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CAUGHT IN THE
NET AS MORE DEMOCRACIES become substantially wired for Internet communication, one after another has flirted with strategies for regulating the flow -- some to extend long-standing prohibitions on expression into a medium that tends to undercut them; some, ironically, to thwart the dominance of American material online. Even setting aside authoritarian systems like Singapore or China, which could have been expected to balk at the possibilities of cyber-communication, it's an instructive spectacle to watch nations with ordinary freedoms but without the American attachment to the First Amendment navigate these challenges -- and to see what kinds of material are invariably the first to be put at risk. Two European democracies provide recent illustrations. In Britain, complaints were sparked recently when the government said it would set up a new independent but unelected panel to curb defamatory material and copyright violation on the Net -- not by legal challenge, as is the case now, but simply by requesting that British Internet service providers remove specified materials from their services. While these are in fact the two categories of material that service providers are under the most pressure to control -- to the point of being held liable in some cases -- they are also notoriously hard to define. British defamation laws are tight, the boundaries of Internet copyright in particular are still being thrashed out, and companies have been quick to press for censorship of sites critical of their products on the grounds that their trademarks are being violated. One Net group objected that the extension of existing defamation laws to chat groups "will mean that exchanges on the level of pub conversation will be censored." In Italy, meanwhile, authorities created a parallel flap when Bologna police seized the equipment of a nonprofit Internet provider they said had engaged in "prolonged defamation" of a travel agency. The provider said the reference was to a call for a boycott based on the travel agency's ownership; supporters of Kurdish rights said the business was owned by the family of the former Turkish prime minister, Tansu Ciller. You could hardly think of an issue more likely to raise contention, but this and the broader complaint are both reminders of a commonplace of free speech jurisprudence: It is unpopular speech, especially political speech, that most readily attracts suppression and that therefore needs protection. Without that protection, speech with truly wide distribution -- the Net's special gift -- can be swiftly pressured to give up the main advantages of such democratic leveling.
ISOLE NELLA
RETE: CRONACA DALLA RESISTENZA ELETTRONICA Italian crackdown Partiamo dal 1994: nella notte dell'11 maggio, la guardia di finanza compie una serie di perquisizioni presso molte sedi di BBS della rete FidoNet, le bacheche elettroniche per lo scambio di messaggi e files. Vengono sequestrati computer e apparecchiature. Il nome dell'operazione: Hardware1. Fu la più vasta azione di polizia mai condotta nei confronti della telematica italiana. Erano attive due procure, quelle di Pesaro e Torino. Applicarono la recente normativa in materia di tutela della proprietà sul software. Stefano Chicchiarelli e Andrea Monti, gli autori di Spaghetti hacker [Apogeo 1997], testimoniano come Hardware1 superò per dimensioni repressive il crackdown americano. Il cosiddetto Sun Devil. In seguito, i media italiani scoprirono il cyberspazio. Lo caratterizzarono come il luogo preferito dai pedofili, sette sataniche e terroristi. Curdi e turismo Ora, c'è un nuovo fuoco di paglia. Anzi, è meglio dire una coda di paglia. Quella della società Turban Italia. Ecco, la storia: la Lega per i Diritti e la Liberazione dei Popoli, Collettivo Spartakus, di Vicenza trascrive un volantino e lo invia a [cslist@ecn.org], una lista di discussione [ML]. E' dedicata a iniziative, notizie, documenti provenienti dai centri sociali e dintorni. La ML è ospitata sul server di Isole Nella Rete. Nel messaggio si invita a prendere coscienza della condizione del popolo curdo e a boicottare il turismo in Turchia. Si legge: "Ogni lira data al regime turco con il turismo è una pallottola in più contro i partigiani, le donne, i bambini curdi; questo bisogna dirlo forte e chiaro per non rendersi complici del tentativo di genocidio operato dallo stato turco contro il popolo curdo." Si mette in relazione il turismo con la società milanese: "L'invito della Turban Italia ai tours e soggiorni al mare nella Turchia più bella è decisamente un pugno nello stomaco, se confrontato con le notizie che quasi ogni settimana giungono dalle zone martoriate del Kurdistan. Nel Kurdistan turco 25 milioni di persone vivono sotto il giogo di 500.000 soldati e per mantenere la sua guerra sporca contro questo popolo lo stato turco fa affidamento soprattutto sulla valuta pregiata del turismo che frutta ogni anno oltre dieci miliardi di dollari." Sequestro preventivo In gennaio, la Turban Italia presenta una denuncia. Viene incaricata la Procura presso la Pretura circondariale di Vicenza. L'effetto si manifesta qualche mese dopo: il 23 giugno, il Procuratore della Repubblica Paolo Pecori ordina il sequestro preventivo del server di INR. Nella sede della DS Logics di Bologna, alle 10.30 del 27 giugno, arriva la Polizia Postale, provvista di delega. Non siamo più nel 1994. Gli smanettoni, i soggetti politici dell'underground digitale, le cybercomunità, tutti coloro che difendono la libertà di espressione, hanno risposto dando prova di generosità e forza