli inneschi degli ordigni contenuti in due cassette militari che dovevano essere deposte, nella notte, prima a Gorizia sul confine e poi a Trieste.
Pur essendo pacifica la presenza e il contributo dei camerati triestini, Martino SICILIANO e Giancarlo VIANELLO hanno avuto difficoltà, in ragione del tempo trascorso, a ricordare quali e quanti dei militanti della locale cellula fossero presenti e quali li abbiano accompagnati nell’appartamento.
Martino SICILIANO, mettendo a fuoco progressivamente tali scene, ha ricordato che all’appuntamento a Trieste erano presenti tutti e quattro i militanti più noti della cellula triestina (PORTOLAN, NEAMI, BRESSAN e Claudio FERRARO), ma che solo due, e cioè i più decisi e determinati NEAMI e PORTOLAN, avevano accompagnato il gruppo dei mestrini nell’abitazione che era di proprietà di una parente deceduta di PORTOLAN e che si trovava a non molta distanza dalla Scuola Slovena (int. 18.10.1994, f.4; 29.1.1995, f.2; 16.3.1996, f.4; confronto con Claudio BRESSAN, citato, ff.4-5, e, in merito alla presenza di Claudio FERRARO, int.9.10.1996, ff.1-2).
Giancarlo VIANELLO ha ricordato la presenza solo di due triestini, uno dei quali certamente Francesco NEAMI e il secondo anch’egli uno dei militanti più noti, non riuscendo tuttavia a focalizzare se si trattasse di Manlio PORTOLAN o Claudio BRESSAN (int.19.11.1994, f.6, e 6.12.1994, f.2).
L’appartamento in cui i mestrini erano stati condotti era modesto, non era abitato e apparteneva ad un parente di uno dei due triestini (int. VIANELLO, 19.11.1994, f.7, e 27.5.1996, ff.5-6).
Tali incertezze, comprensibili a tanta distanza nel tempo dei fatti e comunque di per sé indicative della sincerità dei due dichiaranti, non sminuiscono minimamente il quadro di accusa anche tenendo presente che l’indispensabile apporto logistico fornito dal gruppo triestino non solo è perfettamente logico, ma è del tutto in sintonia con l’intervento del gruppo quando, tre anni dopo, sarebbe stato necessario far allontanare da Trieste l’avv. Gabriele FORZIATI nel timore che egli rivelasse quanto, seppur in modo indiretto, egli sapeva sulla responsabilità dei triestini nell’attuazione degli attentati.
Infatti la fuga dell’avv. FORZIATI da Trieste a Venezia era stata ispirata e patrocinata con un tranello da Claudio BRESSAN e in seguito Francesco NEAMI e probabilmente Claudio FERRARO avevano sorvegliato lo spaventato avvocato nell’appartamento di Via Stella, a Verona, prima che egli raggiungesse la Grecia (cfr. capitolo 16 della presente sentenza-ordinanza).
Sul piano delle conclusioni istruttorie, non potendosi, alla luce di quanto esposto nei capitoli precedenti, qualificarsi l’attentato alla Scuola Slovena come tentata strage e non potendosi quindi riaprire l’istruttoria nei confronti di Francesco NEAMI (già prosciolto in sede istruttoria dal G.I. di Trieste) in quanto i reati meno gravi configurabili sono estinti per prescrizione, deve essere emessa nei suoi confronti sentenza di non doversi procedere per inammissibilità di un secondo giudizio.
Nei confronti di Manlio PORTOLAN invece, molto probabilmente presente all’appuntamento a Trieste e molto probabilmente colui che aveva messo a disposizione l’appartamento ove fu operato l’innesco degli ordigni, condividendosi le richieste del Pubblico Ministero, deve essere emessa sentenza di non doversi procedere per gli stessi reati per intervenuta prescrizione.
Il contributo della cellula di Ordine Nuovo di Trieste all’attentato alla Scuola Slovena dell’ottobre 1969 è, su un piano prospettico, tutt’altro che secondario in quanto tale attentato si pone a metà strada fra gli altri attentati cui tale cellula, secondo i pur incompleti dati emersi, avrebbe partecipato rafforzando l’ipotesi di una stabile operatività organizzata e diretta in prima persona dal dr. MAGGI.
