LA STRUTTURA ASSOCIATIVA DELLA LOGGIA P2
Il complesso di documentazione
pervenuto alla Commissione consente di formare un quadro sufficientemente preciso
in ordine alle strutture organizzative della Loggia P2.
Il primo dato che emerge a tal fine dai documenti è l'assenza di quel
fondamentale momento di vita associativa costituito dall'assemblea degli aderenti
all'organizzazione, dalla riunione cioè nella quale i soci dibattono
i problemi dell'associazione, tirano i consuntivi dell'attività svolta,
programmano la vita futura ed infine procedono alla elezione delle cariche sociali.
In una associazione regolarmente costituita e fisiologicamente funzionante,
questa complessa attività interviene secondo scadenze prefissate in astratto,
sulle quali il vertice non può influire ad arbitrio, ed è sottratta
altresì ad un eventuale potere derogatorio dei soci, promanando dallo
statuto sociale.
Nulla di tutto questo è dato riscontrare nella Loggia P2. I documenti
al nostro studio, non abbondanti ma esaurienti ai nostri fini, e le testimonianze
raccolte consentono di affermare che non solo una consimile attività
collegiale non ha mai avuto luogo, sia pure in modo episodico, ma che di essa
non si è nemmeno mai prospettata l'esigenza o quanto meno contestata
la mancanza.
Questa incontrovertibile constatazione può condurre a due diverse soluzioni:
ritenere non qualificabile la Loggia P2 come associazione o per converso riconoscerle
natura associativa, tale peraltro da essere confinata nella patologia di tale
forma di vita di relazione.
La Commissione considera che questa sia la soluzione da accogliere, per una
serie di ragioni che possiamo elencare secondo lordine seguente.
E in primo luogo accertato che la Loggia P2 conosceva momenti assembleari
di parziale portata. Sono infatti in possesso della Commissione documenti che
testimoniano di riunioni di gruppi di affiliati che per altro non avvenivano
secondo una calendarizzazione prefissata, caratteristica tra l'altro di tutte
le logge massoniche, quanto piuttosto per impulso episodico del vertice dell'organismo.
In secondo luogo è dato di sicuro riscontro la presenza di strutture
stabili che garantivano la funzionalità dell'organizzazione in quanto
tale, assicurando i contatti tra settori di soci variamente identificati: sono
questi i diciassette gruppi costituiti nella seconda fase, ai quali si aggiungeva
il gruppo centrale guidato da Gelli. Sotto il profilo strutturale è altresì
da rilevare che l'organizzazione aveva un vertice, ovvero un capo riconosciuto
come tale dagli affiliati e che questo vertice, modellato secondo una tipologia
strettamente personalizzata andava individuato nella figura di Licio Gelli,
poiché i riferimenti ad un vertice più allargato, che viene indicato
come direttorio, non trovano pratica attuazione secondo i documenti in nostro
possesso. Terzo rilievo è che appare acclarato come una conoscenza interpersonale
tra i soci, in quanto tali, fosse certamente garantita dalle riunioni di gruppo:
è pacifico cioè che gli affiliati entravano in contatto con altri
affiliati, riconoscendosi reciprocamente tale qualifica. Il quarto argomento
è relativo all'esistenza di un indubbio momento qualificato, particolarmente
solennizzato nella iniziazione, attraverso il quale l'affiliato riconosceva
di aderire alla associazione accettandola in quanto tale. Va da ultimo sottolineato,
con riferimento alla sede, come dato certo, che la loggia in quanto tale ha
usufruito sempre di un punto di riferimento stabile in modo continuativo (Via
Lucullo, Via Cosenza, Via Condotti, Via Vico, Via Romagnosi). Per altro a tale
sede può farsi riferimento nell'ultima fase, solo per la sessantina di
iscritti che figurano nel pie di lista ufficiale. E certo infatti
che durante questo periodo, quello di maggior significato e di più grande
sviluppo, la gestione amministrativa e contabile venne a trovare il suo punto
di riferimento presso la segreteria personale del Gelli, negli uffici personali
di Castiglion Fibocchi, mentre il vero centro di attività del Venerabile
e della loggia andava localizzato nella suite da questi occupata presso l'Hotel
Excelsior, meta assidua di pellegrinaggi di affiliati (e non) secondo le concordi
testimonianze. Questa duplice localizzazione della reale sede della loggia ben
rappresenta il rapporto di totale predominio che Gelli aveva infine raggiunto
nella Loggia Propaganda, anche nei confronti della comunione di Palazzo Giustiniani.
Gli argomenti che abbiamo esposti ci consentono di affermare non solo che la
Loggia P2 era oggettivamente costituita come struttura associativa ma che, in
quanto tale, essa era soggettivamente considerata dagli aderenti.