collettiva. Arrivano i primi comunicati stampa di INR, l'analisi di Luther Blissett [Lo stato libero di Bananas], la solidarietà internazionale di Strano Network [Italia], Nodo50 [Spagna], xs4all [Olanda], il ponte verso i gruppi americani gestito da Bernardo Parrella e Arturo di Corinto. Girano sul web le traduzioni in spagnolo, francese, inglese e tedesco del messaggio [giudicato] diffamatorio, dell'ordine di sequestro e dei comunicati stampa. Poi, l'incessante mirroring delle pagine di INR, lo scambio di informazioni nella ML [hackmeeting@atlink.it], la chat di solidarietà realizzata sul server Cybercore. Inizia la pioggia di messaggi di protesta inviati agli organi governativi italiani e ai quotidiani nazionali. A parte il Manifesto, in cui si è letto l'articolo non firmato "Bologna, la polizia zittisce i centri sociali" [28 giugno], gli interventi di Franco Carlini e Benedetto Vecchi [30 giugno], la stampa ha mostrato ben poco. La RAI tace. Esce l'Herald Tribune. Si è visto il supporto dei gruppi di Decoder, Peacelink, Tactical Media Crew [e non c'è lo spazio per menzionare tutti coloro che lo meriterebbero]. Infine, Radio Città del Capo di Bologna, Radio Popolare Network di Milano, Radio Onda d'Urto di Brescia e Milano, Radio Black Out di Torino... hanno realizzato trasmissioni di controinformazione. La replica strategica del movimento ha occupato i flussi dell'infosfera. Il risultato si è visto. Dopo cinque giorni, il 1 luglio, il server è stato dissequestrato. Lo zelo di Pecori non è stato convalidato dal Gip. Mostro telematico INR è una associazione no-profit di utilità sociale a cui aderiscono: LILA [Lega Italiana per la Lotta all'AIDS], il Telefono Viola [sostegno alle malattie mentali], ADL [Associazione di Difesa dei Lavoratori], USI [Unione Sindacale Italiana]; centri sociali [circa 40 in tutta Italia]; riviste-on-line [Bandiera Rossa di Milano, Freedom Press di Londra], gruppi musicali [99 posse, Sunscape, Electra, Petra Mescal]; emittenti radiofoniche e molti altri. Sono state interrotte numerose ML: la lista di solidarietà con il Chiapas, la lista di discussione sui nuovi diritti legati all'era digitale, la lista delle comunità gay italiane. INR fa parte dell'European Counter Network, diffusa tra i centri sociali autogestiti e i collettivi della sinistra autorganizzata. Uno spazio telematico atipico. Agli occhi del perbenismo moralista, appare come un mostro telematico. Oltretutto, sono tra gli organizzatori dell'Hack-It '98. Il meeting che, con successo, si è svolto a Firenze dal 5 al 7 giugno. Nel Centro Popolare Autogestito. Non per nulla, Isole Nella Rete è la traduzione italiana del titolo di un romanzo di Bruce Sterling [Fanucci 1998]. Un noto guastafeste cyberpunk. Va da sé che le videocamere dei magistrati si fossero già attivate. Non è dietrologia. Il pericolo viene da chi si difende dal controllo elettronico con la crittografia e l'attivismo politico militante. Da chi si pronuncia per il no-copyright. Da chi frequenta l'underground digitale. Avranno qualcosa da nascondere? Libertà di espressione Vediamo le ragioni per continuare la resistenza elettronica. Un centinaio di associazioni e migliaia di utenti sono stati privati della possibilità di comunicare sul web. I sequestratari hanno avuto la possibilità di fare il backup [la copia] di tutte le informazioni presenti sull'harddisk del computer utilizzato come server. Dati sensibili conservati nella directory dei gay, di chi vive nel disagio, di chi è colpito da AIDS. Dunque, due domande: era necessario sequestrare il server infrangendo le più ovvie leggi sulla privacy? Era necessario bloccare l'attività informativa di associazioni che come la LILA stavano partecipando alla convention internazionale di Ginevra? La risposta è naturalmente no! Come ha scritto Luther Blissett: "In Italia sopravvive, sotto mentite spoglie, il vecchio codice fascista. La libertà di espressione, anziché una conquista dal basso, è considerata una concessione da parte dei poteri costituiti. Qualunque sociopatico a cui capita di ricoprire una carica qualsiasi può decidere di togliercela da un momento all'altro. (...) Dopo la bagarre scoppiata attorno al libro di Luther Blissett Lasciate che i bimbi, ecco l'ennesimo episodio, il più grave." Chi ha firmato il Verbale di Sequestro si è dimostrato a digiuno di qualsiasi conoscenza di Internet e ha fatto dell'ignoranza, del vuoto legislativo italiano, le basi per una pratica d'azione repressiva. E kalb, nella ML hackmeeting, ci ricorda che proprio a Bologna, il 24 aprile 1996, si tenne un convegno in cui la Commissione Europea per le Telecomunicazioni ebbe occasione di discutere la Comunicazione poi presentata al Parlamento Europeo: Illegal and Harmful Content on the Internet. La Comunicazione si muove sul fondamento inalienabile della libertà di espressione. Riguarda proprio la pubblicazione su internet di contenuti considerati in qualche modo dannosi e illegali Si pensi ai testi delle organizazioni neonaziste. In breve, si prevede: 1] la rimozione dal server dei files; 2] nel caso in cui non sia possibile farlo, il blocco dell'accesso alle pagine incriminate, a livello di provider. Non viene menzionato il sequestro dell'hardware: [www2.echo.lu/legal/en/internet/content/communic.html]. Grane in arrivo Il dissequestro è avvenuto sotto l'obbligo della società fornitrice d'accesso a Internet, il provider DS Logics, di consegnare una copia su dischetto del messaggio [giudicato] diffamatorio. La cosa è curiosa. In quanto è indubbio che il Procuratore della Repubblica ne fosse già in possesso. Era reperibile, peraltro, collegandosi al sito [www.ecn.org/lists/cslist/msg00480.html] da