Vincenzo VINCIGUERRA, infatti, pur non rivelando la fonte delle sue conoscenze, comunque certamente interne alla struttura di Ordine Nuovo e quindi attendibili, ha dichiarato che Giovanni VENTURA, accennando al G.I. dr. D’Ambrosio alla corresponsabilità della cellula di Udine negli attentati ai treni dell’agosto 1969, (cellula ormai disintegrata dal disastroso esito del dirottamento di Ronchi dei Legionari in cui aveva trovato la morte Ivano BOCCACCIO), aveva coscientemente mentito e cercato di confondere gli investigatori in quanto all’esecuzione di tali attentati, come ben noto allo stesso VENTURA, aveva partecipato invece la cellula di Trieste ancora intatta e operativa (int. VINCIGUERRA, 2.12.1992, f.2; 21.12.1992, f.3).
Carlo DIGILIO ha poi confermato che i triestini, sempre a seguito di direttive del dr. MAGGI, avevano partecipato agli attentati ai treni (int.30.8.1996, f.3) e avevano poi dato il loro apporto per l’esecuzione degli attentati "minori" del 12.12.1969 che erano avvenuti a Roma (int.10.9.1996, f.4).
Un filo di continuità collega quindi l’importante cellula di Trieste a tutta la catena degli attentati, dalle "prove" di agosto e di ottobre sino alla giornata del 12.12.1969.
A margine del coinvolgimento degli elementi triestini di Ordine Nuovo nell’attentato alla Scuola Slovena si colloca la vicenda relativa all’attività informativa e di collaborazione svolta dalla famiglia PORTOLAN con le strutture di sicurezza del nostro Paese e della NATO.
Claudio BRESSAN infatti, sin dalla deposizione resa a personale del R.O.S. in data 11.1.1996, aveva fatto cenno alle confidenze ricevute da Manlio PORTOLAN in merito al fatto che la madre, rimasta vedova, aveva affittato, alla fine degli anni ‘60, una stanza dell’appartamento di Via Belpoggio, ove risiedeva con il figlio, ad agenti dei servizi segreti, probabilmente del S.I.D. (dep. citata, f.2).
Tale disponibilità era ricollegabile al fatto che il padre di Manlio PORTOLAN, sottufficiale della Guardia di Finanza, era stato in vita sempre legato al medesimo ambiente e di conseguenza il punto di appoggio fornito dalla signora PORTOLAN ad agenti dei servizi distaccati a Trieste era la naturale prosecuzione dell’attività svolta dal marito (int. BRESSAN, 1°.3.1996, f.4).
In ragione della situazione che si era creata, anche al figlio Manlio era stata chiesta una collaborazione con il Servizio che egli aveva effettivamente prestato passando informazioni sull’ambiente di estrema sinistra locale (int. citato, f.4).
Tale circostanza aveva influito negativamente sull’amicizia fra Claudio BRESSAN e Manlio PORTOLAN, tanto più che quest’ultimo, a dispetto delle teorie naziste e antisemite coltivate all’interno di Ordine Nuovo, era stato assunto presso la ditta di trasporti israeliana ZIM (dep. 11.1.1996, f.3).
Tali notizie apparivano immediatamente interessanti e attendibili anche perché Claudio BRESSAN, certamente non un pentito né un collaboratore, aveva inteso riferirle incidentalmente per spiegare i contrasti di natura personale e politica insorti , all’inizio degli anni ‘70, con Manlio PORTOLAN all’interno della cellula di Ordine Nuovo di Trieste.
Veniva quindi deciso di affidare al S.I.S.Mi. la ricerca di tutti gli atti, risalenti al periodo dall’immediato dopoguerra alla fine degli anni ‘60, che potessero confermare quanto riferito da Claudio BRESSAN.
La ricerca dava esito positivo.
Infatti, dagli atti forniti dalla Direzione del S.I.S.Mi. risultava che il maresciallo della Guardia di Finanza Filippo PORTOLAN, originario della Dalmazia e sottoposto sin dal dicembre 1943 a procedimento di discriminazione per la sua attività fascista, nel dopoguerra era stato distaccato presso il SIFAR con compiti controinformativi di particolare delicatezza in relazione alla situazione jugoslava e aveva anche collaborato con l’Ufficio Informazioni dello Stato Maggiore Esercito sino al momento del suo posizionamento in congedo, nel 1959 (cfr. fascicolo relativo al mar. Filippo PORTOLAN presso l’Ufficio Coordinamento Informativo e Sicurezza della Guardia di Finanza, vol.20, fasc.4, ff.1 e ss.).
