Solo negli interrogatori resi a questo Ufficio in data 12 e 14 ottobre 1996 Carlo DIGILIO si è risolto a raccontare quanto a sua conoscenza, diretta e con chiari profili di corresponsabilità, in merito alla persona di Gianfranco BERTOLI e all’attentato dinanzi alla Questura di Milano del 17.5.1973.
In merito a tale strage è in corso tuttora un procedimento in Istruzione formale, in quanto il G.I. di Milano, dr. Antonio Lombardi, nel rinviare a giudizio, nel 1974, l’autore materiale del lancio della bomba a mano "ananas" in Via Fatebenefratelli, aveva operato uno stralcio riguardante i corresponsabili e gli organizzatori della strage, convinto, non a torto, che l’intera vicenda non fosse il frutto dell’azione di un isolato anarchico individualista e che vi fosse un ampio retroterra ancora da rischiarare.
Effettivamente, con la ripresa delle indagini, in questi ultimi anni tale ipotesi si era rafforzata.
Talune incongruenze del racconto di BERTOLI, l’attività di informatore da questi svolta in favore del SIFAR, seppur in tempi antichi, gli accertati contatti con altri elementi di destra padovani e veneziani (quali Eugenio RIZZATO, Sandro RAMPAZZO e Sandro SEDONA) e alcune voci che avevano cominciato a levarsi nell’ambiente di destra (in particolare le testimonianze molto attendibili di Vincenzo VINCIGUERRA e Roberto CAVALLARO) portavano con sempre maggiore convinzione a ritenere che Gianfranco BERTOLI, pur avendo meditato a covato per lungo tempo il suo gesto clamoroso, fosse stato aiutato nell’organizzazione ed esecuzione dello stesso da ambienti del tutto diversi da quelli anarchici.
Mancava però la testimonianza decisiva che potesse aprire uno squarcio sui movimenti e i contatti di BERTOLI prima della strage e che potesse raccontare in forma diretta, e non per voci o confidenze d’ambiente, gli avvenimenti precedenti l’arrivo di BERTOLI a Milano.
Tale squarcio è giunto dal racconto di Carlo DIGILIO, che qui si riporta per le sue connessioni con l’attività delle strutture di sicurezza americane, mentre l’intero quadro delle corresponsabilità nell’azione di Gianfranco BERTOLI sarà ovviamente illustrato nel provvedimento istruttorio conclusivo del dr. Antonio Lombardi.
"...intendo
spontaneamente riferire quanto a mia conoscenza in merito alla persona di Gianfranco
BERTOLI, autore della strage dinanzi alla Questura di Milano.
Premetto che prima dell'azione di BERTOLI vi fu una riunione a Colognola ai
Colli, presenti MAGGI, SOFFIATI, MINETTO e io nella trattoria che in quel periodo
non era ancora in gestione alla famiglia Soffiati.
MAGGI spiegò che il progetto di un attentato contro il Ministro RUMOR non poteva
al momento essere attuato perché il primo che era stato interpellato per l'esecuzione,
e cioè Vincenzo VINCIGUERRA, si era rifiutato di prestarsi poiché non riteneva
corretto il progetto.
Il Ministro RUMOR era odiato nell'ambiente di destra perché aveva ostacolato
i progetti di mutamento istituzionale in Italia e si era mostrato ostile alla
destra.
MAGGI disse che era assolutamente necessario trovare un'altra persona che eseguisse
l'attentato.
Ribadì che bisognava "spazzare via RUMOR" e queste sono esattamente
le parole che ricordo egli disse.
MAGGI aggiunse che comunque avrebbe continuato ad occuparsi del progetto e che
riteneva fattibile utilizzare Gianfranco BERTOLI che era una persona disposta
a tutto.
Se si fosse riuscito a reclutare BERTOLI vi sarebbe stata per l'azione una "copertura"
anarchica dinanzi all'opinione pubblica che avrebbe funzionato come aveva funzionato
in passato e cioè per Piazza Fontana.