qualsiasi punto della terra. Muniti di telefono, computer e modem. Si potrebbe fare dell'ironia su un pubblico ministero italiano che esige la copia di un testo, replicabile ovunque, di cui già possiede una copia. Però, la ratio del potere ha i suoi anticorpi e avvera le sue icone di verità. Dunque, ci sono due considerazioni da fare. E' probabile che il Procuratore Pecori si sia reso conto delle grane in arrivo. Il Verbale di Sequestro dice: "... che la straordinaria urgenza della protezione da accordare alla querelante danneggiata giorno per giorno dalle frasi leggibili sul sito web sopra indicato non consente di attendere il provvedimento del Giudice." Un colpo di spugna sui diritti costituzionali [art. 15 e 21]. Sono state presentate delle interrogazioni parlamentari da Marco Taradash, Giovanna Melandri, Ramon Mantovani e Maria C. Nardini: [http://ecn.nodo50.org/comunicati.htm]. Gli avvocati difensori hanno contestato i difetti di procedura. Certo, il Procuratore della Repubblica, seppur sgrammaticato, come si evince dal Verbale di Sequestro, è meno pasticcione di quanto possa sembrare. Tenta di attribuire la responsabilità dei contenuti memorizzati sul server al provider. Equiparandolo al direttore responsabile di un giornale. Mossa furba. Ci riporta esattamente al caso Musti che vede incriminati i gestori dei provider Cybercore e 2mila8 ComunicAzione. Cioè Helena Velena e Rodolfo de Matteis, rei di aver ospitato il testo no-copyright di Lasciate che i bimbi [Castelvecchi 1997]. E' il punto caldo. Lo ha sottolineato lo staff di INR: "La questione della responsabilità dei provider è in realtà materia di discussione accesissima in tutto il mondo e ben lontana dall'essere risolta. L'orientamento prevalente sembra tuttavia essere quello di NON considerare i provider responsabili dei contenuti che veicolano, se non altro per ragioni di possibilità tecniche e di convenienza commerciale." Il pericolo sarebbe quello di veder controllare, filtrare e indicizzare centinaia di migliaia di informazioni, pagine web, messaggi privati... Si profila lo spettro di Sorvegliare e punire di Michel Foucault [Einaudi 1976]. 10, 100, 1000 mirror In un libro uscito di recente sotto lo pseudonimo collettivo di Joe Lametta, Kriptonite. Fuga dal controllo globale [Nautilus 1998], lucpac descrive la situazione: si chiede se i fornitori di servizi telematici debbano essere considerati come editori oppure bibliotecari/edicolanti, con semplici funzioni di depositari dei materiali sui cui contenuti non hanno né possono avere completa conoscenza. Nel caso che gli edicolanti avessero gli stessi doveri degli editori, avremmo un esempio di fantagiustizia: un quotidiano pubblica la lettera di un lettore. Qualcuno si sente diffamato e il magistrato di turno ordina la chiusura di tutte le edicole italiane. C'è di più. Sul Manifesto abbiamo letto numerosi articoli sul Kurdistan non lontani dal messaggio del Collettivo Spartakus. L'onda dell'ironia ha le sue maree. Con il sequestro, il Procuratore della Repubblica ha ottenuto esattamente il contrario di ciò che la Turban Italia voleva. Mentre prima il messaggio era nell'angolo dimenticato di un harddisk, oggi si trova tradotto in varie lingue su decine di server sparsi nel mondo. Tanto che bjack, sempre nella ML di hackmeeting, ha scritto: "Questa è una chiarissima dimostrazione del fatto che su Internet le leggi convenzionali NON sono applicabili. Anzi, qualsiasi tentativo di censurare un documento su Internet ha il desiderabile effetto di favorire ulteriormente la sua diffusione, come si è puntualmente verificato." Mentre scrivo, tutti i documenti relativi al sequestro sono leggibili su 26 siti web. I files aggiornati si possono scaricare su: [http://ecn.nodo50.org]. Due terreni di lotta Dopo la vittoria del dissequestro, la lotta prosegue. Su due terreni. Il primo: è stato raccolto l'invito di Carlo Gubitosa [Peacelink] di cercare materiali in difesa delle affermazioni degli autori del messaggio [giudicato] diffamatorio. In particolare, quella secondo cui negli affari della Turban Italia è coinvolta l'ex-premier Tansu Ciller. Nota ispiratrice degli squadroni della morte che hanno provocato l'eliminazione di centinaia di oppositori. Il secondo terreno: azioni di netstrike e protesta presso gli indirizzi elettronici della stampa, dei partiti e del governo. Per intenderci, il netstrike è una manifestazione digitale. Consiste nell'intasare il sito della Turban [www.turban.gov.tr], nondimeno la sua mailbox. Nessuno può vietare di visitare il sito, magari per qualche ora, e di lanciare e-mail. Moltiplicate per mille e fate i conti. Fa zero. Nel senso di funzionamento delle connessioni interessate. Nella miglior tradizione del Critical Art Ensemble, gli autori di Disobbedienza civile elettronica [Castelvecchi 1998]. Quando descrivono forme di lotta politica pacifica. Controllo sociale Quello che è accaduto il 27 giugno è un fatto gravissimo. Per la prima volta in Italia, è stato sequestrato il server che ospitava un messaggio sotto inchiesta. Potrebbe diventare un precedente da seguire. L'intelligenza diffusa del popolo delle reti ha reagito con un impatto che passerà alla storia dell'underground digitale. Mi piace concludere con le parole di lucpac: "I professionisti del controllo sociale si sono accorti abbastanza presto che, con la massiccia introduzione dell'alta tecnologia nella società, non tutto sta andando per il verso giusto". Allora, hands on! Mettiamoci le mani sopra. Perché abbiamo ancora parecchio da dire. Mail to robin: nom8130@iperbole.bologna.it Zero in condotta n. 65, quindicinale autogestito do Bologna.