Soprattutto dal fascicolo intestato al maresciallo PORTOLAN fornito dal S.I.S.Mi. (vol.20, fasc.4, ff.48 e ss.) e dall’allegata nota di analisi del Reparto Eversione del R.O.S. Carabinieri in data 21.9.1996) emergeva che il maresciallo, anche dopo il suo congedo e sino alla sua morte, aveva continuato a svolgere attività informativa per il Centro C.S. di Trieste e per persone distaccate dell’Ufficio R del S.I.D. in merito alla situazione jugoslava di cui era buon conoscitore avendo prestato servizio militare, durante la guerra, lungo il litorale dalmata e parlando correntemente il serbo/croato ed era stato anche in contatto, nel 1967, con ufficiali della NATO e del Comando del Counter Intelligence Corps della base SETAF di Vicenza per un’azione informativa da svolgere in territorio bulgaro.
L’eccessiva autonomia e disinvoltura mostrate dal maresciallo PORTOLAN (cui erano stati assegnati i nomi in codice PIPPO e INES) nei rapporti con tali ultime strutture gli erano costate, nel maggio 1967, una "reprimenda" da parte di un elemento del Raggruppamento Centri C.S. di Roma giunto appositamente a Trieste per verificarne l’attività (cfr. nota in data 22.5.1967 del Centro C.S. di Trieste, ff.117 e ss.).
Pur non essendovi agli atti riferimenti ad una successiva, analoga attività del figlio Manlio, è evidente che gli elementi acquisiti grazie a tali fascicolo rafforzano notevolmente il racconto di Claudio BRESSAN in merito ai contatti con apparati istituzionali dell’ex-Reggente della cellula di Ordine Nuovo di Trieste e come tale, e fino alla sua sostituzione con Francesco NEAMI nel 1968/1969, diretto referente del dr. MAGGI sul territorio.
Perdipiù il generale Guido GIULIANI, Capocentro S.I.D. a Trieste fra il 1965 e il 1968 e firmatario di alcuni atti contenuti nel fascicolo intestato al maresciallo Filippo PORTOLAN, ha confermato non solo che quest’ultimo era uno stabile e importante collaboratore del Centro, soprattutto nelle azioni informative relative alla Jugoslavia, ma anche che il figlio Manlio, di cui il Centro C.S. di Trieste pure ben conosceva l’attiva militanza ordinovista, era stato reclutato per fornire informazioni (dep. generale GIULIANI al G.I. di Venezia, dr. Carlo Mastelloni, e a questo Ufficio, 28.8.1997, ff.3-4).
E’ significativo ricordare che nel fascicolo intestato al maresciallo Filippo PORTOLAN, appena citato, sono presenti due note del Centro C.S. di Trieste con le quali si comunica al Reparto "D" della Direzione Centrale del Servizio l’esito del processo celebrato nel giugno 1962 dal Tribunale di Trieste e che si era concluso con la condanna di Manlio PORTOLAN a circa un anno di reclusione, di Claudio BRESSAN e di altri 3 ordinovisti triestini per l’attentato in danno dell’abitazione dell’antifascista prof. Carlo Schiffrer, avvenuto il precedente 1° aprile, e di Francesco NEAMI per detenzione di armi ed esplosivi (cfr. note del Centro C.S. di Trieste, 26.4.1962 e 2.7.1962, vol.20, fasc.4, ff.89 e ss.).
E’ certamente singolare che il Centro C.S. di Trieste utilizzasse e abbia continuato ad utilizzare quale collaboratore sul piano informativo il maresciallo Filippo PORTOLAN e, a un livello più generico, il figlio Manlio negli stessi anni in cui quest’ultimo si rendeva responsabile di attentati e di detenzione di esplosivo ed era uno degli elementi portanti dell’agguerrito e pericoloso gruppo di Ordine Nuovo di Trieste, la cui attività, vi è da concludersi, non interessava più di tanto il Servizio.