Anche in questo caso, infatti, l'opinione pubblica, secondo MAGGI, avrebbe continuato
a dire "ecco, i soliti anarchici!".
Io sino a quel momento non aveva mai visto BERTOLI, ma ne avevo solo sentito
parlare nell'ambiente come di un anarchico individualista che conosceva MAGGI
e ancora meglio conosceva BOFFELLI.
Sapevo che BERTOLI aveva i suoi punti di riferimento nel mestrino e cioè frequentava
tale zona.
Mi era stato detto che era una persona che viveva di espedienti e al limite
della sopravvivenza.
Qualche tempo dopo venni a sapere da SOFFIATI che questo BERTOLI era stato prelevato
nel mestrino da elementi del nostro gruppo e portato a Verona in Via Stella
per essere istruito sul da farsi.
Questa notizia si colloca in un periodo successivo al prelevamento di FORZIATI
ed esattamente l'anno dopo.
Quando arrivai in Via Stella vi trovai, oltre a Marcello SOFFIATI, anche Francesco
NEAMI di Trieste e questo BERTOLI, che ricordo malmesso ed emaciato con la barbetta.
Ricordo che aveva l'abitudine di tirarsi questa barbetta con la mano.
NEAMI gli stava spiegando, con una specie di vero e proprio lavaggio del cervello,
cosa avrebbe dovuto dire alla Polizia in caso di arresto e gli faceva ripetere
le risposte che avrebbe dovuto dare e cioè che era un anarchico individualista
e che si era procurato da solo, in Israele, la bomba per l'attentato.
Capii subito da SOFFIATI e NEAMI che BERTOLI era un debole e mi dissero infatti
che gli piaceva bere e lo avevano convinto anche con la promessa di un po' di
soldi.
Mi dissero che era già lì da parecchi giorni e che lo facevano bere e mangiare
a sazietà.
Anch'io rimasi qualche giorno a dormire in Via Stella, su di un vecchio divano,
e in quei giorni, non in Via Stella, ma a Colognola, vidi anche MINETTO il quale
era perfettamente al corrente di cosa si stava preparando e aveva personalmente
procurato i soldi per BERTOLI tramite gli americani.
Non si trattava comunque di una grande somma, ma di pochi milioni e infatti
si capiva subito, con un'occhiata, che BERTOLI poteva essere comprato con pochi
soldi.
NEAMI dormiva con BERTOLI, nella stanza da letto, per controllare suoi eventuali
colpi di testa, mentre io dormivo su un divano nel salotto e il divano era posto
vicino all'ingresso del bagno.
Ricordo che BERTOLI fumava, beveva era scostante non legò con me faceva discorsi
strani, diceva che comunque fosse andata egli sarebbe diventato un grand'uomo.
MAGGI andava e veniva e ricordo che gli provò anche la pressione e gli fece
qualche iniezione per dei disturbi che aveva.
BERTOLI diceva di soffrire di reumatismi per la vita disordinata che aveva fatto.
Ricordo che NEAMI si comportava duramente con lui quando Bertoli non dava le
risposte giuste o esagerava con le sue sparate verbali.
Io mi allontanai da Via Stella prima che BERTOLI entrasse in azione, ricordo
che era primavera ed esattamente il mese di maggio.
Aggiungo che la presenza di NEAMI non era un caso, ma era stata voluta da MAGGI
poiché NEAMI in precedenza aveva già fatto la guardia all'avv.
FORZIATI e quindi sapeva come muoversi, dove fare gli acquisti e la sua presenza
non dava eccessivo sospetto nel quartiere.
Tale precauzione era stata presa anche perché si temeva qualche soffiata
da parte del padrone del bar sottostante.
Nell'appartamento io avevo visto due o tre bombe a mano a frattura prestabilita,
tipo ananas, che SOFFIATI mi disse essere state procurate da MINETTO presso
la base di Verona dove c'erano residuati di vario genere.