SEQUESTRATO SITO INTERNET: RICONSEGNATO SERVER (ANSA) - MILANO, 2 LUG La polizia
Postale di Bologna ha riconsegnato oggi presso il
provider dove sabato scorso era avvenuto il sequestro, il
sito web affittato dall' associazione milanese Isole
nella Rete. Secondo ''Isole nella Rete'' infatti ''su quel personal computer sono presenti numerosi dati personali sensibili dal momento che tra i tanti soggetti che utilizzano i nostri servizi vi e' la Lega Italiana per la Lotta all' Aids, la lista di discussione delle comunita' omosessuali italiane, le associazioni di antipsichiatria Telefono Viola e Diversa-mente, le organizzazioni sindacali di base Usi di Bologna, l' Associazione di Difesa dei Lavoratori del Veneto e il Coordinamento delle Rsu''. Il provvedimento di sequestro preventivo era stato disposto dalla Procura di Vicenza in seguito ad una querela per diffamazione presentata da una agenzia di viaggi che si riteneva danneggiata da una frase che compariva in un messaggio. SUIT TAKES
ITALY TO THE FRONTIERS OF FREE SPEECH What originated as a spat between an anarchist group and a travel agency that offers tours in Turkey almost set a precedent for free speech on the Internet in Italy. A small-claims court in Vicenza stepped back from a decision which could have resulted in setting an awk-ward standard for Internet use Wednesday, admitting that applying current laws make little sense for the fast-growing new medium. As a result, hundreds of non-profit organizations and alternative culturalcenters will regain their electronic voice - and their electronic mail - today after the court revoked an order that closed their Internet site. Managers of the site agreed to purge an electronically published message that irked a travel agency in Milan. The episode highlighted how the new frontiers of communication defy an outdated system of laws. Many Internet users saw the original Vicenza decision, made last Friday on the basis of laws better suited to regulating standards of decency for a monthly magazine, as evidence of the need for jurists to develop unambiguous legal standards for the new medium. "In the future, it probably won't be done like this," said Sara Parise, coauthor of a study of legal issues raised by the Internet. "As the law is not yet clear, courts sometimes find themselves resorting to such severe measures," she said. To block a single article, the court ordered a Bologna-based Internet provider, DS Logics, to close down its entire server housing an Internet site rented by a league of non-profit groups. Paolo Pecori, a prosecutor in Vicenza, ruled that a message posted by a local human rights group on Jan. 16 might be defame Viaggi Turban, a travel agency specializing in tours to Turkey. While a defamation case is pending, Italian courts can order the preventive seizure of publications before they are distributed. Mr. Pecori ordered Friday that police sequester a computer run by the Internet service provider. The message criticized the travel agency's advertising campaign, claiming that tourist revenues propped up a Turkish government campaign against ethnic Kurds. It also claimed there were unspecified business relations between the agency and former Prime Minister Tansu Ciller of Turkey and her hushand. "There's
not a lot of judicial culture in Italy on the use of the
Internet," said Giap Bidone, the head of Viaggi
Turban. "People can write whatever comes into their
mind." Mr. Bidone filed a criminal complaint in "The sequestering of a computer might be acceptable in the case of a stolen machine," said Luca De Grazia, an advocate of free speech in new electronic and interactive mediums, but it was "unacceptable" as an attack on an information network. Because establishing the authorship of Intenet texts can be difficult, the computer in Bologna became a proxy. The community centers often sign their missives collectively. "It would have been more than enough to ask for the removal of the message from the site," protested Mr. Moretti. On Wednesday, Mr. Pecori agreed. According to Mr. Moretti, the prosecutor admitted that he did not fully understand the effects that closing the provider would have. Sites have the first time in Italy that a server providing links to multiple clients had been ordered closed. Critics like Mr. De Grazia worried - before hearing of the the agreement - that the sequester order was essentially "a surreptitious introduction of the concept that the provider is responsible for the content." Such a precedent would effectively make technical providers liable for an abundance of editorial content. Mr. Moretti
said the prosecutor had been candid about his difficulty
in handling the case and asked him to explain the
multitude of links than make up the "virtual"
network. Mr. Moretti added that he was in no position to
judge the veracy of the alleged defamation. "We have
no intention of being censors - and anyway, we
can't." Instead, he invited Mr. Bidone and Viaggi
Turban to post their own message on his site. But, he
emphasized, that invitation had been a standing offer for
months. IL SEQUESTRO DEL SERVER "ISOLE NELLA RETE": L'FNSI CHIEDE L'INTERVENTO DEL MINISTRO DI GRAZIA E GIUSTIZIA 1 luglio
1998. " La Procura della Repubblica di Vicenza, a