Il successivo passaggio è pertanto quello di stabilire secondo quali
modalità questa associazione si organizzava relativamente alle peculiarità
del tutto singolari del suo concreto operare e delle sue finalità, quali
ci vengono mostrate dai documenti.
Riprendendo gli argomenti sopra esposti ci è dato osservare che una connotazione
ad essi comune è la settorializzazione dei rapporti tra gli affiliati:
non è tanto cioè che manchino del tutto strutture e modelli propri
di una associazione normalmente funzionante ad assumere rilievo, quanto piuttosto
che essi sono presenti in forme che tendono ad escludere la circolarità
delle relazioni intersociali. Così manca l'assemblea generale, ma esistono
assemblee di gruppo; così pure è assicurata la conoscenza personale
tra gli affiliati, ma è negato al socio il possesso del dato conoscitivo
relativo alla totalità degli altri associati: altro elemento questo,
si noti, assolutamente caratterizzante una associazione di tipo regolare. Questi
rilievi ci consentono di osservare come la
prima manifestazione della patologia associativa della Loggia P2 risieda nella
sua struttura, modellata al fine di realizzare una sostanziale parcellizzazione
della vita sociale e dei rapporti tra i soci(1).
Tale assunto ci consente di pervenire all'acquisizione di un ulteriore risultato
interpretativo di estremo interesse. Non è chi non veda che una struttura
parametrata al modello descritto può avere possibilità di concreto
funzionamento solo postulando una direzione di vertici che, superando la parzialità
delle relazioni sociali ed in sé assumendole, consenta all'organizzazione
di estrinsecare i propri contenuti. L'assenza infatti di un fondamentale momento
di vita associativa quale l'assemblea, comporta di necessità l'esistenza
di un modello funzionale nel quale il vertice provveda a quanto non realizzato
dalla base: determinare, cioè, le linee generali di azione della organizzazione.
Tale modello era per l'appunto quello della Loggia P2 nella quale il Venerabile
Maestro assumeva configurazione di dominus assoluto dell'associazione, non trovando
di fronte a sé alcuna forma dì espressione consorziata della volontà
degli affiliati. Come tale Licio Gelli non ripeteva la sua posizione da procedimenti
elettivi, dei quali non si ha traccia alcuna, mentre per converso ci è
noto
che il Salvini ne decretò, su impulso del Gamberini, l'elevazione al
rango di Maestro Venerabile rigidamente elettiva secondo gli statuti massonici.
Lo schema di funzionamento sociale, che abbiamo individuato ci consente di affermare
che la Loggia P2 si pone come una associazione di assetto piramidale caratterizzato
dall'assenza o dall'estrema labilità dei rapporti orizzontali tra i soci.
Ad essa corrisponde l'individuazione, estremamente significativa, di una serie
di rapporti verticali instaurati tra la base ed il vertice, tra gli affiliati
ed il Gran Maestro, ampiamente documentati, in univoco senso, alla documentazione
epistolare e dai riscontri testimoniali.
Questo modello funzionale era del resto esplicitamente portato a conoscenza
degli affiliati, secondo quanto si ricava da una lettera circolare dal Gelli
inviata ai nuovi iscritti, nella quale è dato leggere: "Colgo l'occasione
per ricordarti che per qualsiasi tua necessità dovrai metterti sempre
in contatto diretto con me e che nessuno che non sia stato da me esplicitamente
autorizzato della qualcosa ti darò preventiva comunicazione -
potrà venire ad importunarti: qualora si dovesse verificare la deprecabile
ipotesi che del resto è assai remota, per non dire impossibile - di un
tentativo di avvicinamento da parte di persona che si presenti a te facendo
il mio nome, sarei grato se tu respingessi decisamente il visitatore e mi dessi
immediata notizia dell'accaduto".
Il testo citato offre alla nostra attenzione un duplice dato conoscitivo, perché,
oltre alla puntuale descrizione della situazione di verticalizzazione dei rapporti
sociali individuata come caratteristica strutturale della Loggia P2, ci conduce
alla prospettazione in termini conclusivi del problema della segretezza dell'organizzazione.
La ricostruzione proposta della storia della loggia nell'ambito del Grande Oriente
ci ha consentito di affermare che, attraverso il processo di ristrutturazione
che intervenne a partire dalla Gran Loggia di Napoli del 1974, la Loggia P2
venne a porsi in una condizione di segretezza non più assimilabile alla
riservatezza propria della tradizione massonica e tale da consentirci di definire
l'organizzazione come contrassegnata da una connotazione oggettiva, ovvero strutturale,
di segretezza. Quando adesso si considerino le raccomandazioni agli iscritti
contenute nella circolare riportata ci si avvede che in seconda analisi esse
altro non sono che una modalità attuativa della segretezza della loggia,
riportata all'estrinsecarsi delle relazioni sociali. La segretezza della loggia
vale cioè non solo nei confronti dell'esterno, ma permea essa stessa
la vita dell'associazione, trovando nella figura del Maestro Venerabile l'elemento
esclusivo di contatto tra gli affiliati ovvero l'arbitro ultimo delle relazioni
sociali e della loro stessa riconoscibilità nell'ambito della organizzazione.