L'operazione era stata fatta sostituendo per precauzione a queste bombe a mano
alcune di quelle molto simili che aveva detenuto Lino FRANCO e di cui ho già
parlato nell'interrogatorio in data 30.8.1996.
Dopo la morte di FRANCO queste bombe erano state recuperate e incamerate da
MINETTO.
Ricordo che io dissi a NEAMI che bisognava stare attenti e di sorvegliare bene
BERTOLI e comunque non trattarlo molto male poiché mi sembrava un po'
matto e poteva darsi che di notte disinnescasse la bomba a mano e ci facesse
saltare in aria tutti.
Io e NEAMI stavamo infatti svegli a turno e ci tenevamo in piedi con grandi
scorte di caffè.
La prosecuzione del piano consisteva nell'accompagnare BERTOLI una volta che
fosse perfettamente convinto a Milano nei pressi della Questura e farlo agire.
Io non partecipai a questa fase dell'operazione e non so chi del gruppo abbia
accompagnato BERTOLI, ricordo però che una volta insieme a MAGGI venne BOFFELLI
che era amico di BERTOLI e servì per tirarlo su di morale e BOFFELLI per rafforzarne
i propositi gli disse che doveva mostrare il suo coraggio e che tutti avrebbero
parlato di lui.
Io appresi dell'attentato dalla radio o dal giornale e capii subito che era
andato male perché non era morto RUMOR ma alcuni passanti.
Subito dopo andammo a cena allo SCALINETTO io, MAGGI e BOFFELLI.
MAGGI ci offrì questa cena per tirarci su, ma MAGGI aveva il muso lungo e l'atmosfera
era lugubre.
Si parlò pochissimo, ma MAGGI cercò di capire da BOFFELLI come mai BERTOLI avesse
sbagliato e BOFFELLI gli rispose che bastava pensare a come si lancia un sasso
e che sempre in questi casi anche per accidente si può sbagliare la traiettoria.
Aggiungo che MAGGI e ZORZI avevano proposto a VINCIGUERRA di agire non a Milano
ma in Veneto dove RUMOR risiedeva ma VINCIGUERRA si era rifiutato perché
sarebbe stata una carneficina".
(DIGILIO, int. 12.10.1996).
Il racconto in merito alla permanenza di Gianfranco BERTOLI in Via Stella è proseguito il 14.10.1996 con alcuni approfondimenti:
"Fra
la mia presenza in Via Stella quando c'era BERTOLI e quando appresi della strage
alla Questura di Milano passarono circa due mesi.
Ricordo infatti bene che quando appresi dell'attentato la mia presenza nell'appartamento
era una cosa ormai non recentissima.
Non so ove Gianfranco BERTOLI abbia trascorso tutto quel periodo, ritengo però
che dopo la sosta nell'appartamento si sia mosso perché ricordo che spesso diceva
che non tollerava che "gli dosassero l'aria" e non tollerava di essere
controllato così strettamente in quella maniera dal gruppo.
Ritengo che così come sia stato spiegato a BERTOLI cosa dovesse rispondere e
cosa dovesse sostenere frase per frase, gli sia stato anche indicato cosa sostenere
in merito ai suoi spostamenti in quel periodo.
Della sua vita passata ricordo che parlava spesso di un suo soggiorno in Israele
e che quando vide le bombe nell'appartamento disse che non aveva niente da imparare
perché quelle bombe le aveva già viste tali e quali in Israele.
Era un personaggio pieno di sé, si credeva un grand'uomo, diceva sempre che
doveva essere maggiormente rispettato, soprattutto da Francesco NEAMI che lo
prendeva anche a ceffoni quando non rispondeva a tono.
Accennò comunque anche ai suoi precedenti di carattere comune e che era stato
in galera.
Confermo che BERTOLI era un personaggio pieno di tic; si lisciava continuamente
la barbetta e secondo me aveva dei disturbi di carattere ormai stabili, conseguenti
al costante abuso di alcool.
E del resto anche in Via Stella, quando lui era lì, era molto facile inciampare
in bottiglie ormai vuote di alcolici disseminate per la casa.
NEAMI diceva che farlo bere era l'unico modo per tenerlo buono.
BERTOLI era chiaramente, anche dalla parlata, di origine veneta, non so dire
esattamente di quale provincia, ma l'accento denotava un'origine che direi dell'entroterra
mestrino. Era comunque di origini modeste".
(DIGILIO, int. 14.10.1996).
Dal racconto di Carlo DIGILIO (in cui questa volta non compare Delfo ZORZI in quanto, si ricordi, in quel periodo si trovava in Giappone) emerge in sostanza che BERTOLI, persona disturbata e frustrata alla ricerca di un gesto eclatante che lo riscattasse, aveva meditato da tempo un’azione del genere (colpendo i partecipanti alla cerimonia egli intendeva soprattutto "vendicare" PINELLI), ma che l’aiuto materiale e la spinta decisiva, anche sul piano psicologico, ad effettuare l’azione erano giunti non dall’ambiente anarchico, ma da un ambiente ben diverso cui egli era comunque contiguo, nel mestrino, per ragioni di amicizia personale e comuni frequentazioni.
Anche Martino SICILIANO, del resto, pur non avendo partecipato ai preparativi dell’azione del 17.5.1973 e avendo conosciuto BERTOLI solo di vista, ha parlato diffusamente della sua figura.
BERTOLI, secondo il racconto di SICILIANO, conosceva non solo elementi di destra legati anche alla piccola malavita dell’entroterra mestrino come SEDONA e MARIGA, ma conosceva molto bene anche il dr. MAGGI e Paolo MOLIN ed era rimasto in contatto con il dr. MAGGI anche durante la sua permanenza in Israele (int. 18.10.1996, ff.4-5).
Qualche tempo dopo la strage di Via Fatebenefratelli, ZORZI, commentando l’episodio con SICILIANO, gli aveva detto che l’episodio di Milano era inquadrato nella loro strategia.
Inoltre anche Martino SICILIANO era al corrente del progetto, maturato fra il 1970 e il 1973 all’interno del gruppo di MAGGI e ZORZI, di eliminare l’on. RUMOR, progetto di cui ha diffusamente parlato nei suoi interrogatori Vincenzo VINCIGUERRA in quanto oggetto di più proposte dei mestrini, da lui rifiutate, di eseguire materialmente l’azione.
Sulla base del dettagliato racconto di Carlo DIGILIO, approfondito nel corso degli interrogatori dinanzi al G.I. dr. Lombardi e confermato dagli elementi di riscontro già acquisiti nell’istruttoria condotta dal Collega, nel giugno 1997 il dr. Carlo Maria MAGGI, l’ex-mercenario Giorgio BOFFELLI e l’ordinovista triestino Francesco NEAMI sono stati raggiunto da mandato di cattura per concorso nella strage di Via Fatebenefratelli.
Per i profili che interessano, nella presente istruttoria, in relazione all’attività svolta dalle strutture americane, è ovviamente indicativo e gravemente inquietante l’apporto fornito dal caporete, Sergio MINETTO, il quale era stato informato dal dr. MAGGI del progetto di azione contro l’on. RUMOR, aveva procurato del denaro per BERTOLI traendolo dalla cassa della sua struttura e soprattutto aveva procurato le bombe a mano tipo ananas di cui BERTOLI doveva impratichirsi al funzionamento.
Anche in relazione alla presenza di BERTOLI a Verona, come per tutti gli avvenimenti precedenti, Carlo DIGILIO non aveva poi mancato di informare il suo diretto referente, il capitano CARRET, durante uno dei consueti appuntamenti a Venezia:
"Lo
incontrai (n.u.: il capitano CARRET) infatti a Venezia, secondo un incontro
già prestabilito, la settimana successiva a quella, se non sbaglio dal lunedì
al sabato, che avevo trascorso con BERTOLI in Via Stella.