quanto risulta La FNSI condivide, sulla base delle notizie sino ad ora disponibili, la preoccupazione di quanti vedono nel sequestro del server dell'Associazione un fatto grave ed un precedente pericoloso. La Procura della Repubblica di Vicenza si è mossa, come sembra, dopo una denuncia per diffamazione da collegarsi ad un volantino riportato in uno dei tanti spazi messi a disposizione degli utenti del sito di Isole nella Rete. Ciò deve allarmare quanti hanno a cuore i principi irrinunciabili e non calpestabili dell'art. 21 della Costituzione. Per analogia è come se oltre ad un sequestro di copie si fosse decretata la chiusura di un giornale a tempo indeterminato, addebitando a quel giornale le presunte offese a mezzo stampa contenute in un annuncio. La FNSI chiede che il Ministro di Grazia e Giustizia intervenga repentinamente onde consentire la massima chiarezza sull'episodio ed il ripristino della piena legalità. Questo episodio dimostra, peraltro, l'inderogabile necessità di norme legislative a tutela della comunicazione e dell'informazione on line, settori dove tutto è oggi possibile e dove i diritti degli operatori, giornalisti compresi, vengono quotidianamente calpestati da metodi di diffusione dei messaggi che ricordano il Far West." Comunicato Adkronos sulla dichiarazione della Federazione Nazionale della Stampa Italiana a proposito del sequestro del server Roma, 1 lug. (Adnkronos) - La Federazione nazionale della stampa italiana interviene nel caso del sequestro del server bolognese di ''Isole nella Rete'', il sito internet che ospita realta' informative ''antagoniste''. Il sequestro, deciso dalla procura di Vicenza sabato scorso, e' definito dalla Fnsi ''un fatto grave e un precedente pericoloso''. A quanto sembra, scrive la federazione, la procura ''si e' mossa dopo una denuncia per diffamazione da collegarsi ad un volantino riportato in uno dei tanti spazi messi a disposizione degli utenti del sito''. FREEDOM PRESS
WEB SITE SEIZED At 10.30 am, Saturday 27th June, police in Bologna, North Italy, raided the premises of the European Counter-Information Network, seizing their computer which was hosting internet material for Freedom Press. Everyone knows that groups like ourselves -
publishing material which People who have access to the internet can read Freedom Press material held on various computers around the world. We have information which is hosted for us by people in Holland, Canada and, up until the 27th June, Italy. The European Counter-Information Network (also known by the name of the collective which maintains the site - Islands in the Net) is, of course, a non-profit making organisation whose main offence would seem to be a belief in freedom of expression. Those who visit their site are faced with a wide choice of alternative information in a variety of languages not only coming from Italy but from all around the world. More than 40 of the Italian Social Centres (we have reported on before in Freedom) use the service along with labour organisations like the Spanish CNT and the Italian USI. Alternative radio stations such as Onda d'Urto, Radio Blackout and Radio Sherwood use space on the server alongside paper publications like Freedom Press, Bandiera Rossa from Milan and various digital publications like .zip. Music bands also have their pages which bring in many of the thousands of people who use the ecn server on a daily basis: visiting the web site or using the discussion forums known as mailing lists. These include a huge variety of subjects ranging from news about developments in Chiapas to citizens rights in a digital age and the only discussion list about gay rights in Italy. All this came to a sudden end on Saturday when the State Prosecutor for Vicenza - Paoli Pecori - authorised the seizure by the police of the computer which held this information. Thus, in the words of one member of the collective, 'from now on (and who knows for how long?) the server will be down and... the construction of a strong solidarity network among several self-organised collectives (will be halted)'. REASON FOR SEIZURE The precise reason why the server has been seized remains unclear. Ostensibly it goes back to a message sent to one of the mailing lists which denounced a Turkish travel agency - Turban Italia Sri whose headquarters is in Milan - by linking them to the financial interests of the former Turkish premier Tansu C,iller and which called on people to boycott the agency in solidarity with the Kurdish people. What makes the situation strange is that the material in question had already been published on a flier and was in the public domain. In this instance the information was only being reproduced. Even stranger, perhaps, is that the ecn collective should be held responsible for the contents of a document they had not been involved in producing and, no longer strange but rather sinister, that all the many groups we have listed should be silenced. It's a bit as though the BBC (TV, radio and paper publications) were shut down without warning because a DJ on Radio One had read out a message from a listener because it contained questionnable material. All this would be funny if it weren't true. The whole question of content control on the internet is a worldwide question now like the internet itself. Here in the UK the government has started the ball rolling officially with talk about copyright and unofficially it has begun in the press with fear campaigns about child pornography and bomb making recipes. The hidden agenda is just that: hidden. It comes out into the open when the kind of think we are seeing in Italy today will be in our own backyard tomorrow. Fortunately, resistance is a possibility. The ecn server will not be down for long and already moves are being made to mirror (duplicate) parts of the site elsewhere. This kind of move has precedents and sometimes when the authorities go for the little folk (remember McDonalds?) it can backfire. Here however we are dealing with state censorship. A different beast and possibly more vicious than a hamburger. FREEDOM PRESS INTERNATIONAL "Le