Quanto all'esterno dell'organizzazione, nei confronti del mondo "profano",
la segretezza veniva sanzionata da un documento che fissava le regole di comportamento
dei soci. In questo singolare testo, intitolato "Sintesi delle norme",
è dato leggere che l'affiliato deve evitare di cadere in situazioni che
possano condurlo ad "infrangere - anche se involontariamente - la dura
regola del silenzio". Una regola, questa, che l'affiliato accettava sin
dal momento del suo ingresso nella loggia, quando, prestando giuramento, si
impegnava a non rivelare i segreti dell'iniziazione muratoria.
I riferimenti documentali riportati, richiamati dal Commissario Bellocchio,
ci consentono pertanto di affermare conclusivamente, completando il discorso
impostato nel primo capitolo, che non solo la Loggia P2 era organizzazione oggettivamente
strutturata come segreta, ma che essa, come tale, era soggettivamente riconosciuta
ed accettata dagli iscritti.
Dopo aver studiato la struttura dell'associazione, vediamo adesso come essa
si ponesse in relazione al perseguimento dei fini associativi, nonché
quali fossero la compartecipazione programmatica e la conoscenza reale dei soci
in ordine agli scopi ultimi dell'organizzazione alla quale avevano scelto di
aderire.
Anticipando qui argomenti e conclusioni che costituiscono lo sviluppo successivo
del presente lavoro, possiamo affermare che la Loggia P2 si delinea nettamente
alla nostra attenzione come una complessa struttura dedita ad attività
di indebita, se non illecita, pressione ed ingerenza sui più delicati
ed importanti settori, ai fini sia di arricchimento personale, sia di incremento
di potere, tanto personale quanto della loggia(2).
Questa ramificata azione, perturbatrice dell'ordinato svolgimento delle istituzioni
e degli apparati, interessava i campi più svariati della vita nazionale:
dalla politica all'economia, dall'editoria ai ministeri.
Questa enunciazione consente alla Commissione di affermare, con riferimento
alla finalità immediata della Loggia P2, che essa era come tale non solo
conosciuta dagli aderenti, ma si poneva come motivo primo della loro adesione
alla associazione. Entrare a farvi parte, infatti, altro non denunciava se non
la dichiarata e consapevole volontà di concorrere a tale azione perturbatrice
per la parte di rispettiva competenza, ad essa apportando il patrimonio personale
della propria capacità professionale, delle proprie relazioni e delle
influenze esercitabili. In questa prospettiva possiamo affermare che la finalità
immediata della Loggia P2 era, come tale, in pari modo
conosciuta da tutti i membri dell'associazione e da tutti, con pari impegno,
perseguita, le differenze riscontrabili, rispetto a tale fine concreto, avendo
ragione di essere solo per il diverso ruolo da essi membri ricoperto nella società
civile.
Possiamo osservare da ultimo che l'identificazione della ragione associativa
con questa finalità immediata altro non costituisce se non lo sviluppo
del tradizionale concetto di solidarietà massonica, che il Gelli, dando
notizia agli iscritti della costituzione dei gruppi, così efficacemente
individuava: "...solidarietà che, come sai, rappresenta il trave
maestro della nostra Istituzione...".
Notiamo allora che lo specifico apporto gelliano, nel consolidato quadro di
vita massonica, risiede nello sviluppo, sino alle estreme conseguenze, di fenomeni
prima di lui esistenti: come dalla riservatezza si passa per gradi alla definitiva
segretezza, con un compiuto salto di qualità, così dalla tradizionale
solidarietà, funzionale ad operazioni di piccolo cabotaggio, si arriva
alla dimensione affatto nuova di una operazione generalizzata di interferenza
nella vita del Paese. E facile allora osservare come i due fenomeni, secondo
quanto ci mostra lo studio della vicenda della loggia, corrano in parallelo
secondo un legame di intrinseca reciprocità, il primo essendo funzionale
alla ambizione di propositi del secondo.
Accanto, o meglio oltre, questo fine immediato la Loggia P2 si poneva un fine
mediato o ultimo al quale il primo era subordinato, e che verrà analizzato
e studiato nel capitolo concernente il progetto politico della Loggia Propaganda:
possiamo già dire, in tale sede, che il fine ultimo della organizzazione
risiedeva nel condizionamento politico del sistema.