Spiegai al capitano CARRET la situazione e cioè che il gruppo stava preparando
attraverso BERTOLI un attentato contro l'on. RUMOR.
A differenza di altre situazioni precedenti, come ad esempio l'attentato all'Ufficio
Istruzione di Milano, questa volta CARRET mostrò di non essere stato ancora
informato da nessuno di quanto stava avvenendo.
A seguito del mio racconto e della spiegazione che gli feci in merito a quale
tipo di persona fosse il BERTOLI, il capitano CARRET si mostrò preoccupatissimo
e disse che era un'azione che poteva finire male e che c'era a quel punto il
rischio che anch'io, che ero un suo ottimo informatore, ne fossi travolto.
Aggiunse infatti che nel caso fosse stata effettivamente colpita una così alta
personalità dello Stato, le indagini sarebbero state molto approfondite con
il rischio, tramite BERTOLI, di mettere allo scoperto l'intera struttura e di
venire a sapere tutto quello che era avvenuto anche in passato compresi gli
attentati e il progetto di golpe degli anni 1969/1970".
(DIGILIO, int. 13.4.1997).
Un’azione così ad alto rischio come quella che vedeva coinvolto e utilizzato un personaggio come Gianfranco BERTOLI aveva quindi suscitato notevoli perplessità in un ufficiale prudente come il capitano CARRET, perplessità che erano forse il primo sintomo del distacco che di lì a poco, e comunque entro l’anno successivo, le strutture atlantiche avrebbero maturato dall’ipotesi di concorrere, in Italia come in altri Paesi, a mutare violentemente le strutture istituzionali, con il conseguente abbandono al loro destino delle frange più radicali dell’estrema destra in Italia e in Europa.
La figura di Gianfranco BERTOLI e il suo lungo soggiorno in Israele riportano l’attenzione a due soggetti, Luigi FOA’ e Sergio ALZETTA (nomi certamente in codice), agenti israeliani probabilmente legati al MOSSAD, con i quali Carlo DIGILIO era in contatto a Venezia nell’ambito dello scambio di informazioni fra strutture di intelligence collegate, relative soprattutto alle attività dei gruppi di estrema sinistra di idee spiccatamente anti-israeliane e anti-sioniste presenti all’Università di Venezia (int. DIGILIO, 13.7.1996, f.5; 30.8.1996, f.3; 5.3.1997, f.3; 15.3.1997, f.4).
I due tuttavia non si incontravano solo con DIGILIO nell’ambito delle rispettive attività, ma gravitavano anche intorno all’ambiente di Ordine Nuovo e in particolare al dr. MAGGI, la cui moglie peraltro è di origine ebrea essendo figlia di un’ebrea battezzata.
Vincenzo VINCIGUERRA aveva segnalato di essere stato convocato, all’inizio degli anni ‘70, a casa del dr. MAGGI e di avervi trovato, insieme al padrone di casa, Carlo DIGILIO, cioè ZIO OTTO, e un giovane con i capelli rossi che aveva sottoposto VINCIGUERRA ad una sorta di sondaggio in merito alla sua disponibilità a partecipare a campi di addestramento o attività simili (int. VINCIGUERRA, 16.6.1992, ff.2-3).
Vincenzo VINCIGUERRA, da buon nazional-rivoluzionario "puro", si era notevolmente insospettito ritenendo, non a torto, di essersi trovato di fronte a un esponente di qualche servizio segreto o struttura militare che, data la brevità dell’incontro, non era riuscito a identificare.
Carlo DIGILIO ha spiegato che il giovane con i capelli rossi altri non era che l’israeliano Sergio ALZETTA, interessato a verificare la disponibilità di VINCIGUERRA a partecipare ad attività di addestramento anche in relazione al progettato attentato contro l’on. Rumor, attentato proposto da MAGGI e ZORZI in quel periodo a VINCIGUERRA e da questi sdegnosamente rifiutato (int. DIGILIO, 16.5.1997, ff.1-2).
Sergio ALZETTA del resto, tramite il dr. MAGGI, aveva già fatto partecipare alcuni simpatizzanti di Ordine Nuovo, fra cui Giorgio BOFFELLI, a campi di addestramento in zone isolate del bergamasco (int. DIGILIO a questo Ufficio, 16.5.1997, f.2; al G.I. di Venezia, dr. Mastelloni, 8.2.1997, f.3), mentre Luigi FOA’ aveva organizzato, all’inizio degli anni ‘70, sempre tramite il dr. MAGGI, il viaggio quasi gratuito di parecchi militanti veneti, fra cui Delfo ZORZI, in Libano (in una zona controllata dai cristiano-maroniti), affinché essi partecipassero a corsi di addestramento in funzione anti-araba e anti-palestinese (int. DIGILIO, 15.3.1997, f.4 a questo Ufficio; al g.i. di Venezia dr. MASTELLONI, 8.2.1997, f.3).
Carlo DIGILIO ha del resto spiegato che nell’ambiente di Ordine Nuovo di Venezia, anche se ciò poteva apparire in contrasto con una ideologia vicina al nazismo, vi era un’area di simpatia strategica con lo Stato di Israele in quanto tale entità era vista come difensore dei valori occidentali in quella Regione, costituendo, insieme agli americani, una barriera contro i movimenti arabi influenzati dal mondo sovietico (int. 5.3.1997, f.4).
Sostenitore di tale linea politica era in particolare l’avv. Giampiero CARLET il quale, alla fine degli anni ‘60, si era impegnato all’interno del M.S.I. e di Ordine Nuovo affinché fossero avviate iniziative di appoggio in favore dello Stato di Israele (int. DIGILIO, 15.3.1997, f.4; dep. CARLET, 5.2.1996, f.1).
Del resto Vincenzo VINCIGUERRA ha ricordato che anche GUERIN SERAC, creatore dell’AGINTER PRESS e fervente cattolico-tradizionalista, non nascondeva la sua simpatia per Israele e le forze armate israeliane (a fianco delle quali l’Esercito francese, di cui egli era stato ufficiale, aveva operato congiuntamente nel 1956 nel Canale di Suez) e che l’unica discriminante nella lotta per la difesa dei "valori occidentali" doveva essere l’anticomunismo e la volontà di opporvisi attivamente (dep. VINCIGUERRA a personale del R.O.S., 12.1.1995, f.3).
Anche Martino SICILIANO ha confermato che, pur essendo egli rimasto personalmente ostile al mondo ebraico durante la sua militanza, esisteva nell’area di Ordine Nuovo di Mestre/Venezia una corrente filo-israeliana che vedeva in tale Paese un baluardo in Medio-Oriente contro il comunismo e aveva simpatia in particolare per i SABRA, cioè gli ebrei non immigrati ma nati in Israele, visti come combattenti per la propria terra contro la marea araba (int. 30.6.1997, f.2).
Martino SICILIANO ha inoltre confermato che FOA’ e ALZETTA avevano partecipato ad alcune riunioni di Ordine Nuovo in quanto legati soprattutto al dr. MAGGI e che soprattutto ALZETTA dava l’impressione di essere un militare con funzioni di addestramento e di comando (int. citato, f.3).
I due avevano organizzato il viaggio in Israele, già ricordato da Carlo DIGILIO, cui avevano partecipato una ventina di militanti del Veneto e di Roma fra cui Bobo LAGNA e quasi certamente Delfo ZORZI (int. citato, f.3).
E’ molto probabile, quindi, che in tale humus sia maturato il lungo soggiorno in Israele di Gianfranco BERTOLI, ospite di un kibbuz, e il suo "aggancio" per l’operazione contro l’on. Mariano RUMOR dopo il rifiuto opposto da Vincenzo VINCIGUERRA.