isole" isolate dalla rete Per la prima volta in Italia, le norme di vigilanza applicate alla carta stampata sono state trasferite alle reti telematiche. Parte offesa l'agenzia di di viaggi Turban Italia, parte lesa "Isole nella Rete": dopo la cancellazione del messaggio il sequestro del "server". Fine trasmissione. Da tempo la polizia di stato ha messo all'opera un po' di esperti perchè imparino tutto delle reti di computer e le controllino adeguatamente: si chiama prevenzione dei reati. Un tempo schedavano i volantini, ora le pagine Web. Sono giovani preparati e svegli, quindi è del tutto impossibile credere che, di fronte all'ordine del magistrato di Vicenza di far cessare un reato di "diffamazione continuat", non siano stati capaci di fare altro che staccare la spina del computer. Qualora il capo della polizia avesse bisogno di consulenza, i redattori di queste pagine sono disponibili a spiegare (gratuitamente) come si fa: si va sull'indirizzo incriminato utilizzando un "programma di navigazione", lo si copia su di un fogliettino, e poi, usciti da Internet, si raggiunge quella singola pagina, directory dopo directory; su di essa infine si opera con il tasto "delete", talora chiamato "cancel" o "elimina". Tutto lì, cinque minuti di lavoro. Per come è stata condotta, invece, l'operazione contro "Isole nella Rete" è scorretta, abusiva e illegale. Infatti crea un danno superiore al "male" che si voleva combattere: è come se si chiudesse una città a tempo indeterminato per trovare un ladro di motorini. Un avvocato combattivo come l'onorevole Gaetano Pecorella (Forza Italia) certo non mancherà di farsi vivo con i danneggiati per offrire gratuitamente i suoi servigi e per denunciare l'abuso dei poliziotti di Bologna. Nell'occasione dimostrerà che lui è sempre dalla parte dei più deboli, anche quando non sono imputati di Tangentopoli. Per parte sua il ministro Napolitano, volendo rendere evidente che anche gli ex comunisti hanno a cuore la libertà di espressione, aprirà un'inchiesta e certo rimuoverà qualcuno. Sicuramente darà ordini precisi perchè nel futuro non si blocchino centinaia di pubblicazioni in un colpo solo. E poco importa se si tratta di un episodio "minore": è dalle piccole cose che si vede la civiltà delle forze dell'ordine. L'episodio segnala una tendenza oramai diffusa e molto preoccupante: le cose che avvengono in rete sono guardate con particolare sospetto e si sta creando una sorta di legislazione di fatto che punisce più pesantemente ciò che avviene sull'Internet, rispetto a identiche fattispecie di reato che si svolgano nella Real Life, nella "vita reale". In Italia come in altri paesi arretrati culturalmente e tecnologicamente, governi e polizie vedono con particolare sospetto tutta questa circolazione di idee non uffciali, non stampate, non "proprietarie". Vale per i paesi islamici, per la Cina, per il Vietnam. Ma punte di stupida repressione sono emerse di recente anche in Germania, sempre grazie a giudici dell'altro secolo. Il magistrato di Vicenza sembra completamente all'intemo di questa cultura: eppure sarà stato giovane studente anche lui e i suoi professori di diritto gli avranno spiegato come la libertà di espressione sia addirittura uno dei fondamenti della democrazia occidentale. Perciò ogni atto che la deprime, anche se esercitato a tutela di altri beni importanti come la reputazione di una persona (o di un'agenzia di viaggi) va praticato con equilibrio e saggezza. In questo caso non c'è stato nulla di tutto ciò e ci sarà da ridere al processo, quando anche la diffamazione risultasse inesistente. Nell'attesa: niente posta per centinaia di persone, niente riviste nè gruppi di discussione. Pagheranno i danni il magistrato di Venezia e il ministro degli Interni? Quanto alla agenzia di viaggi Turban Italia, l'invito a non utilizzare i suoi "servizi" per andare in Turchia può essere solo rilanciato, questa volta a difesa della libertà di comunicazione: dei curdi, dei turchi e degli italiani. Sequestro
digitale Il magistrato di Vicenza che ha chiesto il sequestro del computer che gestisce l'archivio, lo scambio di messaggi e il traffico della rete telematica "Isole nella rete" non sapeva che la sua ordinanza avrebbe aperto un caso nella giurisprudenza italiana. Intervenuto dopo un esposto della società Turban Italia, Paolo Pecori (questo il nome del magistrato) ha applicato alla lettera gli articoli del codice civile che regolano la diffamazione e la querela, chiedendo, come avviene per i libri o le riviste, il ritiro dalla circolazione del messaggio "incriminato". La querelle tra "Isole nella rete" e Turban Italia ebbe inizio lo scorso inverno, quando alcune associazioni di solidarietà con il popolo curdo lanciarono una campagna di boicottaggio contro il turismo in Turchia. In un messaggio che riprendeva un intervento apparso su questo giornale e indirizzato a una lista di discussione pubblica ospitata da "Isole nella rete" la Turban Italia, specializzata in viaggi per la Turchia, veniva indicata come una società "ai cui affari è interessata l'ex-premier Tansu Ciller, ispiratrice degli squadroni della morte, attivamente operanti nel paese per colpire oppositori e esponenti di spicco delle organizzazioni curde. Immediata la risposta della Turban Italia, che con un esposto magistratura chiese il subitaneo sequestro del messaggio. Da allora la parola passò ai rappresentanti legali della rete telematica e dell'azienda turistica, che si incontrarono e raggiunsero un accordo: il messaggio rimase e la Turban Italia replicò. Ma sabato scorso la polizia postale si è presentata nella sede della società bolognese Ds Logics, che ospita il computer di "Isole nella rete" e ne ha ordinato il sequestro. A poco sono servite le richieste dei gestori della rete telematica di limitare l'applicazione alla cancellazione del messaggio, specificando che il sequestro del computer avrebbe impedito il normale funzionamento di Isole nella rete. Né è servita la richiesta di dissequestro del server (così viene chiamato il computer che gestisce una rete telematica) avanzata dal rappresentante legale della rete. La risposta che ha avuto, non direttamente dal magistrato, assente per motivi di lavoro, ma da un sua sostituto, è che "tutto è possibile, basta presentare istanza di dissequestro". La querelle messa in moto dal seuestro pone, tuttavia, un altro piccolo problema, finora assente dalle controversie legali riguardanti la comunicazione elettronica. Infatti, un conto è chiedere il ritiro di un libro o di una rivista, altroè ottenere la cancellazione di un dato da un computer sequestrando quest'ultimo e impedendo così a una rete telematica di funzionare. Ma questo è un caso che si insinua in un mondo, quello delle tecnologie digitali e della caotica Internet, dove gli aspetti tecnici si confondono sempre con quelli attinenti più propriamente alla comunicazione. Nella sede milanese di Isole nella rete, alla cui esperienza partecipa anche chi scrive - il clima è, come si dice in questo casi, tranquillo. Il responsabile tecnico, nonchè presidente, Sandrino e sempre al telefono spiegando pazientemente perchè la home page della rete telamatica sia ospitata dal sito del gruppo Strano network (http://strano.net/news), anche se non nasconde il disappunto per il fatto che le attività su Internet di gruppi come quello della Lega di lotta all'Aids o dei gruppi sui diritti civili nel cyberspazio sono state bloccate. Ovviamente, si consulta con gli altri "nodi" della rete telematica sul che fare. La priorità è di rimettere in piedi Isole nella rete. Nata alcune anni fa; quando gran parte delle gloriose "bacheche elettroniche" indipendenti italiane dedsero di fare il gran salto su Internet, Isole nella rete fu battezzata così prendendo a prestito l'omonimo titolo di un romanzo dello scrittore di fantascienza Bruce Sterling, gran guru del cyberpunk, di cui il nucleo originario apprezzava la suggestione derivata da un gruppo di realtà indipendenti tra loro, ma federate nel comune intento di offrire uno spazio "libero" alla discussione, senza vincolo alcuno. Le pagine che ormai compongono il variegato arcipelago di "Isole nella rete" sono diverse centinaia, mentre i linkage ad altri siti sono migliaia, al punto che è maturata la convinzione di fare un altro salto nel buio: allargare l'arcipelago a tutte le realtà indipendenti e "antagoniste", senza che nessuno rinunci alla propria identità, come si può leggere nei messaggi seguiti all'incontro di Hack-it della telematica alternativa, avvenuto a Firenze alcune settimane fa. Anche se il termine alternativo viene considerato troppo abusato e insufficiente per descrivere una realtà che orgogliosamente rivendica competenza tecnica e un ordine del discorso sofisticato sulla società digitale. Il che significa essere usciti, come spesso viene indicato dai mass-media, da una condizione marginale o sotto-culturale. Per Isole nella rete, come anche per gli altri gruppi antagonisti, il discorso è, semmai, quello di usare l'esperienza acquisita nel campo della comunicazione per scalfire l'universo omologato dei mass-media, di cui hanno appreso bene il funzionamente e le regole. E per questo sfruttarle, ma per costruire, come recita il loro logo di presentazione, una comunicazione libera e autonoma dai centri di potere dell'informazione. NAVIGANTI
ARRABBIATI PER IL SITO SEQUESTRATO "BASTAVA RIMUOVERE LA PAGINA OFFENSIVA" AFFERMANO ALCUNI. PER ALTRI E' IN PERICOLO LA LIBERTA' D'INFORMARE. La Procura
della Pretura fa sequestrare il computer del sito
internet dell'associazione no-profit "Isole nella
Rete" e scoppia la polemica che coinvolge l'universo
dei navigatori elettronici. "In
questo modo - ha spiegato l'avvocato Luca De Grazia,
vicepresidentedell'ALCEI (Associazione per la Liberta'
della Comunicazione Elettronica Interattiva) - e' stato
interrotto lo scambio di posta di numerose mailing list,
con un precedente che suscita molte perplessita'. Voglio
dire, che avrei ritenuto giusto il sequestro qualora la
macchina, cioe' il server, fosse stato rubato; in questo
caso e' invece non solo inaccettabile, ma del tutto
inutile dato che sospende semplici informazioni, oltre a
essere un atto gravemente lesivo dei diritti fondamentali
della persona". Serve un passo indietro per
comprendere la presunta diffamazione. A partire da
gennaio e' comparso in rete il messaggio, a firma del
Collettivo Spartakus di estrema sinistra con sede a
Vicenza (ecco spiegata la competenza nostrana), che
parlando della solidarieta' al popolo kurdo, invitava a
boicottare il turismo greco organizzato dall'agenzia di
viaggi "Turban Italia srl". Perche' tanta
acredine nei suoi confronti? Perche' la "Turban
Italia" veniva ritenuta coinvolta negli interessi
economici dell'ex primo ministro turco, Tansu Ciller,
indicata nel testo sequestrato dal Dott. Pecori come
ispiratrice degli squadroni della morte contro gli
oppositori. Oscurate 15
mila pagine del sito dopo una querela per diffamazione da
parte di un'agenzia di viaggi Un giudice mette i sigilli al server
"Isole nella rete" ROMA - Domanda: che cosa deve fare un giudice che trova in un sito Internet frasi o concetti ritenuti ingiuriosi? Prima strada (logica e di buon senso, oltre che giuridicamente ineccepibile): ordinare ai responsabili del sito di eliminarli. Seconda strada (grave, autoritaria, nonché giuridicamnte discutibile): chiamare la polizia postale e far mettere i sigilli al server. Come dire: per controllare una voce, si tappa la bocca a tutti. E' accaduto a Bologna, al server del sito "Isole nella rete", associazione non profit che ospita circa 15 mila pagine web di impegno sociale e di militanza pacifista, chiuso con un'ordinanza urgente di un pm di Vicenza, che, in un colpo solo, il 27 giugno ha lasciato senza voce: la Lila, l'ASIcuba, il Telefono Viola, "Ya basta", 40 centri sociali, le radio "Onda d'Urto", "Black Out", "Sherwood", le riviste ".Zip", "Necron", "BandieraRossa", "Freedom Press", i gruppi musicali 99 posse, Sunscape, Electra, Petra Mescal, la mailing list di solidarietà con il Chiapas, quella di informazione e discussione sui nuovi diritti nell'era informatica, quella delle comunità gay italiane e le caselle postali di centinaia di utenti. Tutto spento. L'indirizzo www.ecn.org non risponde più alla chiamata. La storia comincia alla fine di aprile, quando l'agenzia di viaggi Turban Italia Srl di Milano presenta una querela per diffamazione contro il sito "Isole nella rete" perché il 16 gennaio nelle sue pagine web era apparso un messaggio dal titolo "Solidarietà al popolo kurdo - Boicottiamo il turismo in Turchia", a firma del Collettvo Spartakus, Lega per i diritti e la liberazione dei popoli, sezione di Vicenza. "Ogni lira data al regime turco con il turismo è una pallottola in più contro i partigiani, le donne, i bambini kurdi", scriveva il Collettivo Spartakus. Poi il riferimento diretto all'agenzia turistica: "L'invito della Turban Italia ai tour e soggiorni al mare nella Turchia è decisamente un pugno nello stomaco (...) i paradisi turistici decantati da Turban Italia sono soltanto oasi blindate (...) è risaputo che agli affari della Turban è direttamente interessata l'ex premier Ciller, ispiratrice degli squadroni della morte che hanno provocato la morte di centinaia di oppositori, kurdi e turchi". La Turban Italia, come è legittimo, non gradisce questi concetti: li ritiene lesivi della sua immagine e, giustamente, chiede al magistrato che quel messaggio venga cancellato. E il procuratore della Repubblica di Vicenza, Paolo Pecori, cosa fa? Invece di ordinare la soppressione di quel testo, firma un ordine, urgente, di oscuramento del sito. "Per impedire ulteriori danni alla querelante società Turban Italia danneggiata giorno per giorno dalle frasi leggibili sul sito web", scrive nell'ordinanza."Eravamo disponibili a togliere il messaggio, ma il magistrato ha giudicato i tempi tecnici necessari troppo lunghi", spiega Sandro Moretti, presidente dell'associazione "Isole nella rete". "Eravamo anche disponibili a pubblicare un comunicato della Turban. Eravamo in trattativa, ma il provvedimento del magistrato ha mandato tutto verso un'altra direzione". La conclusione che Moretti trae dall'intera vicenda è molto lineare: la nostra legislazione è incongrua, e gli organi giudiziari sono incompetenti ad affrontare i nuovi strumenti della comunicazione digitale. Al punto da poter tranquillamente affermare: "Credo che il magistrato non sappia di che cosa si sta occupando" I responsabili di "Isole nella rete" si preparano quindi a dare battaglia. Intanto hanno chiesto ospitalità a Geocities e a Strano.net, dove hanno pubblicato immediatamente la loro nota di protesta. E promettono che già da domani il server avrà un nuovo indirizzo. "Questo gravissimo attentato alla libertà di espressione non sarà sufficiente a metterci a tacere", dicono in un comunicato. Ed è certo che nella loro protesta non saranno soli. "Preoccupazione, sorpresa e indignazione": questo il messaggio di solidarietà che arriva da Alcei, l'Associazione per la libertà della comunicazione elettronica. "Il sequestro di un computer potrebbe essere ammissibile se si trattasse di una macchina rubata", spiega l'avvocato Luca De Grazia, vicepresidente di Alcei. "Ma se si tratta di informazione è inaccettabile e inutile, è un atto gravemente lesivo dei diritti fondamentali della persona". Sarebbe bastato chiedere la rimozione cautelativa del messaggio dal sito, continua l'avvocato, "ma l'atto del magistrato è un chiaro tentativo di introdurre surrettiziamente il concetto di responsabilità oggettiva del provider". Cancellate
15mila pagine PASTICCIACCIO turistico-giudiziario su Internet. La Turban Italia, touroperator milanese leader nei viaggi in Turchia, scopre che in un sito web compare una frase che uccusa indirettamente l'azienda di complicita' nel genocidio del popolo curdo. Come? Collegando la Turban all'ex premier turco Tansu Ciller, la lady di ferro uccusata nel testo di aver ispirato gli "squadroni della morte", i Lupi Grigi, che tante vittime hanno fatto tra intellettuali e sostenitori della causa curda. La frase e' contenuta in un messaggio, sintetizzabile cosi: "Boicottiamo il turismo in Turchia, per non armare ulteriormente un esercito che fa strage di curdi", messo in circolo da "Isole nella rete", un'associazione milanese. SPORGE QUERELA La Turban e, su mandato di un pm di Vicenza, La polizia postale di Bologna mette sotto sequestro il sito meb. Ma, forse nella fretta, secondo la denuncia di "Isole nella rete" il provvedimento chiude un intero servizio Internet, oscurando oltre un centinaio di associazioni e centri sociali, gruppi musicali e radio, tra cui la Lila, il Telefono Viola, Ya Basta, i 99 Posse... NELLA GUERRA
dimenticata tra la Turchia e il Pkk (il movimento di
lotta curdo), stavolta sono andate in fumo 15mila pagine
virtuali, e anche il lavoro di molti. "Ma
soprattutto la liberta' di espressione", dice Sandro
Moretti, presidente di "Isole nella rete". SOTTO
SEQUESTRO UN SITO INTERNET MILANO -
Primo sequestrop di un sito Web italiano su Internet. Lo
ha "sigillato" ieri la polizia postale di
Bologna all'associazione Milanese "Isole nella
Rete". BOLOGNA, LA
POLIZIA ZITTISCE I CENTRO SOCIALI Un brutto
risveglio per l'amministratore delegato della Ds Logics,
una società bolognese di informatica che
"ospita" gli archivi, i programmi e i gruppi di
discussione di Isole nella Rete, la rete telematica
italiana legata ai centri sociali non solo presente su
Internet. SEQUESTRATO
SITO INTERNET PER MESSAGGIO SU AGENZIA TURCA BOLOGNA, 27
GIU - La polizia postale di Bologna ha posto sotto
sequestro il sito web affittato dall' associazione
milanese ''Isole nella rete'' presso la Ds Logics Srl, un
provider Internet bolognese. Il provvedimento preventivo
e' stato disposto dal procuratore della Repubblica presso
la pretura circondariale di Vicenza, Paolo Pecori, in |