Il problema che ci poniamo è quello di rilevare quale reale conoscenza
vi fosse presso gli affiliati in ordine a tale ultimo fine della Loggia P2,
se e con quale grado di intensità fosse in loro presente la percezione
che il concorso complessivo delle loro azioni, unificate dal vincolo associativo
della loggia, tendeva al perseguimento del fine politico indicato: se cioè
essi fossero avvertiti della
subordinazione del fine immediato, da tutti condiviso, al fine ultimo della
Loggia P2.
Dall'esame degli atti e della documentazione in nostro possesso non risulta
che il concorso della solidarietà tra affiliati pervenisse al riconoscimento
esplicito di questo collegamento; questa finalità ultima, peraltro, secondo
l'ampia analisi che svolgeremo in seguito, costituisce la connotazione generale
del fenomeno piduista, più che come professata dichiarazione intenzionale,
in termini di
implicita, sottesa direzione delle azioni della loggia e dei suoi aderenti.
A riprova di quanto affermato notiamo che il piano di rinascita democratica,
del quale si farà analisi particolareggiata, delinea lucidamente tale
strategia, ma ad essa non fa mai esplicito riferimento, come del resto è
lecito attendersi attesa la gravità dell'obiettivo.
Tale premessa ci consente di affermare in via induttiva, ma con verosimiglianza
di risultato, che la consapevolezza del fine ultimo della loggia non poteva
che essere graduata a seconda del ruolo rivestito dagli affiliati e - trattandosi
di finalità squisitamente "profana", per restare nella terminologia
- non poteva che assumere a metro di paragone il loro ruolo "profano",
ovvero gli incarichi e le funzioni da essi ricoperti nella società. In
via esemplificativa ci sembra di poter evidenziare che, rispetto a tale ultimo
fine, il coinvolgimento del direttore dei Servizi segreti fosse ben diverso
da quello di un ufficiale subalterno.
Di pari evidenza risulta che, per quanto invece attiene al fine immediato dell'organizzazione,
diversa era la conoscenza delle attività della loggia a seconda dei settori
di appartenenza; talché, tenendo anche conto del grado di espansione
delle attività, quanto avveniva nel settore editoria coinvolgeva certamente
gli appartenenti del gruppo Rizzoli, ma non in pari misura, ad esempio, gli
esponenti di vertice del mondo militare i quali, pur essendo a conoscenza della
penetrazione nel settore, ricorrevano alla intermediazione del Gelli per i contatti
reciproci, secondo quanto dimostrano vari episodi di ingerenza nel Corriere
della Sera, gestiti, verosimilmente, dal Trecca.
Possiamo allora concludere che a livello di fini dell'associazione, immediati
o ultimi che siano, si riscontra lo stesso fenomeno di parcellizzazione tra
i soci rilevato a livello strutturale; conclusione questa che, per la convergenza
dei risultati interpretativi, non solo arricchisce il nostro patrimonio conoscitivo,
ma attribuisce connotazioni di verosimile attendibilità alla ricostruzione
proposta.
Rimane da ultimo da precisare che il modello organizzativo studiato, anche a
livello di finalità dell'associazione, presupponeva che il possesso completo
della loro conoscenza risalisse soprattutto alla figura che vi fa capo e quindi
al Venerabile Maestro, la cui infaticabile attività è testimoniata
da tutte le fonti e che risulta ben spiegabile in un contesto associativo così
organizzato. La Loggia P2 ci appare allora, in tutta la sua funzionale essenzialità,
patologica, certo, rispetto ai modelli normali di associazione, ma assolutamente
idonea quale strumento destinato alla gestione di una generale operazione di
inserimento nel sistema a fini di condizionamento e controllo. Il modello assunto
è stato definito "per cerchi concentrici" dall'onorevole Rognoni
e tale espressione ben rappresenta la settorialità di strutture e di
relazioni sociali proprie dell'organizzazione.
Non è infine chi non veda come questa tipologia associativa, pur patologica,
non sia peraltro del tutto nuova. Il Procuratore generale della Repubblica,
nei motivi di appello avverso la sentenza del Giudice istruttore del tribunale
di Roma, ha infatti affermato, con riferimento al problema di segretezza, che
"sembra quasi di vedere enunciate, per tabulas, le regole del silenzio,
omertà e sicurezza a cui si dovevano attenere gli appartenenti ad organizzazioni
terroristiche o mafiose o camorristiche".
Analogo riferimento è proposto dalla sentenza del Consiglio Superiore
della magistratura. Questi rilievi possono essere allargati ad un più
generale contesto interpretativo, poiché ci è dato osservare che
da tali organizzazioni, che si muovono nell'illegalitàin forma organizzata,
la Loggia P2 mutua quella frammentazione dei rapporti sociali e quella non conoscibilità,
nei gradi intermedi, dei fini ultimi dell'organizzazione, che la stessa non
liceità di tali fini rende indispensabili connotati strutturali.
NOTE: